Alessandra Rizzo, Vittorio Sabadin, La Stampa 6/2/2014, 6 febbraio 2014
METROPOLITANA IN SCIOPERO LONDRA NON PERDE LA CALMA
«Dovrebbero licenziarli tutti, ci fanno solo perdere tempo!» È mattina presto e la stazione di Earl’s Court nel centro di Londra è affollata di pendolari infuriati per lo sciopero dei lavoratori della metropolitana che li costringe a lunghi e tortuosi viaggi. «Chi può dire quanto mi ci vorrà: mezz’ora, un’ora, forse tutto il giorno», continua Robert Tosch, operaio di 36 anni che aspetta un treno che non arriva. Un volontario con la pettorina gialla si dà da fare per smistare il traffico, mentre gli altoparlanti forniscono informazioni sui treni. «Aspettatevi ritardi su tutta la rete», annunciano minacciosi.
È stata una giornata di caos, lunghe code, malumore. Lo sciopero di 48 ore indetto dai sindacati, cominciato martedì sera, ha messo a dura prova il caratteristico stoicismo dei londinesi e la loro imperturbabile capacità di aspettare il proprio turno. Qualche spintone, tentativi di evitare la fila e intrufolarsi nei vagoni stracolmi hanno creato momenti di tensione. Ma nella maggior parte dei casi si sono viste file ordinate, in linea con il motto «Keep Calm And Carry On», e molta rassegnazione.
Tra i londinesi e «The Tube», come la chiamano qui, il rapporto è di amore e odio: servizio tutto sommato efficiente ma costoso, treni frequenti e sempre affollati, più i costanti lavori di manutenzione che derivano dall’essere la metropolitana più antica del mondo, 150 anni festeggiati l’anno scorso.
Per molti il viaggio è durato anche il doppio del solito. I maggiori disagi, inevitabilmente, nell’ora di punta mattutina, anche sulla linea per l’aeroporto di Heathrow, con molti viaggiatori colpiti. Secondo i sindacati circa il 70% del servizio è rimasto bloccato. Prevedendo disagi, le autorità avevano invitato i cittadini ad andare a piedi oppure scegliere mezzi alternativi, biciclette e barche sul Tamigi comprese. Ma a chi ci ha provato non è andata molto meglio: ingorghi sulle strade, «Boris Bikes» prese d’assalto e andate presto esaurite, lunghe code alle fermate degli autobus nonostante il servizio fosse stato potenziato.
Lo sciopero è stato indetto contro il previsto taglio di 900 posti di lavoro dovuto al progetto di sostituire le biglietterie con macchinette self-service entro il 2015. Il sindaco Boris Johnson e i leader sindacali, che non hanno fatto trattative per evitare la protesta, si sono incolpati a vicenda, e il primo ministro David Cameron ha bollato lo sciopero come «vergognoso». Downing Street sta anche considerando la possibilità di proclamare la metropolitana - usata ogni giorno da 3 milioni e mezzo di persone - un «servizio essenziale», per limitare future azioni sindacali.
Secondo la Camera di Commercio, la protesta costa alla capitale 50 milioni di sterline al giorno. Altri lamentano il danno di immagine per uno dei simboli di Londra, con il suo logo rosso e blu e la famosa mappa. «Questi scioperi trasmettono un’immagine di disordine che inevitabilmente trapela all’estero. È un po’ come quando noi sentiamo parlare degli scioperi dei trasporti a Parigi o della crisi della spazzatura a Napoli», commenta Tony Traversa, direttore del centro di ricerca Greater London Group alla London School of Economics.
Come se questo non bastasse, altre parti del Paese sono state devastate da inondazioni che hanno causato blackout elettrici ed evacuazioni. Centinaia di case sono state allagate e un’importante linea ferroviaria nella costa meridionale è stata distrutta.
Nella capitale, i cittadini si preparano ad altri giorni difficili, un’analoga protesta è prevista per la settimana prossima. «Lo sciopero mi colpirà per giorni», si lamenta sconsolata Caroline Stewart, infermiera di 29 anni. «Capisco le ragioni dei sindacati, ma non bastava un giorno?».
