Gian Antonio Orighi, La Stampa 5/2/2014, 5 febbraio 2014
IN VENDITA 85 MIRÒ PER RIDURRE IL DEBITO IL PORTOGALLO INSORGE
Persino Ionesco strabuzzerebbe gli occhi: solo i dubbi legali della celebre casa d’aste londinese Christie’s hanno fermato all’ultimo momento la più vergognosa svendita culturale dello Stato portoghese, quella di 85 opere del geniale pittore surrealista spagnolo Joan Mirò. Le tele appartenevano al fallito (poi nazionalizzato e rivenduto) Banco Portugues de Negocios che ha lasciato un buco da 1,8 miliardi nei conti dello Stato.
La grottesca storia nasce nel 2006, quando il Bpn acquisisce il lotto di quadri, disegni, gouaches dal milionario giapponese Kazumasa Katsuta, il più importante collezionista al mondo di Mirò, che a sua volta li aveva acquistati dalla vedova di Matisse. Prezzo: 34 milioni di euro. Il Bpn comprò i tesori che attraversano tutta la vita artistica del maestro solo per puro investimento finanziario. Tanto che da allora, incredibile ma vero, non li hai mai esposti in pubblico. Nel 2008 la banca ha un buco stimato sui 7 miliardi di euro e il governo dell’allora premier socialista José Sócrates la nazionalizza. I capolavori diventano statali ma finiscono nei forzieri della statale Caixa Geral de Depósitos. Nel 2011, il Portogallo chiede alla troika (Ue, Bce, Fmi) un salvataggio di 78 miliardi di euro. Una delle condizioni del prestito, costato lacrime e sangue, è privatizzare il privatizzabile. Il Bpn viene dunque venduto, ma allo Stato rimangono i debiti e le opere di Mirò. Quest’anno, Coelho ha deciso di venderle.
Le proteste sono scoppiate subito, furibonde. Protestano i partiti d’opposizione, ma anche gli artisti e i critici d’arte. Ma né la petizione che ha raccolto oltre diecimila firme, né lezioni legali intraprese da alcuni deputati erano riusciti a bloccare la vendita. Quella che pareva fosse l’ultima puntata è arrivata ieri: il Tribunale amministrativo di Lisbona ha respinto la richiesta di sospensione della messa all’asta formulata dalla Procura. L’Alta Corte ha rigettato l’istanza socialista perché le opere non sono del governo, ma di due società del ministero delle Finanze, Parvalorem e Parups, create per vendere ciò che è rimasto del Bpn. «I conservatori usano la cultura come spazzatura - tuona la socialista Gabriela Cavanillas, ex ministro della Cultura -. Lo Stato non può fare business con l’arte come fosse un banchiere». Intanto comincia a circolare la cifra che Lisbona incasserebbe: «Appena» 35 milioni, quando nel 2007 Christie’s valutava il lotto in 80 milioni.
In serata l’epilogo, che apre una guerra che, tra corsi e ricorsi, durerà mesi. Christie’s annuncia: «Le incertezze legali in Portogallo non ci permettono di offrire con totale sicurezza la vendita di queste opere». Tutto da rifare, insomma, ma è il gallerista Carlos Cabral Nunes che sottolinea il problema: «D’ora in poi qualsiasi governo potrà svendere il patrimonio culturale a cambio di denaro e le collezioni d’arte passeranno ad essere asset finanziari. Un precedente pericolosissimo».