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 2014  febbraio 05 Mercoledì calendario

PENSIONI, EFFETTO FORNERO NUOVI ASSEGNI GIÙ DEL 43%


Alla fine è tutta questione di numeri. Ci sono quelli positivi: riguardano il crollo dei nuovi trattamenti di anzianità. Che per effetto della riforma Fornero si sono drasticamente ridotti nel 2013. Del 43%, per la precisione, con 649.621 nuove pensioni liquidate rispetto agli 1,1 milioni di assegni corrisposti dall’Inps nel corso del 2012. Nel 2014 il calo dovrebbe arrivare al 50,8 (sempre nei confrotni del 2012, ultimo anno prima della riforma). Cifre evidenziate dal confronto tra i dati «assestati» del 2013 riportati nel bilancio preventivo 2014, e il bilancio sociale dell’istituto previdenziale per il 2012. Ma, restando ai numeri, ci sono anche quelli negativi. E riguardano il buco di 4,5 miliardi che, per effetto di un risultato di esercizio negativo previsto per il 2014, si aprirà nel patrimonio dell’Inps. Quest’anno, la spesa pensionistica finanziata in via principale dai contributi versati da lavoratori e datori di lavoro, ammonterà a 243,4 miliardi di euro, con un incremento dell’1,1% rispetto al 2013. Stando al bilancio di previsione dell’Istituto nazionale di previdenza sociale, che arriverà a breve all’esame della Commissione di vigilanza, la spesa pensionistica complessiva, comprensiva anche dei trattamenti erogati per conto dello Stato (pensioni sociali e di invalidità civile), si assesterà sui 255,5 miliardi, pari al 15,94% del Pil. Percentuale più contenuta rispetto al 16,21% registrata nel 2013. Nel 2014, il numero delle nuove pensioni accolte e liquidate è stato stimato in 596.554, con una riduzione netta di 53.067 trattamenti (-8,2%) rispetto ai 649.621 assegni liquidati nel 2013. Nel dettaglio i nuovi trattamenti riguarderanno 193.235 pensioni di vecchiaia (+17,3% rispetto al 2013), 80.457 assegni di anzianità (-52,8%), 53.345 trattamenti di invalidità e inabilità (+2,9%) e 220.313 pensioni (tra indirette e di reversibilità) erogate ai coniugi superstiti (-1,4%).
Sempre nel 2014, tuttavia, l’Inps prevede un risultato di esercizio negativo di 11,9 miliardi di euro che farà crollare il patrimonio dell’Istituto dai 7,4 miliardi del 2013 ai -4,5 alla fine dell’anno in corso. Il dato, tuttavia, non tiene conto dell’intervento tecnico-contabile apportato dalla Legge di stabilità per neutralizzare la pregressa passività patrimoniale dell’(ex) Inpdap, pari a circa 25,2 miliardi. Nel bilancio di previsione dell’ente previdenziale si sottolinea, del resto, che a fronte del trasferimento definitivo delle anticipazioni concesse dallo Stato fino al 2011, pari a 25,2 miliardi dei quali 21,7 circa per anticipazioni di bilancio e 3,5 per anticipazioni di tesoreria previsto proprio dalla Legge di stabilità, il risultato economico di esercizio, nel 2014, passa da un disavanzo 11,9 miliardi ad un avanzo di esercizio di 13,2 miliardi. Un intervento grazie al quale il patrimonio netto risalirebbe a quota 20,6 miliardi dal -4,5 miliardi stimato prima dell’intervento della Legge di stabilità.
«Fino all’incorporazione dell’Inpdap nel 2012, nonostante la crisi economica iniziata nel 2008, il patrimonio netto dell’Inps presenta una sostanziale stabilità così come si rileva dai dati ufficiali dei bilanci consuntivi e preventivi dell’Istituto», spiegano dall’ente previdenziale. Patrimonio netto che, se tra il 2009 e il 2011 oscillava tra i 41,2 e i 43,5 miliardi di euro, ha iniziato a ridursi drasticamente dal 2012 (21,8 miliardi), proprio per effetto dell’incorporazione dell’Inpdap. Una contrazione di circa 20 miliardi «dovuta in parte al pregresso disavanzo patrimoniale dell’ente soppresso e in parte al disavanzo economico d’esercizio di due gestioni (sempre dell’Inpdap)»: la cassa pensioni dei dipendenti degli enti locali (Cpdel) e quella dei dipendenti dello Stato (Ctps). «La situazione di pregresso disavanzo patrimoniale», ha finito per ripercuotersi sull’ulteriore flessione del patrimonio netto dell’Inps registrata nel 2013 (7,4 miliardi) e sul crollo del 2014 (-4,5). Ragioni per le quali, precisano dall’Istituto, i dati relativi all’anno in corso e a quello precedente «non sono da considerarsi utili al confronto».

