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 2014  febbraio 06 Giovedì calendario

LE NUBI SUL CNEL CHE NON ALZA IL VELO SUI COMPENSI


ROMA — Non sappiamo quale sia stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Sappiamo però che non più tardi di dieci giorni fa all’Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione che ha pure il compito di vigilare sulla trasparenza delle pubbliche amministrazioni, è arrivata una clamorosa segnalazione. Mittente: Mariano Michele Bonaccorso, responsabile per la trasparenza del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. Il quale, dopo aver ricordato che la legge impone la pubblicazione su Internet delle situazioni patrimoniali dei vertici degli enti pubblici, denuncia come «i titolari di incarichi politici» non abbiano ancora «comunicato tali dati per la relativa pubblicazione». A ben otto mesi dalla legge che l’ha resa obbligatoria e «nonostante il sollecito».
Il riferimento è all’economista Antonio Marzano, ex ministro ed ex parlamentare di Forza Italia, da otto anni e mezzo alla guida del Cnel. Così convinto di essere esentato da quell’obbligo che ha chiesto un ennesimo parere al Consiglio di Stato, chiamato a rispondere al seguente quesito: la legge sulla trasparenza si applica pure a un organo di rilevanza costituzionale e al suo attuale presidente?
Che, dice Matteo Renzi, dovrebbe essere anche l’ultimo. «Il Cnel non serve a nulla», decretava il segretario del Pd già tre mesi fa. E alla fine di gennaio il renziano Dario Nardella ha annunciato un disegno di legge per cancellarlo dalla Costituzione. Battuto però sul tempo, a quanto pare, da quelli del Nuovo centrodestra, autori a loro volta di una proposta abolizionista. «Il Cnel pesa sul bilancio dello Stato per quasi venti milioni di euro e non è più essenziale per le funzioni che i Costituenti avevano immaginato»: questa la sentenza pronunciata il 30 gennaio dal capogruppo ncd al Senato Maurizio Sacconi. In perfetta sintonia, o almeno così pare, con la linea oggi vincente nel Partito democratico.
Ma a conforto della tesi dell’inutilità del Cnel c’è ora un rapporto inviato il 24 gennaio al presidente del Consiglio Enrico Letta dall’Organismo indipendente di valutazione che la legge Brunetta del 2009 ha istituito per tutte le amministrazioni pubbliche. È un collegio tecnico composto da tre persone, coordinato dall’ex presidente della Corte dei conti Tullio Lazzaro, che ha passato al setaccio l’attività del Consiglio degli ultimi tre anni. Arrivando a conclusioni non esattamente lusinghiere.
Il fatto è, sostengono i tre esperti, che il Cnel ha sulla carta compiti che abbracciano un arco di argomenti «smisurato». Si potrebbe spiegare così «l’affidamento all’esterno di un gran numero di studi e richieste di consulenza». Dal 2008 al 2013, ben 104 consulenze a singole persone per 2,2 milioni e 54 contratti a società e centri studi per un ammontare identico. E tutto senza gara. Il che non ha mancato di comportare «perplessità» sul modo in cui vengono scelti i beneficiari dei contratti. Le medesime che già da diversi mesi hanno spinto la procura della Corte dei conti ad avviare una indagine sul Cnel per verificare la presunta illegittimità degli incarichi di consulenza e di certi oneri di missione.
Perplessità, affermano Lazzaro e i suoi collaboratori, «ancor più evidenziate dal fatto che può essere difficile immaginare come un organismo che dichiara di non avere al proprio interno professionalità idonee possa poi razionalmente giudicare i risultati prospettati da un diverso soggetto». Tanto più considerando la varietà delle materie. Nel triennio 2011-2013, oltre a 4 disegni di legge, 29 testi di osservazioni e proposte e 14 collaborazioni interistituzionali, il Cnel ha prodotto 31 rapporti su temi che vanno dagli indicatori del benessere all’efficienza della pubblica amministrazione, passando per la primavera araba, l’immigrazione, la criminalità economica e le nuove professioni.
L’utilità reale di tutto ciò? La Costituzione, si sottolinea nella relazione del 24 gennaio a Letta, «non identifica il Cnel come un ente di studio e ricerca». Dunque non c’è alcun obbligo di commissionare all’esterno studi e ricerche «nuovi o originali». Basterebbe reperire i dati copiosamente disponibili su Internet, quando servono, e far funzionare l’assemblea composta da 10 esperti e 54 rappresentanti delle categorie produttive: le cui deliberazioni, dice il rapporto, avrebbero «peso politico ben diverso» rispetto a qualunque pezzo di carta. «L’ottica accennata consentirebbe anche di superare i problemi di affidamento e conseguire un significativo risparmio di spesa». Anche se sarebbe ingeneroso non riconoscere i tagli degli ultimi anni, grazie anche al dimezzamento dei consiglieri. Marzano lo ricorda sempre quando restituisce al governo qualche milioncino, attribuendone il merito alla «nuova gestione del segretario generale». Potrebbe però aggiungere che con gli avanzi accumulati e una dotazione del Tesoro ormai ampiamente superiore alle esigenze, il Cnel potrebbe campare almeno un paio d’anni senza chiedere un euro allo Stato.