Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  febbraio 06 Giovedì calendario

1938, LA CONGIURA DI MARIA JOSÈ


Nel 1938 Maria José aveva ideato un complotto con il maresciallo Pietro Badoglio e d’intesa con il generale Rodolfo Graziani per evitare la guerra e liberare l’Italia dal fascismo. Vittorio Emanuele IV avrebbe dovuto prendere il posto del nonno sul trono, mentre la madre avrebbe assunto la carica di reggente e il padre avrebbe abdicato. La clamorosa rivelazione è contenuta in un documento «riservatissimo» conservato presso il Public Record Office di Londra. Si tratta di una relazione most secret, datata 29 settembre 1939 e fatta pervenire al Foreign Office dall’ambasciatore inglese al Cairo, sir Miles Lampson. Il diplomatico riferisce, con dovizia di particolari, un colloquio avuto con il fratello di un avvocato milanese a capo di un movimento antifascista.
I fatti sono questi. Sei giorni prima dell’accordo di Monaco, per l’esattezza sabato 24 settembre 1938, Maria Josè fece sapere all’avvocato in questione di essere atteso nel castello di Racconigi dal maresciallo Badoglio per un colloquio segretissimo e urgente. L’avvocato incontrò la principessa e il maresciallo il 25 settembre, mentre il principe Umberto - sottolinea il rapporto quasi a volerne indicare l’intenzione di non compromettersi direttamente - non era presente e «trascorreva il suo tempo giocando con i figli».
Il colloquio durò oltre un’ora e mezza. Maria Josè sottolineò la gravità della situazione internazionale e sostenne la necessità di fare qualcosa per impedire l’ingresso dell’Italia a fianco della Germania in una guerra ormai vicina. Che la principessa accennasse alla prospettiva bellica non meraviglia. Ci si trovava in un momento drammatico, nel pieno della crisi cecoslovacca. Il partito nazista aveva deliberato a Norimberga l’annessione dei Sudeti e la diplomazia europea cercava disperatamente di evitare uno scontro. Il 26 settembre Galeazzo Ciano aveva appuntato nel suo diario: «È la guerra. Dio protegga l’Italia e il Duce».
Dopo Maria Josè prese la parola Badoglio. Disse di parlare anche a nome di Graziani e invitò l’interlocutore a dare il via a una insurrezione armata. Questi dichiarò che lui e i suoi, per quanto avessero lavorato giorno e notte per quattro anni a questo fine, non erano in grado di passare alla fase operativa per mancanza di armi. Aggiunse però di essere convinto che era stato raggiunto un punto «in cui lo spirito del popolo è maturo» e precisò che, realisticamente, si sarebbe potuta prevedere, in caso di mobilitazione generale in Italia, una capillare azione di sabotaggio di tutti i pubblici servizi per disorganizzare la vita della nazione e procurarsi quei trecentomila fucili con adeguato munizionamento ritenuti indispensabili per un progetto insurrezionale. Badoglio, a questo punto, disse: «Voi potrete certo fare meglio di adesso perché, come voi ci portate il popolo italiano, noi vi portiamo l’aiuto della Corona e l’appoggio dell’esercito».
I «congiurati» di Racconigi passarono, poi, a discutere i dettagli operativi del piano, che prevedeva in successione queste fasi: a) abdicazione del Re; b) rinuncia del principe ereditario ai propri diritti sul trono; c) proclamazione di Vittorio Emanuele (che all’epoca aveva due anni) a Re d’Italia e della principessa a reggente durante la minorità del figlio; d) concessione di pieni poteri temporanei a Badoglio, che avrebbe imposto la legge marziale per mantenere l’ordine; e) costituzione di un governo presieduto dall’avvocato antifascista milanese.
Il rapporto illustra, quindi, il programma del nuovo gabinetto, che prevedeva lo scioglimento del partito nazionale fascista e della Camera dei Fasci; l’arresto e il processo di Mussolini; l’amnistia per i fascisti che avessero sospeso ogni attività politica; lo scioglimento della Milizia; il ripristino dello Statuto; il ritiro delle truppe dalla Spagna; la stipula di un’alleanza con Jugoslavia e Francia nel caso di aggressione tedesca alla Cecoslovacchia; la riduzione delle tasse e un piano di riforme economiche, morali e sociali.