«Dovrebbero licenziarli tutti, ci fanno solo perdere tempo!» È mattina presto e la stazione di Earl’s Court nel centro di Londra è affollata di pendolari infuriati per lo sciopero dei lavoratori della metropolitana che li costringe a lunghi e tortuosi viaggi. «Chi può dire quanto mi ci vorrà: mezz’ora, un’ora, forse tutto il giorno», continua Robert Tosch, operaio di 36 anni che aspetta un treno che non arriva. Un volontario con la pettorina gialla si dà da fare per smistare il traffico, mentre gli altoparlanti forniscono informazioni sui treni. «Aspettatevi ritardi su tutta la rete», annunciano minacciosi.
È stata una giornata di caos, lunghe code, malumore. Lo sciopero di 48 ore indetto dai sindacati, cominciato martedì sera, ha messo a dura prova il caratteristico stoicismo dei londinesi e la loro imperturbabile capacità di aspettare il proprio turno. Qualche spintone, tentativi di evitare la fila e intrufolarsi nei vagoni stracolmi hanno creato momenti di tensione. Ma nella maggior parte dei casi si sono viste file ordinate, in linea con il motto «Keep Calm And Carry On», e molta rassegnazione.
Tra i londinesi e «The Tube», come la chiamano qui, il rapporto è di amore e odio: servizio tutto sommato efficiente ma costoso, treni frequenti e sempre affollati, più i costanti lavori di manutenzione che derivano dall’essere la metropolitana più antica del mondo, 150 anni festeggiati l’anno scorso.
Per molti il viaggio è durato anche il doppio del solito. I maggiori disagi, inevitabilmente, nell’ora di punta mattutina, anche sulla linea per l’aeroporto di Heathrow, con molti viaggiatori colpiti. Secondo i sindacati circa il 70% del servizio è rimasto bloccato. Prevedendo disagi, le autorità avevano invitato i cittadini ad andare a piedi oppure scegliere mezzi alternativi, biciclette e barche sul Tamigi comprese. Ma a chi ci ha provato non è andata molto meglio: ingorghi sulle strade, «Boris Bikes» prese d’assalto e andate presto esaurite, lunghe code alle fermate degli autobus nonostante il servizio fosse stato potenziato.
Lo sciopero è stato indetto contro il previsto taglio di 900 posti di lavoro dovuto al progetto di sostituire le biglietterie con macchinette self-service entro il 2015. Il sindaco Boris Johnson e i leader sindacali, che non hanno fatto trattative per evitare la protesta, si sono incolpati a vicenda, e il primo ministro David Cameron ha bollato lo sciopero come «vergognoso». Downing Street sta anche considerando la possibilità di proclamare la metropolitana - usata ogni giorno da 3 milioni e mezzo di persone - un «servizio essenziale», per limitare future azioni sindacali.
Secondo la Camera di Commercio, la protesta costa alla capitale 50 milioni di sterline al giorno. Altri lamentano il danno di immagine per uno dei simboli di Londra, con il suo logo rosso e blu e la famosa mappa. «Questi scioperi trasmettono un’immagine di disordine che inevitabilmente trapela all’estero. È un po’ come quando noi sentiamo parlare degli scioperi dei trasporti a Parigi o della crisi della spazzatura a Napoli», commenta Tony Traversa, direttore del centro di ricerca Greater London Group alla London School of Economics.
Come se questo non bastasse, altre parti del Paese sono state devastate da inondazioni che hanno causato blackout elettrici ed evacuazioni. Centinaia di case sono state allagate e un’importante linea ferroviaria nella costa meridionale è stata distrutta.
Nella capitale, i cittadini si preparano ad altri giorni difficili, un’analoga protesta è prevista per la settimana prossima. «Lo sciopero mi colpirà per giorni», si lamenta sconsolata Caroline Stewart, infermiera di 29 anni. «Capisco le ragioni dei sindacati, ma non bastava un giorno?».
