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 2014  febbraio 05 Mercoledì calendario

NADELLA, L’UOMO DELLE NUVOLE UN INDIANO ALLA GUIDA DI MICROSOFT


Sono meno dell’1% della popolazione americana eppure gli indiani scalano i vertici del capitalismo americano, dilagano al comando delle maggiori aziende. La Microsoft ieri ha confermato la nomina di uno di loro, Satya Nadella, come nuovo chief executive. L’incarico che fu di Bill Gates e Steve Ballmer, ora va ad un ex allievo del liceo statale di Hyderabad nello Stato dell’Andhra Pradesh. A 46 anni, Satya Nadella è già un veterano della Microsoft, cominciò a lavorarci nel 1992, mentre frequentava il Master della Business School di Chicago con un pendolarismo da supermaratoneta (andava a Chicago quasi ogni weekend, 4 ore di volo dal quartier generale Microsoft vicino a Seattle). Nell’ufficializzare la sua nomina, Gates ha anche confermato quanto da noi anticipato la settimana scorsa: non farà più il presidente, anche se l’assenza di un incarico formale non gli impedirà di dare consigli sulla futura strategia dei prodotti Microsoft.
Gli elogi del fondatore e principale azionista verso il nuovo chief executive indiano sono stati generosi: «In quest’epoca di grandi trasformazioni — ha detto Gates — nessuno può guidare Microsoft meglio di Satya Nadella. E’ un vero leader, con una solida competenza da ingegnere». La novità è anche una sorta di ritorno al passato. L’ultimo chief executive della Microsoft, Steve Ballmer, era un manager puro, cioè con competenze di finanza, amministrazione e marketing. Con il 46enne indiano si torna alle origini, perché Gates era stato un programmatore di software. Nadella di recente aveva diretto all’interno dell’azienda la divisione del “cloud computing”, uno dei servizi in maggiore crescita poiché è quello che consente ai clienti di immagazzinare i propri dati in memorie centrali esterne. E’ un settore dove Nadella ha dovuto imparare a rincorrere un rivale assai vicino, la Amazon anch’essa basata a Seattle, che sulla tecnologia della “nuvola” era partita in vantaggio.
Nadella ora è il capo di un colosso di centomila dipendenti, che pur avendo perso “glamour” e capacità innovativa rispetto ai rivali Apple e Google, resta tuttavia una delle più grandi società americane per capitalizzazione di Borsa. La notizia della sua nomina ha scatenato l’entusiasmo nella sua città natale, Hyderabad. «E’ rimasto uno di noi, molto legato alle origini — racconta l’amministratore del liceo statale di Hyderabad, Faiz Khan — e tornò qui nel 2009 per incontrare i suoi compagni di liceo, in occasione delle celebrazioni per il 25esimo anniversario della scuola». Indiano doc, Nadella lo è anche nella scelta di hobby e passioni: il cricket e la poesia. Da notare che l’università dove studiò ingegneria, la Manipal University di Mangalore nel Karnataka, non è neppure uno dei super-politecnici di élite indiani, nel suo paese è considerata un’istituzione di medio livello.
Nadella si unisce a una folta schiera di suoi connazionali che occupano posti di potere nel capitalismo Usa. Contando solo i chief executive, i numeri uno, tra i più celebri ci sono Indra Nooyi alla guida della Pepsi Cola; Shantanu Narayen di Adobe Systems; Francisco D’Souza di Cognizant Technology Solutions; Sanjay Mehrota di SanDisk; Ravichandra Saligram di OfficeMax; Dinesh Paliwal di Harman International Industries. A Wall Street fino a poco tempo fa la Citigroup era guidata dall’indiano Vikram Pandit. E la penetrazione degli indiani nel mondo della finanza è così avanzata che uno dei più grossi scandali di insider trading, quello del fondo Galleon, ha visto due indiani nei ruoli opposti del magistrato inquirente (il procuratore capo di Manhattan, Preet Bharara) e del principale condannato, il gestore del fondo Raj Rajaratnam. Solo nella Silicon Valley, le start-up tecnologiche fondate da imprenditori indiani sfiorano il 15% del totale.