“SENZA LA RIFORMA IL SISTEMA OGGI RISCHIEREBBE IL CRAC” –

Il problema? Una delle due grandi galline dalle uova d’oro è morta». Metafora alla quale Giuliano Cazzola, economista, già deputato del Pdl, ricorre per spiegare cosa sta accadendo nei conti dell’Inps. «Le cui entrate derivano in sostanza da contributi e trasferimenti – spiega –. I primi sono strettamente legati all’andamento dell’occupazione e delle retribuzioni e in una situazione in cui le retribuzioni crescono poco e il numero degli occupati cala è normale che i conti ne risentano. Ma c’è un’altra questione».

Quella delle due galline dalle uova d’oro?
«Esatto. La gestione delle prestazioni temporanee (ammortizzatori sociali, famiglia, malattia e maternità) dalla quale scaturiva, mediamente un attivo di 6 miliardi l’anno. E la gestione dei parasubordinati che, avendo di fatto solo iscritti e non pagando ancora pensioni, produceva a sua volta saldi attivi per altri 6 miliardi, oggi arrivati ad 8. Totale: 12 miliardi per coprire i buchi delle gestioni pensionistiche».
Finché, tornando alla sua metafora, una delle due galline ha tirato le cuoia. Quale?
«I soldi degli ammortizzatori sociali sono stati spesi tutti. Quindi l’unica gallina che continua a fare qualche uovo è rimasta quella della gestione dei parasubordinati. Poi c’è stato l’ulteriore passaggio dell’unificazione Inps-Inpdap».
Effetti?
«Ha caricato l’Inps degli andamenti negativi di tipo strutturale del pubblico impiego. Senza contare il nodo del rapporto tra lo Stato e il pubblico impiego».
Provi a scioglierlo…
«Fino al 1995 le amministrazioni statali riscuotevano i contributi a carico del lavoratore e, al momento della quiescenza, erano le stesse amministrazioni a pagare la pensione. Le cose cambiano nel 1995 con la riforma Dini».
In che modo?
«Le pensioni del pubblico impiego vennero date in carico alla gestione, sottraendole alle amministrazioni. Caricando sullo Stato, tramite trasferimenti di bilancio, qualcosa come 14mila miliardi di vecchie lire l’anno. Fino alla Finanziaria del 2007, quando il governo Prodi per rispettare il parametro del 3% (nel rapporto deficit/Pil), trasformò i trasferimenti in questione (diventati 8 miliardi di euro), in anticipazioni. Risultato: da creditore, l’Inpdap divenne debitore dello Stato».
E la Legge di stabilità di quest’anno c’ha messo una pezza, giusto?
«Esatto, con questi 25 miliardi stanziati a favore del Super-Inps che dovrebbero compensare il disavanzo patrimoniale che si era creato nel frattempo in seguito a questo artificio finanziario».
Intanto si tirano le prime somme della riforma Fornero. Come li giudica?
«Positivi, perché ha dimezzato il numero delle pensioni: da 1,1 milioni, tra tutto il sistema pubblico e privato, a circa 650mila grazie alla riforma dell’anzianità e all’incremento dell’età pensionabile. Se non si fosse prodotto questo effetto è chiaro che oggi le cose sarebbero decisamente peggiori».