Alessandra Rizzo
LA VECCHIA ZIA A CUI SI VUOLE SEMPRE BENE –
Uno sciopero della metropolitana è un grande guaio in qualunque metropoli del mondo, ma niente di quello che può accadere a Parigi, New York o Tokio è paragonabile all’inferno di Londra. Non si chiudono 270 stazioni lungo 408 chilometri di percorso e non si fermano treni che viaggiano ogni anno per 72 milioni di chilometri, trasportando un miliardo di persone, senza che le conseguenze siano un vero disastro, soprattutto quando il tempo è cattivo. Cioè quasi sempre. La cosa straordinaria è l’impeccabile calma con la quale i londinesi affrontano queste emergenze. Non ci sono proteste o isterismi e nessuno urla al telegiornale: «È un’ora che aspetto e i politici non fanno niente», proprio come accade in Italia. A Londra si parla a volte male del servizio, ma non si permette agli altri di farlo, soprattutto agli stranieri. Per i londinesi la metropolitana è come un parente: le vogliono bene e ne sopportano i difetti come si farebbe con il nonno o la vecchia zia. Tutti si mettono in coda, aspettano che un mezzo di trasporto si palesi nonostante lo sciopero e si rassegnano alle due ore che ci vogliono, invece dei venti minuti abituali, per passare dalla zona 3 alla zona 1. Chi ha lasciato la propria email al sito web della London Underground viene sempre avvertito dei possibili disagi il giorno prima, con una gentile lettera del direttore che spiega dove ci saranno ritardi e perché, e si scusa con l’utente. Non c’è mai la sensazione di essere abbandonati a se stessi, anche quando la situazione sembra davvero disperata e ci si prepara al peggio portando con sé acqua e sandwich. L’amore dei londinesi per la loro metropolitana nasce dall’orgoglio di essere stati i primi a costruirne una, nel 1863, e all’ottimo indispensabile servizio che ha svolto finora. È stata una grande compagna di vita, permettendo per un secolo e mezzo a miliardi di cittadini di spostarsi agevolmente e a poco prezzo in una città sempre più caotica. È stata con loro nei momenti difficili, e in particolare durante la Seconda guerra mondiale, quando divenne un rifugio anti-aereo e salvò la vita a migliaia di persone. Nel 1942 c’era un treno che trasportava ogni giorno sette tonnellate di cibo e diecimila galloni di tè ai rifugiati nelle gallerie, e furono i vagoni della metropolitana a portare al sicuro in campagna 200 mila bambini. Tre chilometri della Central Line vennero trasformati in fabbrica di aerei da combattimento, in modo talmente segreto che se ne è avuta notizia solo nel 1980. Anche i tesori del British Museum furono portati nelle gallerie e sopravvissero ai bombardieri di Hitler. Viaggiare nelle ore di punta, quando in superficie piove e i treni sono stracolmi e in ritardo, può essere un’esperienza terrificante. Sulla Northern Line la qualità dell’aria è settantatre volte peggiore che all’aperto e venti minuti di viaggio creano gli stessi danni del fumare una sigaretta. Ma nessuno si lamenta. Qualunque cosa le capiti, la metropolitana è sempre bella e indispensabile, con i busker che cantano alle stazioni (lo fecero in incognito anche Sting e Paul McCartney), il mezzo milione di topi che razzola sui binari e le affascinanti leggende che ne costellano la storia, come quelle dei fantasmi. Anne Naylor, uccisa nel 1758, che ancora visita la stazione di Farringdon Street gridando ogni notte al passaggio dell’ultimo treno. O l’attore William Terris, assassinato nel 1897 e apparso in «morning suit» fino al 1972 sulle banchine di Covent Garden. O la figlia di un faraone dedito al culto di Amon-Ra, che urlava così forte alla stazione del British Museum che la dovettero chiudere per sempre.
Vittorio Sabadin