Massimo Gaggi, Corriere della Sera 6/2/2014, 6 febbraio 2014
IL DESIGN TRICOLORE PIACE AGLI USA HAWORTH COMPRA POLTRONA FRAU
DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK — Tra i tanti garage che punteggiano lo sviluppo dell’America delle tecnologie — da quello usato da Hewlett e Packard per le loro prime creazioni elettroniche, al «box» dal quale nel 1976 Steve Jobs e Steve Wozniack cominciarono a vendere i primi Apple 1, passando per i «santuari» dove sono nate Google e Amazon — ce n’è anche uno nel Michigan che ha fatto la storia dell’industria americana degli arredamenti per ufficio.
È quello di Holland, tra i boschi e i laghi del Grande Nord, nel quale quasi 70 anni fa Gerrard Haworth, un insegnante di disegno industriale che aveva cominciato a lavorare il legno per hobby (e per arrotondare il reddito familiare) fondò la Modern Products: l’azienda che, cresciuta negli anni successivi ad un ritmo impressionante e ribattezzata col cognome del fondatore, è diventata il secondo produttore americano di arredamenti. E che ieri ha coronato la sua corsa verso l’eccellenza con l’acquisizione di Poltrona Frau: azienda con la quale già collaborava da un paio d’anni per la distribuzione commerciale nel mercato americano, e che manterrà autonomia operativa e l’attuale management.
Vista dall’Italia sembra la storia dell’ennesimo marchio dell’eccellenza italiana che finisce all’estero. Ma c’è anche un altro modo di guardare all’affare: un’operazione destinata a valorizzare produzioni di qualità che comunque resteranno in Italia, fortemente voluta dall’azienda di un Paese, gli Stati Uniti, sempre più innamorato del design italiano. Che piace anche in Europa, ma che al di là dell’Atlantico è addirittura esaltato. E lo trovi ovunque: appena arrivi a New York e scendi nel metrò — le mappe di Massimo Vignelli — o se vai al Moma, il museo d’arte moderna. Che proprio a un’italiana, Paola Antonelli, ha affidato la direzione dell’area architettura e design.
Poltrona Frau è un simbolo di eccellenza nella New York dei grattacieli di uffici e il suo showroom di Soho è da anni un importante punto di riferimento di eventi anche culturali a Manhattan. Quella che ora la acquisisce non è un’azienda qualunque: è un gruppo familiare che nell’arco di tre generazioni ha saputo costruire una realtà produttiva in continua crescita, ha inventato nuovi modi di concepire e costruire un ufficio ed è diventata una vera multinazionale con forti presenze in Asia e America Latina, oltre che negli Stati Uniti e in Europa.
Pur continuando a controllare al 100% la società, la famiglia Haworth da quasi dieci anni ha affidato la gestione a un manager italiano: Franco Bianchi, che è amministratore delegato dal 2005. Il fondatore, scomparso una decina d’anni fa, passò lo scettro al figlio Dick quando era ancora relativamente giovane, ma continuò ad andare a lavorare tutti giorni in azienda fino a quando compì 93 anni. Con Dick, l’inventore dei pannelli mobili precablati che hanno reso possibile creare gli uffici a cubicolo negli open space, il gruppo fa un salto di qualità. Compra altre aziende in Alabama, Tennessee, Messico, Canada, Germania. Costruisce due stabilimenti in Cina. Arriveranno anche gli investimenti in Italia con l’acquisto della Castelli, che è stata poi rivenduta due anni fa.
I concorrenti copiano i pannelli ma vengono denunciati per violazione dei brevetti e, dopo epiche battaglie legali, perdono tutte le cause. Haworth ormai si batte per il primato con gli altri giganti del settore, Steelcase ed Herman Miller, anche loro basati in Michigan. «Perché storicamente» spiega Franco Bianchi, «qui erano le foreste e il legname per i mobili di Chicago e delle altre città industriali» della regione dei Grandi laghi. «Da anni» aggiunge Bianchi, oggi affiancato, come presidente, dal 44enne Mattew Haworth, figlio di Dick, «arredando palazzi di uffici, ci accorgevamo che arrivati agli ultimi due piani, quelli dei vertici aziendali, dovevamo ricorrere alla qualità di Cassina e Frau. Ci siamo chiesti perché non metterci insieme sfruttando questa complementarietà che è di prodotti ma anche, in parte, di presenza geografica. Ne abbiamo parlato, ci siano trovati d’accordo e ora, insieme, andiamo alla conquista dei mercati del futuro: non solo uffici, ma anche aeroporti, “lounge”, alberghi, ospedali e università».