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 2014  febbraio 05 Mercoledì calendario

ASCESA E DECLINO DELLA SIGARETTA ELETTRONICA IN ITALIA


Dire che il fenomeno è evaporato in fretta è fin troppo facile. Ma a volerla sintetizzare così, la breve parabola delle sigarette elettroniche in Italia, la metafora calza eccome. La moda dello «svapo» è passata di qua per un periodo, qualche mese tra fine 2012 e inizio 2013. Poi si è dissolto l’effetto novità, sono arrivati (e spariti) i divieti per treni, teatri e altri luoghi pubblici, soprattutto è entrata in vigore la stangata della tassazione al 58,5 %.
Il fumo hi-tech si è trovato equiparato a quello tradizionale e, forse per questo, più di qualcuno è tornato alle vecchie e più analogiche abitudini. Il fenomeno di costume si è insomma esaurito e quello che ne resta sono le polemiche e i ricorsi al Tar, i negozi spuntati come funghi che si ritrovano già in difficoltà e in qualche caso hanno già chiuso, un distretto di produttori inferociti per la nuova tassazione e pure a rischio crisi.
Il prossimo capitolo sarà oggi, quando il Tar del Lazio si esprimerà proprio sulla maxi-tassa di consumo al 58,5 %: quella che sembrava dovesse essere rinviata a luglio, grazie al decreto «milleproroghe», e che invece è rimasta. Un prelievo che viene per altro applicato a tutte le parti delle e-cig: svapatori, cartucce, alimentatori e pezzi di ricambio. L’attesa per la decisione è alta, soprattutto da parte delle associazioni di categoria, Anafe (produttori) e Fiesel (negozi). Il 21 gennaio, infatti, il Tar ha già accolto un loro ricorso, quello contro il sistema di adempimenti burocratici richiesti alle aziende dello svapo per avere l’autorizzazione dei Monopoli di Stato. Motivo: agli operatori era stato dato troppo poco tempo – un mese e mezzo – per adeguarsi.
Così, per il settore è ancora viva la speranza di veder cancellato l’aumento fiscale e poter rilanciare anche la moda svapatoria. Allo stesso tempo c’è da fare i conti con un 2013 nero. «Nel 2012 erano 6 mila i negozi operativi, ora circa il 60% ha chiuso i battenti», ha spiegato a dicembre il presidente di Anafe-Confindustria, Massimiliano Mancini. «Si è ridotto del 50% anche il fatturato legato alla sigaretta elettronica, che nel 2012 era stato circa 350 milioni di euro. Se qualcosa non cambia, la situazione non può che peggiorare».
Il problema, com’è ovvio, è anche occupazionale. E la colpa, per le associazioni di categoria, è delle lobby del tabacco, indicate come ispiratrici occulte di regole e balzelli. Vero o no, c’è il dubbio che il mercato italiano sia stato sopravvalutato. Nel momento d’oro delle e-cig l’Anafe quantificava gli svapatori della Penisola in un milione e mezzo: uno ogni 7 fumatori. In realtà, i dati provenivano da una ricerca di mercato condotta dagli stessi esercenti e senza base statistica. A smentire quei numeri è arrivata l’indagine Doxa 2013, che a maggio - ancora in pieno boom - indicava i consumatori abituali di sigarette elettroniche nell’1 % degli italiani adulti: circa 510mila persone.
Insomma, non è scontato che - anche senza tasse e divieti - la sigaretta hi-tech prenda a volare o che la domanda si metta ai livelli di un’offerta vastissima. Proprio la ricchezza di marche, sapori e composizioni ha alimentato una certa confusione. Dato per scontato che, senza i componenti cancerogeni delle sigarette tradizionali, quelle elettroniche non causano tumori, chi dice che non siano dannose in altro modo? È la domanda che in molti si sono fatti e che per ora, proprio perché le ricette dei liquidi sono infinite, è rimasta senza risposta.
Più di uno studio ha invece indicato la bontà delle e-cig come strumento per accompagnare chi vuole smettere. A patto che siano «tobacco free», senza nicotina a prolungare la dipendenza. È la linea più volte ribadita dall’oncologo Umberto Veronesi e sperimentata con successo in alcuni test clinici all’Ieo di Milano. Così, il futuro delle sigarette elettroniche potrebbe essere soprattutto in questo campo, nell’uso terapeutico della versione senza nicotina, magari da vendere in farmacia.