Rock Reynolds, l’Unità 5/2/2014, 5 febbraio 2014
BURROUGHS IL SELVAGGIO [CENTO ANNI FA NASCEVA IL PADRE SPIRITUALE» DELLA BREAT GENERATION
LA PRIMA VOLTA CHE VIDI UNA FOTO DI WILLIAM BURROUGHS, IN COMPAGNIA DI ALLEN GINSBERG E PETER ORLOVSKY, RICORDO DI AVER PENSATO: «Che ci fa quel nobiluomo in mezzo a questi due pazzi scatenati?». L’aria un po’ dandy da signorotto di campagna britannico, con tanto di panciotto, occhialini tondi e, chissà, magari pure orologio da taschino non lo qualificava certamente come uno degli intellettuali più iconoclasti e fuori di testa del Novecento americano. Invece, William Burroughs, al cui cospetto le intemperanze e le eccentricità di Ginsberg e Orlovsky ma forse pure di Jack Kerouac e di tanti altri compagni di merende sbiadiscono, fu uno dei personaggi più inclassificabili ed eclettici della cultura statunitense del secolo scorso.
Nato esattamente un secolo fa, a St. Louis, Missouri, da una famiglia facoltosa, Burroughs si laureò in letteratura inglese nel prestigioso ateneo di Harvard nel 1936 e poi intraprese, senza peraltro portarli a termine, studi di specializzazione in medicina e antropologia, tra Vienna e la stessa Harvard, prima di cominciare a frequentare l’ambiente più liberale di New York, dove le sue tendenze omosessuali fino a quel momento tenute nascoste si manifestarono in maniera più aperta, facendo di Burroughs uno dei più noti gay della scena intellettuale degli anni Cinquanta. Ciò malgrado, Burroughs, che nel frattempo aveva conosciuto Jack Kerouac e aveva stretto con lui un’amicizia e un sodalizio profondi, mantenne una parvenza di rispettabilità, sposando una donna ebrea, Ilse Kappler, conosciuta a Vienna e ansiosa di trasferirsi in America pur di sfuggire ai rischi del nazismo.
Su insistenza di Kerouac, nel 1945 Burroughs mosse i primi passi da scrittore con il romanzo breve E gli ippopotami si sono lessati nelle loro vasche (pubblicato postumo nel 2008) scritto a quattro mani e basato su una storia vera, l’omicidio di un uomo da parte del suo innamorato che ne aveva gettato il corpo nelle acque del fiume Hudson. Il libro, scritto un capitolo a testa, da una prima indicazione della follia un po’ sconclusionata dei due autori. Non a caso, Burroughs venne considerato da Kerouac come pure da Neal Cassady un genio, una sorta di padre spirituale. Forse perché, nel frattempo, le stramberie dell’uomo e le sue inclinazioni sempre più pericolose alla sperimentazione con le sostanze proibite ne avevano fatto un’icona della controcultura ormai sul punto di sbocciare in tutta la sua prorompente diversità. Non è un caso che il suo primo romanzo, pubblicato nel 1953, si intitoli La scimmia sulla schiena, un’analisi incredibilmente lucida degli effetti del consumo di morfina ed eroina ma soprattutto dell’astinenza dalle stesse, una sorta di autoanalisi condotta insieme a Joan Vollmer, una tossicomane sposata in seconde nozze da Burroughs, con la quale compì alcuni viaggi. Fu proprio in Messico, nel corso di un assurdo gioco sotto effetto di narcotici, che Burroughs involontariamente uccise la Vollmer con una fucilata mentre cercava di colpire la mela che aveva in testa.
Un altro viaggio portò Burroughs a Tangeri, Marocco, dove fu raggiunto pure da Ginsberg e Kerouac e dove gli fu più facile procacciarsi la droga necessaria. Fu proprio a Tangeri che Burroughs scrisse fiumi di parole, poi condensate, anche grazie all’aiuto dell’amico Kerouac, nel suo capolavoro, Il pasto nudo, portato sul grande schermo nel 1991 da un altro straordinario visionario, David Cronenberg.
Il pasto nudo può essere considerato una sorta di romanzo di fantascienza lisergica, una raccolta di pensieri più o meno sconnessi ma intimamente legati dalla considerazione di base secondo cui lo stato esercita sul cittadino un controllo telepatico, un giogo psicofisico analogo alla dipendenza dalle sostanze psicoattive. La critica della società a stelle e strisce, dunque, per quanto espressa con sfumature non in linea con il pacifismo sorridente che avrebbe caratterizzato lo stile dei suoi amici beat negli anni Sessanta rendendoli icone della controcultura, è comunque indiscutibile. Devo confessare che, quando provai a leggerlo, non riuscii a finirlo e avvertii un fastidioso senso di inadeguatezza nell’impossibilità di afferrare il senso completo dell’opera, ovvero dove Burroughs intendesse andare a parare. Considerato l’incredibile talento visionario di quest’uomo e l’amplificazione chimica a cui venivano sottoposte le sue idee di per sé sopra le righe, non è difficile immaginare come mai un lettore poco più che adolescente quale ero al tempo si fosse trovato del tutto spiazzato. D’altro canto, i temi trattati da II pasto nudo e la sua crudezza valsero a Burroughs critiche aspre e pure processi per oscenità. Date un’occhiata al l’appendice del romanzo, un elenco delle principali droghe esistenti e dei loro effetti e modi d’uso.
Naturalmente, Burroughs scrisse e fece molte altre cose. Malgrado fossero in molti e prevedere una sua morte prematura, considerati i suoi pericolosi comportamenti, William Burroughs morì a ottantatre anni nella sua casa del Kansas, 1997, per un attacco di cuore. Fece in tempo a fare apparizioni-cameo in qualche film e pure videoclip (come Last night on earth degli U2, tratto dall’album Pop). Non a caso, Burroughs fu lungamente corteggiato da un certo rock underground, che in lui trovò un punto di riferimento a cavallo tra l’algido intellettualismo e la follia più trasgressiva. Numerose sono le foto che lo ritraggono in compagnia di Patti Smith, Tom Waits, David Bowie, Frank Zappa, Joe Strummer, Jimmy Page (che gli concesse una lunga intervista per la rivista alternativa Crawdaddy).
Una figura eclettica, si diceva, al punto da dedicarsi pure alla pittura, soprattutto con i suoi quadri più famosi, la serie dei cosiddetti «shotgun», ovvero tele imbrattate da schizzi resi ancor più imperfetti da vere e proprie fucilate. Verrebbe da dire: ci risiamo con l’ossessione personale e pure molto americana per le armi da fuoco. Ma non è una sorpresa. Persino una figura iconica della controcultura americana e del movimento hippie come David Crosby non si separa mai da revolver e fucili. Insomma, mai fidarsi dell’aria compassata di un intellettuale statunitense.