Andrea Selva, la Repubblica 5/2/2014, 5 febbraio 2014
IL CERVO PRIGIONIERO DELLA NEVE CHE COMMUOVE LE DOLOMITI “SALVATO DA UN CACCIATORE”
Un cervo maestoso, quasi sepolto dalla neve, che invoca aiuto con gli occhi davanti a un gruppo di case di montagna dove si è spinto stremato dall’inverno. Può capitare anche questo nei giorni della grande nevicata, quando fanno notizia le valanghe, i passi chiusi, i black out e i tetti sovraccarichi di neve ma nei boschi imbiancati migliaia di animali selvatici lottano per la sopravvivenza. Siamo a Livinallongo (Belluno) paese sommerso da due metri di neve, dove ieri mattina una valanga si è fermata proprio davanti alla porta della farmacia. Emil Crepaz sta spalando la neve, anche il padre è sul tetto con la pala, dal bosco spunta un cervo che, vincendo l’istinto che gli consiglierebbe di rifugiarsi altrove, si spinge a pochi metri dalle abitazioni: «Avanzava a balzi, sempre più stanco. Tra un salto e l’altro si fermava nella neve a risposare. Il nostro vicino di casa, che è un cacciatore di buon cuore, ha portato un mucchio di fieno poco distante, ma il cervo è rimasto immobile finché è sceso il buio. L’abbiamo rivisto la mattina successiva mangiare i frutti di un sorbo. Sembrava in forma migliore, quindi è scomparso nel bosco dove il cacciatore, con le ciaspole ai piedi, porta ancora bucce di frutta e verdura ».
Un incontro documentato da una fotografia scattata dal giovane studente che sta commuovendo i social network. Potrebbe sembrare una “strana alleanza” quella tra cacciatori e animali selvatici. Eppure il foraggiamento (di questo si tratta) ha una grande tradizione nella cultura venatoria mitteleuropea perché mantiene numerose (e concentrate) le comunità di cervi e caprioli.
Ma per un cervo sfamato dal cacciatore, ce ne sono migliaia affamati sui versanti innevati. E sono migliaia gli animali condannati a morte da questo inverno particolarmente rigido. Nel 2008-2009 furono circa 1.800 nella sola provincia di Trento i cervi vittime della neve che aveva ricoperto le montagne. Va un po’ meglio per i camosci, che vivono alle quote più elevate, dove il vento spazza i versanti e si può trovare qualche arbusto quando una valanga scarica la neve a valle. Ma alle quote più basse, il regno di cervi e caprioli, la vita è dura e ogni spostamento alla ricerca di cibo richiede grandi energie. Così è frequente, per chi abita nei fondovalle, trovare al mattino le impronte degli ungulati che si spingono fino ai giardini delle abitazioni alla ricerca di cibo.
Eppure il foraggiamento — richiesto negli ultimi giorni anche dai cacciatori e da alcuni sindaci bellunesi allarmati per i rischi della fauna selvatica — non piace ai responsabili di parchi e foreste. La Provincia di Trento — ad esempio — ha varato un regolamento piuttosto restrittivo per i cacciatori che intendono portare il fieno agli animali: «Si tratta di una pratica che deve essere programmata per tempo, già in autunno, anche perché intervenire quando gli animali sono stremati, con il fisico ormai provato, può rivelarsi inutile » dice Maurizio Zanin, direttore del servizio foreste di Trento che annuncia un censimento a fine stagione. Se le comunità di ungulati risulteranno molto ridotte, verranno ridotti anche gli esemplari da cacciare. Nel Parco naturale di Paneveggio (ai confini tra Veneto e Trentino, attorno alle Pale di San Martino) il foraggiamento è addirittura vietato: «Capisco che possa sembrare crudele — spiega il direttore Vittorio Ducoli — ma questa è la natura. Al di là del singolo cervo che si avvicina alle case, non possiamo che prendere atto che l’inverno sta svolgendo la sua funzione: selezionare la specie e stabilire qual è il numero massimo di esemplari che possono vivere in un determinato territorio».
Lasciare fare alla natura o soccorrere gli animali? Il tema fa discutere. Ma se abitate in montagna e lasciate sulla neve le bucce della frutta potete stare tranquilli: nessuno vi farà mai la multa.