Salvatore Cannavò, Il Fatto Quotidiano 6/2/2014, 6 febbraio 2014
PROCESSO ALLA FIOM CGIL NEL CAOS ABBANDONATA DAL PD
Per capire l’ampiezza del caos interno alla Cgil basta fotografare quanto avvenuto ieri mattina. Minacciato di un procedimento disciplinare da parte del segretario generale della Cgil, notizia resa pubblica dal Fatto ieri, il leader della Fiom, Maurizio Landini, ha incontrato di primo mattino il segretario del Pd, Matteo Renzi. Incontro definito positivo e utile a discutere di Jobs Act ma, allo stesso tempo, dal forte valore simbolico. Da quando è segretario del partito “erede” della sinistra italiana, che nel sindacato ha ancora una roccaforte, Renzi si è incontrato più volte con il leader dei metalmeccanici e mai, che si sappia, con il segretario generale della Cgil. Una figura che, ai tempi di Berlinguer, partecipava direttamente alla segreteria nazionale del partito e oggi, con Susanna Camus-so, sostanzialmente ignorata. La Cgil ieri ha cercato di smentire quanto rivelato dal Fatto bollandolo come “falsità” e “notizia già smentita”. In realtà, nel suo “Mattinale” quotidiano (la rassegna stampa a uso interno) non ha potuto negare la lettera inviata da Ca-musso al Collegio statutario (pubblicata integralmente dal nostro giornale) per chiedere come “sanzionare” l’eventuale violazione dello Statuto da parte di Landini. Ma ha precisato che non si tratta di una “procedura di commissariamento della Fiom-Cgil né alcun procedimento disciplinare nei confronti di qualsivoglia suo dirigente”. Il Collegio statutario, continua la Cgil, “è l’equivalente di una suprema corte a cui chiedere l’interpretazione autentica delle norme statutarie, non un organo giudicante”.
CHI CONOSCE la Cgil da trent’anni, però, spiega al Fatto un particolare: “È vero che la Commissione non fa sanzioni ma interpreta lo Statuto. Ora, la commissione di garanzia deve applicare lo stesso statuto e dopo la delibera interpretativa, che ha ammesso l’ipotesi di sanzioni, basterà che uno qualsiasi dei 6 milioni di iscritti faccia la denuncia e Landini, non appena si svincolerà dalla decisione assunta, potrà essere ‘condannato’ ”.
La crisi della Cgil si evince anche da quanto rileva lo stesso Mattinale e cioè l’esistenza di analoghi ricorsi allo stesso Collegio da parte di Maurizio Landini e di Giorgio Cremaschi. Un sindacato in cui ci si confronta a colpi di ricorsi statutari qualche problema deve averlo.
Ieri da Corso Italia è stata diramata una nota in cui si invita a concentrarsi su “lavoro e diritti”. Il nodo dell’accordo sulla rappresentanza parla del tipo di sindacato che si ha in mente per il futuro. Semplificando, si potrebbe dire che Susanna Camusso lavora per un sindacato “responsabile”, che si fa carico dei problemi del Paese, che firma accordi incaricandosi di farli rispettare. Un sindacato più vicino alla Cisl e con alle spalle, sul piano generale, il “modello Napolitano”.
MAURIZIO LANDINI, invece, vuole un sindacato con le mani libere. Capace di scontrarsi per anni con la Fiat, e con Cisl e Uil, ma anche di tornare a sedersi al tavolo, un sindacato più di movimento. Approccio vicino a quello che Matteo Renzi ha per il Pd. Per questo non stupisce la relazione speciale tra i due leader che si sono riconosciuti politicamente sul tema del rinnovamento e della “rottamazione” anche del sindacato. “Il tema del rinnovamento è posto” dice un autorevole dirigente nazionale e il malumore che si registra, anche nella maggioranza, ne è la dimostrazione”.
Il rapporto privilegiato tra Renzi e Landini spiazza sempre di più la Cgil. Camusso lo ha fatto presente ieri dicendo che quando si discute “di cassa integrazione e ammortizzatori sociali, il tema non riguarda solo la Fiom ma tutte le categorie” lasciando trapelare la propria irritazione per le trattative tra Renzi e Landini. “Quando mi incontrerò io con Renzi? - ha aggiunto - Certamente, quando accadrà lo saprete”. In altri tempi, lo scontro nel sindacato sarebbe stato interpretato come uno scontro tra maggioranza riformista e sinistra radicale. Ora, invece, l’esponente “radicale”, Landini è vicino al “blairiano” Renzi mentre la “socialdemocratica” Camusso sembra aver perso “la copertura del partito”. In queste condizioni, sembra più utile leggere lo scontro come una dialettica tra “continuità” e “rinnovamento”.
LANDINI È UN LEADER sindacale molto amato dalla base e che ha saputo dialogare anche con il mondo grillino. Il suo nome viene costantemente agitato nell’agone politico dove, se si impegnasse, potrebbe mutare alcuni equilibri. È spesso evocato come possibile leader di una formazione di sinistra radicale affiancata al Pd di Renzi (che sarebbe preziosa con la nuova legge elettorale renziana). Camusso, invece, rappresenta il sindacato-istituzione, poco empatico e concentrato a regolare i conti interni. Ma, allo stesso tempo, desideroso di mantenere alcune posizioni classiche non fidandosi delle innovazioni renziane che sembrano un cedimento alla finanza e alle imprese.
Lo scontro è quindi ampio e riguarda profilo e destini della sinistra italiana. I sindacati concorrenti, Cisl e Uil, si sono limitati a commentare dall’esterno. “Se Renzi pensa che Landini sia un buon consulente del lavoro, mi verrebbe da dire ‘auguri’”, dice il cislino Raffaele Bonanni.