Aldo Grasso, Corriere della Sera 5/2/2014, 5 febbraio 2014
IL BOSS DEI MATRIMONI E IL REALITY NELLA VITA
Il programma che in questo momento mi diverte di più è «Il boss delle cerimonie», il docu-reality che Real Time trasmette il venerdì sera. Il programma è dedicato ai cosiddetti matrimoni «alla napoletana» che hanno offeso la sensibilità di alcuni. Avete presente la scena iniziale del film «Reality» di Matteo Garrone dove si celebra un matrimonio? Non era un’invenzione.
La location è il famoso «castello» «La Sonrisa» di Sant’Antonio Abate: un trionfo del kitsch, di sale finto-barocco, di arredi sfarzosi, di fuochi d’artificio, di giochi d’acqua, di balli, di serenate, di cantanti neomelodici, persino di elicotteri. Pare che in quel «castello» si celebrino un numero elevato di matrimoni, una sorta di gara a chi stupisce di più gli invitati.
Il divertimento non consiste nell’analizzare uno «spaccato» di vita napoletana, nel fare della facile sociologia, nell’irridere la pacchianeria del tutto. Questa Disneyland del matrimonio sorprende proprio per la nozione stessa di reality. Che non è solo un’invenzione televisiva, un genere; è un’interpretazione della realtà, un modo d’intendere la vita, l’enfasi con cui si fanno le cose.
Il copione è sempre lo stesso: a dominare la scena c’è immancabilmente la madre della sposa che vuole avere l’ultima parola su tutto. Il padre si rassegna a svolgere la funzione dell’ufficiale pagatore e gli sposi vivono il tutto tra la fiaba e l’affermazione sociale. Adesso è venuta fuori una storia che riguarda il gestore e proprietario del «castello», il boss delle cerimonie. Antonio Polese è stato condannato a 2 anni e mezzo di carcere negli anni 80 per favoreggiamento, sono scoppiate polemiche e ci sono persino interrogazioni parlamentari circa un matrimonio tra figli di boss.
Sarà compito della magistratura fare luce su questi episodi. Resta il fatto che il reality è nella vita, prima ancora che in televisione.