Federica Fantozzi, l’Unità 5/2/2014, 5 febbraio 2014
CIBO SCADUTO? NON SI BUTTA LO FANNO 6 ITALIANI SU 10
Ogni famiglia italiana spreca in media 213 grammi di cibo a settimana per un costo di 7 euro. Cifre ridicole? Non se traslate su vasta scala: gli avanzi buttati valgono 8,7 miliardi di euro, mezzo punto del nostro Pil. E non è colpa di ristoranti, aziende alimentari, grande distribuzione e catering: «II vero buco nero sono i consumatori» spiega Andrea Segrè, fondatore di Last Minute Market nonché direttore del Dipartimento di Scienze e tecnologie agro-alimentari dell’Università di Bologna. Cioè, responsabili siamo tutti noi. Yogurt scaduti, cavolfiori anneriti, frutta ammaccata, scatolette dimenticate in dispensa, pesano sull’economia, aggravano il buco nell’ozono e sono un ostacolo ad aumentare la produzione alimentare per nutrire le zone povere del pianeta.
C’è però una (parziale) buona notizia: la crisi è entrata a gamba tesa nelle abitudini quotidiane, costringendo a fare più attenzione, accontentarsi di alimenti dall’aspetto non proprio al top, stimolando una lettura «critica» delle etichette. In questo inizio di 2014 il 78% degli italiani, infatti, si preoccupa molto o abbastanza del problema dello spreco alimentare. Il 52% ha ridotto questa cattiva abitudine. Il 76% considera eccessiva la quantità di cibo che quotidianamente viene buttata via: un anno fa erano 1’86%. Il 63%, quando un alimento è scaduto, confessa di riutilizzarlo se non è andato a male: nel 2013 questo dato era del 55%, ben otto punti in meno. Non solo: è sceso dal 39 al 31% il numero di chi butta un alimento ammuffito, dal 32 al 29% perché è scaduto. Mentre restano stabili quelli che al supermercato approfittano delle offerte speciali: il 40% sempre, il 43% spesso. C’è però un raggio di ottimismo nel buio della crisi: sulla ripresa economica dell’Italia un anno fa solo il 16% si dichiarava ottimista, adesso è il 23%. Con i pessimisti scesi di cinque punti, dal 73 al 67%.
Sono i risultati di un sondaggio Swg commissionato dal pool anti-spreco guidato da Segrè, che il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando ha nominato coordinatore di un’apposita task force. Quello che ne esce è un osservatorio aggiornato e completo sui trend degli italiani nel percorso che va dagli scaffali del negozio al secchio della spazzatura, passando per il frigorifero e la tavola. Spiega Segre: «Lo spreco più rilevante è quello domestico. Mentre agricoltura, industria, ristorazione, grande distribuzione si muovono nella direzione di recuperare il più possibile, è molto difficile intervenire sui comportamenti delle famiglie». Su scala nazionale (e poi ovviamente mondiale) lo smaltimento dei rifiuti alimentari genera livelli massicci di inquinamento e ha costi elevati per le comunità. Una questione di primo piano per le società industrializzate, ma anche per le economie in via di sviluppo dove standard igienico-sanitari ridotti aggiungono il pericolo di epidemie. Segrè non si lascia andare all’ottimismo guardando gli esiti della rilevazione: «C’è un miglioramento nella percezione da parte degli italiani. Ma gran parte del merito è della crisi che cambia le abitudini. Certo, è vero che i consumatori sono diventati più attenti e oculati».
I dati saranno esposti oggi nel corso della prima giornata nazionale di prevenzione dello spreco – nell’auspicio che diventi un appuntamento ufficiale, patrocinato dal governo – in un’inedita tavola rotonda con 187 protagonisti della filiera agroalimentare, produttori, grandi aziende, Regioni, amministratori locali (tra gli ospiti Eataly, Slow Food, la Caritas, le Acli, Confagricoltura, Confcommercio, Coldiretti, Alce Nero, Assobibe, l’Expo, la Fao, Coop e Conad) con l’obiettivo di discutere a tutto campo le buone pratiche, elaborare le linee guida, e dare via a un «piano nazionale» che prevenga gli scarti alimentari.
Segrè, triestino 52enne, è l’uomo giusto: dell’argomento si occupa da vent’anni con un approccio molto pratico e poco accademico. Nel 1998 è nato il suo progetto Last Minute Market, volto a «recuperare» scarti ancora commestibili per immetterli nel circuito della solidarietà, tra ospedali e associazioni che si occupano di senzatetto. Un successo basato sulla rapidità di azione: la teoria del chilometro zero anche nel recupero. Il traguardo di un piano nazionale di prevenzione dello spreco (l’acronimo è il bruttissimo «Pinpas», ma Altan, che con loro già collabora, potrebbe mettere a disposizione la sua Pimpa per ingentilirlo) lo insegue da quindici anni.
Nel 2010, intanto, sono nate le giornate Europee no-waste, celebrate a Bruxelles per quattro edizioni. Con l’Europarlamento che ha approvato a Strasburgo una risoluzione per istituire l’anno europeo anti-spreco con l’obiettivo di dimezzare i rifiuti alimentari entro il 2025. Lì, però, la macchina si è inceppata. La Commissione Europea non ha mai dato risposta all’appello dell’emiciclo. «E’ così conferma Segrè il Parlamento Europeo ha rivolto una richiesta molto forte, relativa al 2013 prima e al 2014 poi. Invano. Forse, non c’è stata abbastanza pressione politica a sostegno». Ecco perché il professore, oggi dal palco di Roma, a fianco di Orlando e del sottosegretario alle Politiche Agricole Maurizio Martina, che ha la delega all’Expo, rivolgerà un appello al premier Enrico Letta: «Sarebbe ottimo istituire questa ricorrenza proprio nell’anno dell’Expo a Milano, il 2015. Sarebbe un segnale serio e forte. Spero che Letta voglia recepire il nostro suggerimento, tanto più alla vigilia del semestre italiano di presidenza europea».
Una congiunzione astrale forse irripetibile. Alla quale non è estraneo l’impegno di Orlando. «Con lui c’è piena sintonia» conferma Segrè. A ottobre scorso il ministero ha approvato il piano nazionale di prevenzione rifiuti che prevede entro il 2020 una riduzione del 5% per unità di Pii dei rifiuti urbani, del 10% di quelli pericolosi e del 5% di quelli speciali. Poi, per monitorare l’efficacia, ha attivato la task force guidata da Segrè (ne fanno parte la scrittrice Susanna Tamaro, il comico ambientalista Giobbe Covatta, Maite Carpio della comunità di Sant’Egidio e Vincenzo Balzani, chimico bolognese in odore di Nobel).
All’interno del “pacchetto” è previsto il piano nazionale anti-spreco. Con una imponente campagna di sensibilizzazione e comunicazione, dalle scuole ai Caf. Deadline: farlo partire a primavera. «Dobbiamo entrare senza timori nelle dinamiche dei consumatori. Perché compriamo troppo cibo e lo lasciamo marcire in frigo? Perché non sappiamo leggere le etichette? Quante cose inutili buttiamo? E’ chiaro che non si tratta di mangiare alimenti scaduti con rischi sanitari, bensì di arrivare a una normativa di corretta gestione delle etichette». Tutelare la salute, insomma, non gli interessi dei produttori.