Guido Ruotolo, La Stampa 5/2/2014, 5 febbraio 2014
IN UN ANNO 340 MILA TRASFERIMENTI LA SOLUZIONE? LE VIDEOCONFERENZE
Era il 16 giugno del 1982 quando bloccarono la Mercedes sulla circonvallazione di Palermo. E aprirono il fuoco. Furono trucidati tre carabinieri e l’autista civile, oltre il bersaglio della spedizione di morte, il boss catanese Alfio Ferlito che dal carcere di Enna doveva trasferirsi a quello di Trapani. Spedizione di morte voluta dal boss Nitto Santapaola.
Preistoria. Qualche anno dopo, l’inizio della stagione della controffensiva dello Stato. Loro, ed erano i primi, arrivavano con il cappuccio di lana abbassato sul viso. Con uomini «blindati» che li proteggevano a «testuggine». Nelle aule bunker sfidavano l’ira, la collera dei boss mafiosi. Seduti e magari isolati da paraventi rispondevano alle domande dei pm e degli avvocati. Erano i Tommaso Buscetta che nel secolo scorso diedero un duro colpo alla mafia. Però i loro trasferimenti dalle carceri, dalle località protette erano sempre un azzardo, un rischio. E un dispendio di forze, risorse, energie.
Finalmente il 7 gennaio del 1998 il Parlamento approvò in via definitiva l’articolo 147 bis del Codice di procedura penale, che disciplinava l’esame a distanza delle persone che collaboravano con la giustizia. Poi quella disposizione di legge fu applicata anche agli imputati, ai detenuti al 41 bis – oggi si sono ridotti a 709 i detenuti al 41 bis ospitati in 13 strutture carcerarie –, ai mafiosi, ai trafficanti di droga. E il servizio traduzioni detenuti fu assegnato soltanto al personale della polizia penitenziaria.
Tre febbraio del 2014, l’altro ieri. Gallarate. Domenico Cutrì, ergastolano per un omicidio passionale, doveva partecipare all’udienza di un processo per truffa e falso. Era detenuto nel carcere di Saluzzo ma un’informativa della polizia penitenziaria aveva segnalato che Cutrì (insieme ad altri detenuti) stava progettando l’evasione. Perciò l’ergastolano viene trasferito nel supercarcere di Cuneo, e la sua scorta per la traduzione rafforzata, da due a tre agenti della penitenziaria più l’autista.
Il segretario del Pd, Matteo Renzi, plaude alla proposta del procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, che segnala che se le videoconferenze fossero estese anche ai detenuti «di alta sicurezza» la scena da Far West dell’altro pomeriggio a Gallarate, ce la saremmo risparmiata.
Volendo, effettivamente, il rischio dei conflitti a fuoco e delle evasioni potrebbe ridursi ulteriormente se si estendesse l’applicazione dell’esame a distanza degli imputati-testimoni detenuti ad altre tipologie di imputati.
Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria fornisce alcuni dati molto significativi. Prendiamo il 2013 (il trend dei dati rispetto agli anni precedenti è di decrescita). I detenuti reclusi sono 62.536. Sono 170.108 le traduzioni. Naturalmente ogni traduzione può contemplare diversi trasferimenti. E infatti i detenuti tradotti risultano essere 340.719.
Un altro numero significativo. Sono circa quattromila gli agenti della Penitenziaria (totale organico 39.000 uomini) impegnanti nelle traduzioni dei detenuti. Nel 2013, il numero complessivo del personale impegnato nella traduzione dei 340.719 detenuti (ogni detenuto in media viene trasferito circa 6 volte in un anno) ammonta a 710.576 unità.
Il turismo giudiziario, non c’è che dire, è un settore che va ancora forte. Dei 340.719 detenuti tradotti l’anno scorso, quasi duecentomila (197.861) hanno «viaggiato» per motivi di giustizia (per partecipare a un’udienza o a un interrogatorio, per esempio), 84.922 invece sono stati trasferiti per motivi sanitari.
A proposito dei motivi sanitari, ecco un aneddoto raccontato da chi vive la realtà carceraria. «L’autolesionismo è un fenomeno molto presente tra i detenuti. Una forma di protesta, uno strumento per essere ricoverati in strutture sanitarie, un’opportunità per tentare di evadere. Negli Anni Settanta il direttore di Gorgona di fronte alla moltiplicazione degli atti di autolesionismo, pensò di disincentivarli dichiarando danno erariale ogni punto di sutura. Succedeva così che tra medico e detenuto si aprisse una trattativa sui generis sul numero di punti di sutura da applicare...».
Altri tempi. Gli esperti del Dap sono convinti che volendo si possa ridurre il numero dei detenuti trasferiti per motivi sanitari. Un dato significativo: nei primi sei mesi del 2013 solo 4.733 detenuti sono stati trasferiti per una urgenza sanitaria, 36.119 invece sono usciti dal carcere per visite programmate, per analisi, tac, radiografie, visite specialistiche. Dunque, si potrebbe pianificare un tour di strutture mobili specialistiche (come i camper, che esistono) che vanno nelle strutture detentive.
Si tratta di razionalizzare e sfruttare tutte le opportunità. Chi lavora nel mondo carcerario, rileva per esempio che grazie alla legge Severino che prevede che l’arrestato in attesa della direttissima venga trattenuto nelle sedi delle forze di polizia che hanno proceduto al suo fermo, l’incidenza dei trasferimenti dei detenuti per la convalida del provvedimento cautelare è sceso dal 27% del 2007 al 6% (20.368) del 2013.