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 2014  febbraio 05 Mercoledì calendario

QUEI NOVE BACINI MAI REALIZZATI LA SICUREZZA AFFIDATA AGLI SMS


Cifre da applauso. Per il solo Bacchiglione, che un anno sì e l’altro pure manda nel panico il centro di Vicenza (se va bene) e sotto l’acqua case e campagne di paesi vicini e lontani, i dossier della Regione guidata dal governatore leghista Luca Zaia mettono nero su bianco la seguente risorsa: 972.474.000 euro. Quasi un miliardo. Che diventano addirittura due se si allarga lo sguardo agli interventi destinati alla sicurezza dei corsi d’acqua in tutto il Veneto. Solo sulla carta, però. Perché in realtà, vuoi per la crisi, vuoi per i legacci del patto di Stabilità, vuoi perché spesso le priorità sono a dir poco elastiche o perché ci si mette la palude della burocrazia, alla fine di tutto questo ben di Dio solo una parte arriva sul territorio. Sarebbe ingiusto dire che nulla è stato fatto tra il 2010 — quando acqua e fango misero in ginocchio 500 mila persone, provocando 3 morti, due miliardi di danni, 3500 aziende in tilt e 6 mila sfollati — e ciò che sta avvenendo in queste ore. «Sul Bacchiglione — spiega l’assessore regionale all’Ambiente, il leghista Maurizio Conte — sono stati effettuati importanti lavori di manutenzione, rinforzo e innalzamento degli argini». Non a caso, «la piena di queste ore, in certi punti superiore a quella di 4 anni fa, non ha causato gli stessi danni». Detto ciò, l’assessore è il primo a riconoscere che di interventi strutturali, capaci cioè di incidere in maniera definitiva sulla tutela dell’ambiente, non ne sono stati fatti. Progettati, certo. In alcuni casi anche parzialmente finanziati, ma ancora nulla di operativo.
Ognuno ha i suoi miraggi. Quelli dei vicentini, ma anche di buona parte degli abitanti del Veneto, si chiamano bacini di laminazione o casse d’espansione: opere idrauliche in grado di ridurre la portata di un corso d’acqua durante le piene. A Vicenza lo sanno anche i sassi: il benedetto giorno che verrà inaugurato l’invaso di Caldogno la città sarà praticamente al sicuro dalle acque del Bacchiglione. Se ne parlava nel 2010, quando le botteghe del centro storico parevano piscine e 2000 auto andarono distrutte. Se ne parla da almeno 20 anni. E ora? «Entro due anni, nell’ottobre 2015, il bacino di Caldogno sarà operativo e sarà il primo dopo almeno 80 anni...». Costo: 46 milioni. Un’altra cassa d’espansione, a Trissino (per una spesa di 26 milioni), sarà funzionante nel dicembre 2015. Per gli altri si prospettano tempi, se non biblici, quasi. Di tre bacini progettati nel Veronese e nel Trevigiano vi è un parziale finanziamento. Per altri 4 siamo ancora alla progettazione. Il piatto piange. Anche ieri il governatore Zaia ha chiesto al governo «un piano nazionale declinato per Regioni»: che nel caso del Veneto equivale a quei 2 miliardi di euro che consentirebbero di passare dalle parole ai fatti. Ma prima bisogna vincere con Roma la battaglia sui limiti del patto di Stabilità: auguri.
Intanto Vicenza e il suo sindaco Achille Variati hanno ieri constatato che gli interventi di manutenzione realizzati in questi 3 anni a qualcosa sono serviti: «Vaste zone che in passato hanno subito allagamenti, stavolta sono state risparmiate». Detto brutalmente, le pezze hanno tenuto. Meglio di niente. Qualche esempio: se nel 2010 le acque del Bacchiglione provocavano allagamenti una volta arrivate a quota 4 metri e mezzo, adesso, alzati gli argini, la soglia di rischio è oltre i 6 metri. Così come importante è il sistema di valvole che, in caso di piena, isola le fognature evitando che il fiume le faccia saltare. In tre anni sono stati spesi sui 30 milioni. Ma è soprattutto l’arte della prevenzione che i vicentini hanno affinato. L’annuncio della piena viene diramato via sms a migliaia di cittadini. Poi parte l’ululato delle sirene. Uno staff di meteorologi si installa in Comune, mentre i pluviometri misurano la quantità di pioggia e gli idrometri il livello dei fiumi. «Se non altro, il Bacchiglione non ci prenderà più di sorpresa...». Come nel 2010.