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 2014  febbraio 06 Giovedì calendario

NEL NUOVO SENATO VENTI MEMBRI ONORARI I COMPONENTI SCELTI TRA SINDACI E REGIONI


Centoventi senatori, massimo centocinquanta. Non eletti dai cittadini, non pagati dallo Stato, senza la possibilità di dare la fiducia al governo, con un’unica amministrazione tra Camera e Senato. Ecco, all’osso, il progetto di Matteo Renzi per trasformare il Senato della Repubblica in Camera della autonomie. La bozza di riforma è stata limata nei passaggi più critici fino a ieri sera, dopo essere stata esaminata all’alba nella riunione della segreteria. «Domani in direzione fisseremo i paletti — ha spiegato Renzi ai suoi — e poi la presenteremo il giorno in cui la Camera approverà la riforma elettorale». Dunque a metà febbraio si parte. Il treno delle riforme, nella dottrina renziana, deve continuare a marciare spedito, un vagone dopo l’altro, pena il deragliamento.
Alla bozza, che sarà sottoposta oggi al voto della Direzione, hanno lavorato fino all’ultimo il ministro Graziano Delrio e la responsabile riforme del Pd, Maria Elena Boschi. Ma l’elaborazione è frutto di un lavoro condiviso anche con Denis Verdini e Raffaele Fitto, ex ministro degli affari regionali nel governo Berlusconi. Perché il segretario ha bisogno dei voti di Forza Italia: «La legge elettorale va insieme al Titolo V e alla riforma del Senato. I voti di Berlusconi servono per raggiungere i due terzi». Altrimenti sarebbe necessario affrontare un referendum, con il rischio che la riforma venga trascinata a fondo.

COMPOSIZIONE
Il primo Senato, quello di Romolo, di senatori ne aveva cento. Il Papa nel 1191 ne nominò soltanto uno, che restò in carica tre anni tutto solo soletto. Renzi invece ne prevede 120-150, ma tutti scelti tra sindaci e consiglieri regionali. Ogni regione manderebbe a Roma il governatore più alcuni consiglieri — da due a cinque a seconda della popolazione — eletti dal consiglio regionale. A questi si aggiungerebbero i sindaci dei capoluoghi di Regione. In alternativa la bozza ipotizza che il Consiglio delle autonomie locali (Cal) al suo interno elegga i primi cittadini a cui assegnare il laticlavio. Il modello è quello del Bundesrat tedesco, dove siedono i rappresentanti dei vari Laender per un totale di 69 membri. Gli attuali senatori a vita resterebbero, ma in futuro si potranno nominare dai 20 ai 30 senatori «onorari». Una carica non a vita e, soprattutto, non retribuita. Come a “zero stipendi” saranno tutti gli altri membri, a cui verrà concesso solo un rimborso spese per il trasferimento a Roma (una volta al mese).

POTERI
La Camera delle autonomie non potrà più dare la fiducia al governo, ma si occuperà esclusivamente della legislazione regionale e delle autonomie. In armonia con le competenze assegnate in esclusiva dal nuovo Titolo V. In più avrà l’esclusiva nei rapporti tra Europa e Regioni e potrà controllare l’applicazione delle leggi sul territorio. I senatori potranno inoltre partecipare, come ora, all’elezione delle istituzioni di garanzia: dal presidente della Repubblica, ai membri della Corte costituzionale e del Csm. Il bicameralismo resterà intatto anche per le leggi che toccano i diritti fondamentali dei cittadini. A certe condizioni (tempi certi e limitati) anche la legge di stabilità potrà essere esaminata e votata dal Senato. In ogni caso Montecitorio si riserva il diritto di richiamare una legge sgradita approvata dal Senato.

I TAGLI
I risparmi non saranno limitati all’azzeramento delle indennità dei senatori. Renzi infatti punta all’unificazione delle pletoriche amministrazioni di Camera e Senato. Centinaia di funzionari e commessi andranno in pensione e non saranno sostituiti. Un solo segretario generale, un solo ufficio stampa, un ufficio di bilancio e così via. «Oggi ciascun palazzo — osserva scandalizzato Dario Nardella — fa tutto da solo, duplicando ogni funzione. Persino i sistemi di software sono separati, i siti istituzionali, tutto doppio». Nella bozza è previsto del resto che il nuovo Senato si riunisca solo una o due volte al mese. Quindi l’attuale macchina non avrebbe più senso. Un domani lo Stato potrebbe mettere in vendita anche palazzo Madama, troppo grande per il Senato delle autonomie. «Ma diamo tempo al tempo — scherza Delrio — già riuscire a partire, viste le resistenze, lo considero un piccolo miracolo». Per iniziare ad ammorbidire i senatori del Pd e convincerli a votare la loro estinzione, ieri sera Renzi ha spedito i fidati Lorenzo Guerini e Maria Elena Boschi a palazzo Madama. La strada è ancora in salita.