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 2014  febbraio 06 Giovedì calendario

ECCO PERCHÉ I DATI UE SULL’ITALIA CORROTTA SONO SOLO UNA BUFALA


Non bisogna prendere co­me oro co­lato quanto ar­riva da Bruxelles, anche se ha i timbri e la ceralacca. Nel caso della relazione sulla corru­zi­one trasmessa dalla Commis­sione europea al Consiglio eu­ropeo e al Parlamento euro­peo, siamo ad un caso tragico di topica, ad un compitino che do­vrebbe essere bocciato al liceo. Usando un linguaggio più fami­lia­re al giornalismo e compren­sibile ai lettori: è una solenne bufala. E non ci stupisce che ci si tuffi ghiottamente, leccando­si i baffi per la leccornia, Gian Antonio Stella sul Corriere del­la Sera . E chi chiama a farsi dar ragione? Pier Camillo Davigo.
A forza di gridare che noi di Forza Italia e del Popolo della Li­bertà eravamo la rovina dell’Ita­lia, e che avevamo trasformato il nostro Paese nel regno di Ben­godi per ladri impuniti, tant’è vero che vinceva Berlusconi, ci ritroviamo infilati nella spazza­tura. Questa menzogna di per­fetto conio ideologico ha finito per manipolare gli strumenti di misurazione dei ricercatori, at­tecchendo in teste ben predi­sposte a trasferire l’Italia in di­scarica per il beneficio dei loro sponsor del Nord Europa.
Prima di tutto merita ripete­re, ad evitare equivoci, ciò che ho dimostrato nei fatti con la mia legge di riforma della Pub­blica amministrazione e con il disegno di legge anticorruzio­ne del marzo 2010: la corruzio­ne è un reato, particolarmente odioso, che va combattuto sen­za «se» e senza «ma», banden­do però isterie collettive le qua­li fanno solo male a chi- forze di polizia e tanti magistrati che fanno il loro lavoro con equili­brio- deve mettere in galera i de­linquenti.
Quanto il documento della Commissione sia fazioso ed evanescente sotto il profilo scientifico lo dimostra la sem­plice lettura di due paragrafi successivi, tra pagina 3 e pagi­na 4 , precisamente «sondaggi sulla percezione» e «esperien­ze di corruzione»: dato reale in Italia pari alla metà della media europea (2% contro il 4%), dato percepito più elevato di 1/3 (42% contro 26%) della media europea. A forza di strillare che tutti i problemi stanno solo in una parte politica- ovviamente moralmente inferiore, corrotta nel suo dna - la gente finisce con il crederlo.
Sono ampiamente noti, d’al­tronde, alcuni fatti, che la Com­mis­sione ignora con estrema di­sinvoltura e che la grancassa mediatica dell’antiberlusconi­smo ha sopraffatto, fino a con­vincere tutti che il Paese è divi­so in ladri da una parte, teologi e giudici dall’altra:
A I 60 miliardi quale costo della corruzione sono una menzogna riproposta dal gennaio 2008, quando durante un convegno un anziano signo­re appassionato della materia applicò con una semplificazio­ne una percentuale presentata in uno studio della Banca Mon­diale del 2004 (il rapporto Kauff­man, allora capo ufficio studi dell’Istituto) all’Italia: da qui il 3% del Pil mondiale quale costo stimato della corruzione diven­ta il 3% del Pil italiano quale co­sto della corruzione, cioè 60 mi­liardi. (Tra l’altro oggi il nostro Pil è sceso a poco più di 1.600 mi­liardi, e dunque siamo a 48-49 miliardi, bastava un bambino di quarta elementare...). Da quel giorno, una lunga serie di seguaci dell’antiberlusconi­smo hanno fatto volteggiare questa cifra, giungendo ad ipo­tiz­zare che il malloppo era addi­rittura ben superiore. Tanto si giocava ad alzare il dato, della cui enormità si incolpava ovvia­mente il governo Berlusconi, tanto maggiore era lo spazio sui quotidiani. E l’accecamento era tale che anche quando il se­gretario generale dell’Onu, Ban Ki Moon a Vienna, nel set­tembre 2011, ricordò che la cor­ruzione nel mondo è stimabile in 700 miliardi di euro, a nessu­no venne da ridere nel pensare che in Italia vi fosse localizzato l’8,5%della corruzione mondia­le. E lo scandalo Siemens in Ger­mania? E lo scandalo Rio Tinto tra Cina e Australia con busta­relle ( si fa per dire) miliardarie? Silenzio assoluto.