I «congiurati» non si limitarono alle parole. Il 26 settembre Umberto, sempre secondo il rapporto, firmò l’atto di rinuncia al trono. Fin dalla mattina successiva furono prese in diverse città (Roma, Torino, Milano, Verona, Venezia e altre località) iniziative per attuare il piano che avrebbe dovuto scattare alle 3 del 28 settembre e far trovare il Re di fronte al fatto compiuto e nella necessità di firmare l’abdicazione.
Improvvisamente, però, nel pomeriggio del 27 giunsero a Racconigi informazioni destinate a sconvolgere ogni proposito. Si seppe che Chamberlain aveva chiesto, attraverso Ciano, un intervento mediatore di Mussolini, che si sarebbe, poi, risolto nell’incontro di Monaco. I nuovi avvenimenti intralciarono i propositi dei «congiurati» di Racconigi: ci si rese conto che non sarebbe stato più così semplice imporre al Re l’abdicazione né spiegarne il significato alla popolazione. Maria José e l’avvocato erano ancora favorevoli al piano, ma Badoglio fece valere la tesi di un rinvio dell’operazione. Ne fu tuttavia così afflitto (racconta il diplomatico inglese) che «per diversi minuti sembrò perdere la ragione» al punto da spingere la principessa e l’avvocato a ripetergli che egli non aveva responsabilità in quanto stava accadendo.
A questo punto i «congiurati» bruciarono i documenti approntati. Fra questi vi erano l’abdicazione firmata da Umberto e quella da sottoporre a Vittorio Emanuele III (all’oscuro della congiura), il testo del proclama della reggenza, gli atti istitutivi dello stato d’assedio e della legge marziale.
Fin qui il documento ricordato in apertura della trasmissione del ciclo «Il tempo e la storia» di Rai Storia dedicata all’attività antifascista di Maria José. Esso potrebbe far sorgere qualche perplessità tanto più che Maria Josè, che pure rivendicò in seguito la sua attività cospirativa, non fece mai riferimento a questo episodio del 1938. Tuttavia è fuor di dubbio che il diplomatico britannico, un diplomatico di elevato rango, prese in seria considerazione le notizie di cui era venuto a conoscenza, al punto da farne oggetto di un rapporto most secret assai articolato e dettagliato, che dimostra come egli non pensasse affatto di riferire "voci" generiche. Il fatto che in esso sia taciuto il nome dell’esponente antifascista, contrariamente a quanto potrebbe apparire a prima vista, rappresenta un elemento che induce a guardare con maggiore attenzione alla vicenda: era infatti nella prassi delle informative "segrete", soprattutto in casi così delicati, assumere precauzioni per non compromettere le fonti di informazione (nel caso in questione, poi, oltre che di una "fonte" si sarebbe trattato di un vero e proprio movimento da tenere presente per il futuro) e lasciare a successivi contatti personali il completamento del quadro e delle notizie.
Questo rapporto è importante in primo luogo perché dimostrerebbe l’esistenza in Italia di una rete operativa antifascista già dalla metà degli anni Trenta, nel periodo cioè riconosciuto dagli storici come quello di maggiore consenso al regime: nel corso del colloquio di Racconigi, infatti, si fece cenno a un lavoro organizzativo e propagandistico in atto già da quattro anni. In secondo luogo, il rapporto consente di retrodatare l’attività antifascista di Maria José. Dei sentimenti nutriti dalla principessa nei confronti di Mussolini e del regime, come pure dei contatti da lei stabiliti con intellettuali e politici antifascisti (da Carlo Antoni a Francesco Flora, da Elio Vittorini a Guido Gonella, da Benedetto Croce a Umberto Zanotti Bianco) e con il Vaticano tramite l’allora monsignor Montini si ha notizia certa, confermata tanto dalla memorialistica, dalla storiografia e dalla stessa Maria José.