Conchita Sannino, la Repubblica 6/2/2014, 6 febbraio 2014
SCIPPO NEI VICOLI DI NAPOLI SOLO L’IMMIGRATO INTERVIENE
UN MINUTO e diciannove secondi. Un film così breve in cui c’è tutto. Il coraggio di uno e l’omertà di tanti. Un minuto e pochi secondi: tempo sufficiente, a Napoli, perché un bandito tenti un colpo.
E RISCHI di uccidere una donna durante uno scippo, riceva il “conforto” dei passanti che non capiscono — o fingono di non capire — che quell’uomo è proprio il rapinatore che l’ha trascinata a terra per metri, e se la svigni nella diffusa indifferenza. Fino ai vicoli dei Quartieri Spagnoli. Fino a casa sua. E alla cattura che, per fortuna, seguirà poco dopo.
Ma la storia porta dentro un’altra scoperta, amara. C’è una sola voce che si leva dalla strada contro il criminale: è quella di un africano, un mendicante, l’unico che non abbassa la testa di fronte alla prevaricazione, che vorrebbe consegnare il bandito alla giustizia. E arriva perfino a buttare l’aggressore giù dalla sella. Ma è solo, extracomunitario, e resterà inascoltato nella folla.
È un video choc quello che Repubblica è in grado di mostrare. Allegato agli atti della “ordinaria” cattura di un delinquente, aprirà nuove domande sulla Napoli omertosa, che anestetizza i sensi. Spaccato inquietante, a margine di un’indagine basica sui reati predatori. È il primo febbraio. Pieno centro, via Domenico Capitelli, due passi da piazza del Gesù e dai Decumani invasi dai turisti. Nel filmato spunta il rapinatore Carmine Troise, 38enne, una sfilza di precedenti penali: prima sfiora la sua vittima, la studia mentre l’anziana procede a passo lento, poi torna in direzione opposta e per strapparle la borsa la scaraventa sul selciato con inaudita ferocia, trascinandola per la tracolla. Lei batte la testa, faccia a terra tra il selciato e i pedali della moto. E cade anche lui. Ma, durante il minuto e diciannove secondi della scena clou, solo il nordafricano inveisce contro l’uomo. Prima raccoglie la borsa e la restituisce alla donna, poi lo accusa dello scippo, lo indica agli altri passanti, nel frattempo raccolti a capannello. La vittima, dolorante, si appoggia intanto sul bordo di una fioriera.
L’audio non c’è, ma la scena “parla”. L’immagine della folla mite e bonaria intorno al bandito fa a pugni con la solitaria rabbia dell’immigrato che continua ad attaccare Troise. Intorno, uomini che rabboniscono il rapinatore, uno sembra dirgli “sta’ attento, fai piano”. Nessuno capisce, nessuno sente il nero che urla e racconta: possibile? La stessa vittima, evidentemente stordita, si limita a bere: e a guardare obliquamente l’uomo che stava per mandarla in ospedale o all’obitorio. Forse ha paura di ritorsioni. Quando Troise, il bandito, prova a ripartire certo di averla fatta franca, ancora una volta è l’africano senza nome a opporsi. Con le mani prova a fermarlo, arriva a buttarlo giù dalla sella: ancora una volta è solo. Troise dà uno strattone, scappa. La sua cattura avverrà di lì a qualche ora. Le forze dell’ordine sono ovviamente più avanti: l’indagine lampo dei carabinieri di Napoli, guidati dal comandante provinciale Marco Minicucci e dal colonnello Francesco Rizzo, si sposa al lavoro di strada delle volanti, dirette dal vicequestore Michele Spina, e dei falchi.
È un caso minore, non ci sono clan o boss da catturare, ma la risposta arriva subito. Perché Troise è una faccia nota agli sbirri. Lo trovano a casa, sequestrano lo scooter, perfino il pullover con cui il bandito copriva la targa durante i suoi colpi. I carabinieri risalgono ad altri colpi che avrebbe messo a segno. Nel frattempo l’anziana donna non si è ancora presentata a formalizzare la denuncia, tanto si procede d’ufficio. Il rapinatore, con una lussazione alla spalla, finisce a Poggioreale. Ma la sua cattura si deve anche a quel negoziante della zona che si era dotato di una telecamera, e ha offerto il filmato agli investigatori. Un cittadino che ha fatto il suo dovere. Proprio come quell’immigrato che voleva, da solo, aiutare una donna impaurita ad avere giustizia.