B Il professor Lambsdorf dell’Università di Passau, l’inventore dell’Indice di perce­zione della corruzione di Tran­sparency international , nel 2009 scrive che l’Indice non è più rappresentativo e che per questo lascia Transparency al suo destino. Un minimo di de­ontologia avrebbe dovuto sug­gerire una scelta di serietà, e im­posto di ritirare ciò che non fun­zionava.
C Si ignora nella relazione una pubblicazione del­l’Ocse del 2010 mette in guar­dia rispetto all’utilizzazione di questo indice di Transpa­rency international .
D L’Italia, proprio durante il governo Berlusconi, fu sottoposta a due valutazioni del Greco (Gruppo di Stati con­tro la corruzione) e dell’Ocse, classificandosi per numero di raccomandazioni finali molto meglio di Paesi che vengono abitualmente considerati mol­to più etici, corretti, non corrot­ti dell’Italia.
Potrei proseguire a lungo, ma mi fermo con un ultimo esempio del danno fatto al Pae­se dall’antiberlusconismo mi­litante: la relazione della Com­missione cita un lontano re­port del Center for the study of democracy pubblicato nel 2010, che riprende, anzi rical­ca, una relazione del 2007 pre­sentata dall’Alto Commissa­riato per la lotta alla corruzio­ne in tema di infiltrazione ma­fiosa nella pubblica ammini­strazione. Qui riprendo le pa­role di un uomo serio, fino a po­co tempo fa vicepresidente del­la Commissione, Sim Kallas, che aveva la delega sulla mate­ria: «... Non sempre un elevato numero di reati segnalati è un dato negativo perché potreb­be significare che in quel Pae­se i controlli funzionano effica­cemente ». Non a caso nelle dit­tature la corruzione è un reato inesistente, salta fuori - vedi Corea del Nord - giusto per il comodo del dittatore onde eli­minare i nemici politici.
La sfiducia verso l’Italia da parte di investitori esteri na­sce in questo modo. E noi ab­bocchiamo, con voluttà, per farci del male, convinti- a sini­stra- che questo li aiuti a vince­re le elezioni. Irresponsabil­mente inducendo gli italiani a vedere tutto nero, in una spira­le mortifera. Nasce perché qualcuno per anni ha utilizza­to l’antiberlusconismo come strumento di lotta politica par­lando male del nostro Paese in ogni dove, utilizzando la stam­pa straniera per fare vedere tut­to ciò che vi era di negativo, considerando i milioni di elet­tori che avevano votato Silvio Berlusconi come degli inetti, incapaci di intendere e di vole­re, o dei favoreggiatori di cor­rotti e ladri.
Dimenticando, ad esempio, di raccontare che l’Italia, per la prima volta, proprio duran­te l’ultimo governo Berlusco­ni, è stata scelta insieme alla Francia per realizzare in Croa­zia un progetto Twinning da 900mila euro per aiutare que­sto Paese nella prevenzione della corruzione per gli appal­ti di infrastrutture; e ancora è stata premiata per un progetto -Clean and green market- fi­nanziato dalla Banca Mondia­le per 600mila dollari.
Nessuno dice di nasconde­re, magari come fanno altri, le cose che non vanno, ma forse è giunta l’ora - e questo dovreb­be essere un altro capitolo del­la «sintonia profonda» tra Sil­vio Berlusconi e Matteo Renzi - di smetterla di sporcare l’Ita­lia per il gusto di far contenti chi vuole emarginarci, farci fal­lire e comprare le nostre impre­se per un boccone di pane.