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 2014  febbraio 05 Mercoledì calendario

L’INVASIONE DELLE MOSCHE


Arienzo, comune della provincia di Caserta, immerso nello splendore naturale della valle di Sessuola, ricca di vigne e frutteti, è sotto attacco. «Cosa si può fare contro queste maledette mosche?» si chiedono disarmati i cittadini, in particolare quelli residenti nella zona più infestata, comprendente le contrade Fontanavecchia, Costa e Signorindico. Mosche d’inver no? Con questo freddo? Sì, sciami agguerritissimi, che si posano ovunque, penetrano nelle case lacerando le zanzariere, «anche adesso che è inverno e la temperatura è bassa, si azzeccano addosso come pulci e non c’è verso di scacciarle via», ha riferito un cittadino a un inviato del quotidiano online Lettera 43. Mosche definite «voraci», «assatanate», addirittura «invincibili » perché proliferate da un ceppo sopravvissuto alle recenti disinfestazioni, peraltro in parte neutralizzate dalle abbondanti piogge, e per questo straordinariamente resistenti al DDT che viene irrorato nell’aria come la contraerea contro i bombardieri nemici.
La metafora militaresca non è tanto peregrina: Arienzo è sotto assedio, il comune, guidato dal sindaco Giuseppe Medici, ha convocato per il 13 febbraio la “Conferenza dei Servizi Permanente” (sic) per «discutere dell’emergenza infestazione da mosche al fine di evitare spiacevoli manifestazioni da parte dei cittadini, esasperati dalla massiccia e fastidiosa presenza di mosche nelle loro abitazioni». Cittadini che già hanno protestato davanti al comune con cartelli eloquenti: “Un paese civile è un paese senza mosche”. O almeno, un paese in cui la mattina non prendi il caffè corretto alle mosche, accompagnato da pane burro emosche. Ma persino la Conferenza che dovrebbe risolvere il problema, con la convocazione dei responsabili dell’Asl di Caserta, dell’Arpac, del dipartimento ambiente della regione Campania, pure quella potrebbe saltare perché, come dice un assessore, si terrà solo «mosche permettendo, perché se quelle bestiacce entreranno a sciami anche in aula, come sta accadendo in paese, non sarà possibile tenere alcuna riunione: bisognerà solo scappar via a gambe levate».
Gli abitanti delle contrade invase dalle mosche sono così esasperati che pensano di lasciare il paese. Non riescono a fare le cose più semplici, sempre assillati dal ronzio delle migliaia di insetti, dall’alba al tramonto: «È quasi impossibile aprire le porte o spiragli di finestre: siamo condannati a restare 24 ore al buio, con le serrande abbassate e il fiato sospeso come col coprifuoco». Un negoziante lancia il suo grido di dolore: «Chi volete che compri il pane, la carne o venga a bere un caffè e a mangiare una pizza da queste parti se, appena ci si siede, si viene assaliti da migliaia di mosche fameliche che tolgono il respiro?».
A quattro mesi dall’elezione del nuovo sindaco, la piaga delle mosche è diventata materia di battaglia politica. Un consigliere comunale d’opposizione, Davide Guida, leader della protesta anti-mosche, dice che la colpa dell’invasione è tutta dell’allevamento di galline ovaiole “Falco” a ridosso delle contrade infestate, e sollecita il sindaco a controllare le condizioni dello stabilimento. Il sindaco ribatte che le galline non c’entrano niente, l’allevamento ha tutte le autorizzazioni di legge, e gli stessi allevatori si discolpano, spiegando che i loro tecnici dicono che, semmai, gli escrementi di gallina attirano le mosche, non le distribuiscono nell’abitato, quindi, in realtà, l’allevamento dovrebbe essere una specie di esca per le mosche, non un centro di smistamento. A loro volta gli allevatori dicono che la protesta è agli ordini degli speculatori che vorrebbero chiudere il loro allevamento di galline, deprezzare il territorio per poi acquistarlo a un tozzo di pane e costruire (una volta ottenuta l’edificabilità, che per ora non è consentita) ameni villini e palazzine da rivendere con ampi margini di guadagno. Insomma secondo questo scenario le mosche sarebbero proprio le “mosche del capitale”, come recita il titolo di un romanzo di Paolo Volponi, voraci insetti utilizzati per desertificare un territorio e poi spartirselo. La segreteria del sindaco, raggiunta telefonicamente, ci ha sbrigativamente rassicurato che «la situazione è sotto controllo», e che «è un fenomeno contingente, che ogni tanto accade» (quando si dice la logica) e che non c’è nessun problema a andare a comprare il pane o a bere un caffè al bar. E in effetti non si sentivano, in sottofondo, ronzii sospetti. E anche una simpatica signora dell’ufficio tecnico del comune ci ha tranquillizzato: «A casa mosche non ne tengo». Ma allora perché la convocazione in fretta e furia della “Conferenza dei Servizi Permanente” con le autorità sanitarie e ambientali di tutta la Campania? Bizzarria della natura, speculazione edilizia, colpa delle galline ovaiole, manovre politiche, isteria di massa, qual è la spiegazione? Intanto si aspetta anche l’arrivo del Signore delle Mosche, un fantomatico esperto anti-mosche, una specie di luminare in materia che potrebbe liberare Arienzo dall’invasione. Siamo curiosi di vedere quali metodi adotterà, visto che tutti gli altri hanno fallito. Forse è solo un uomo munito di uno scacciamosche gigante.