Luigi Galella, Il Fatto Quotidiano 6/2/2014, 6 febbraio 2014
IL RITORNO DI VANNA IN TV DA TRUFFATRICE A TRUFFATA
Di lei si diceva che fosse un magnifico esemplare, fra gli animali dello schermo degli anni 80, capace di fiutare la telecamera e la diretta, come un cane da tartufo. E il tartufo era lo spettatore, aggredito da urletti acutissimi e sincopati: “D’accordooo?”. Evoluzione della specie televisiva, che produce il mostro perfetto: la venditrice, la teleimbonitrice Vanna Marchi, che rintronava come Cerbero, ipnotizzava e catturava.
Ne ripercorriamo le tappe del successo e della caduta a “Linea Gialla” (La7, martedì, 21.10) che va modificando settimana dopo settimana la natura del format, deludente a inizio stagione. Ora lo share migliora un po’ e nell’ultima puntata è salito al 3.3%. Gli argomenti: l’usura, le pensioni, il femminicidio e la violenza sulle donne, e per finire maghi e truffatori. Quindi lei, la Marchi, condannata per truffa aggravata, associazione per delinquere e bancarotta fraudolenta. Tra gli ospiti, Vittorio Sgarbi e Roberta Bruzzone, criminologa. Che si confrontano vivacemente a suon di “capra”, anche se stavolta il simbolico ovino è imbracciato dalla Bruzzone, con piglio virile e minaccioso, e scagliato come corpo contundente contro il critico d’arte, intimidito dalla sortita inattesa.
IL PROGRAMMA si sofferma sulla vicenda giudiziaria, quando la Marchi, abbandonando le alghe “scioglipancia” e il micronizzato di tarassaco degli esordi di carriera, inizia a occuparsi di malocchio e magici numeri della lotteria, promettendo infinita fortuna o sicura sciagura. Lo scoop è di “Striscia la notizia”. Nel 2001 una donna contatta il programma di Antonio Ricci, che tende una trappola alla Marchi e a sua figlia Stefania Nobile e con l’aiuto di telecamere nascoste registra il contenuto di una conversazione telefonica in cui la Nobile si rivolge inviperita alla signora, augurandole “tutto il male del mondo”. Il raggiro, costruito sulla credulità, era rafforzato e aggravato dalla paura. Si vendevano numeri “personalizzati” da giocare, rivelatisi ovviamente gli stessi per tutti i clienti, e per allontanare la fortuna avversa, cloruro di sodio e rametti d’edera. La gente pagava e se si rifiutava veniva intimorita.
Da Salvo Sottile è presente proprio quella donna, Fosca Marcon, protagonista della trappola mediatica, che da topo si trasformò in gatto, di cui molto si parlò a quel tempo, che precisa in verità di non aver mai creduto alla “fortuna” promessa da quei numeri, che quindi non era e non sarebbe mai stata raggirata, né tanto meno aveva temuto quando, consapevole che non avrebbe pagato la cifra stabilita, la Nobile le si scagliò contro. Sgarbi ne approfitta per lanciarsi in un ardito paradosso. Questa confessione a suo avviso è la dimostrazione che le raggirate sono proprio la Marchi e la Nobile, le quali non hanno compiuto alcun reato e non dovevano essere perseguite, anche perché coloro che pagavano – i creduloni – erano dotati di titoli di studio ed erano pertanto in grado di comprendere ciò che facevano. Che è un po’ come dire che un furto o un qualsiasi altro crimine compiuto a danno di un laureato è colpa di quest’ultimo. E che i reati si modificano a seconda dei soggetti che li subiscono. Come una donna, ad esempio, che passeggia in minigonna, responsabile della mano che le toccherà il sedere. Quest’ultimo, da perseguire; la mano, invece, da assolvere.