Oscar Grazioli, Il Giornale 5/2/2014, 5 febbraio 2014
ALTRO CHE ELEFANTINO FELICE DUMBO «SCHIAVO» NEL CIRCO
«L’elefante che non dovremmo mai dimenticare».
Così, titola il Telegraph in occasione dell’uscita del libro di John Sutherland, sul più famoso elefante mai esistito. Si tratta di Dumbo, il protagonista del film prodotto da Disney e uscito nel 1941 in USA (1948 in Italia).
Dumbo è l’elefantino dalle larghe orecchie, che gli permettono di volare, e dal cuore tenero e sensibile ridicolizzato da tutti, tranne che dal topo Timoteo, il suo unico amico. Nato nel 1860 nell’odierna Eritrea, Jumbo era uno scheletrico elefantino venduto a un serraglio di Parigi, dopo che la madre era stata uccisa. Lo troviamo poi allo Zoo di Londra, letteralmente coperto di piaghe, i piedi con ampi crateri infetti. La claustrofobia lo rendeva agitato e uno dei metodi adottati per quietarlo era una lunga lancia acuminata, conficcata nelle carni da custodi volonterosi. Naturalmente tutto questo accadeva ben lontano dagli occhi di chi pagava il biglietto per andarlo a vedere.
Per i giovani aristocratici inglesi, tra i quali Winston Churchill, Jumbo non era altro che un fraterno gigante cui dare leccornie e dal quale farsi trasportare sulla schiena a passeggio. Pochi visitatori si accorgevano che il suo temperamento placido non era altro che il riflesso di uno spirito spezzato e l’espressione dei suoi occhi non era indotta dall’amore, ma dal terrore. Quando la natura fece prorompere la sua sessualità, rendendolo poco maneggevole, i padroni decisero di venderlo per poche sterline. Il circo era la sua naturale destinazione.D’altronde erano gli anni in cui Joseph Merrick, meglio noto come L’Uomo Elefante, provocava brividi di orribile e morbosa attrazione nella popolazione che voleva vedere la sfigurante deformazione del suo cranio, pagando pochi centesimi per il biglietto.
Elefante gigantesco o uomo deforme, quale la differenza? Jumbo ebbe dunque un nuovo padrone, PT Barnum, showman americano e vero maestro di truffe che fiutò subito l’affare, forse volendo richiamare nello spettatore una liason tra l’elefante incavigliato e il negro incatenato e trasportato dalla sua madre terra oltre l’Atlantico.Incapace di eseguire gli esercizi imposti agli altri elefanti nel circo di Barnum & Bailey’s, viaggiava in continuazione su un grande camion pitturato per essere messo in mostra.
Per renderlo più docile i custodi gli somministravano generose dosi di alcol e, quando questo non funzionava,c’era la frusta. La sua immagine fu usata per vendere di tutto, dalle giarrettiere ai lassativi. Quando giunse la fine, fu crudele come la sua povera vita. Durante un trasporto in Canada, un treno piombò sui carri ancora sulle rotaie.
Chi era presente narra che Jumbo salvò la vita di un giovane elefante, prima di girare la sua grande testa contro l’impetuosa locomotiva in arrivo. Qualcuno disse anche che era ubriaco e qualcun altro suggerisce che si suicidò Neanche dopo morto Barnum ne risparmiò la dignità, ideando un Tour funerario per lucrare qualche dollaro, ma l’ignominia non era finita.
Quando il suo corpo andò distrutto, durante un incendio nel 1975 alla Tufts University, le ceneri vennero raccolte in un vaso di arachidi imburrate e tostate. L’intento dell’autore, attraverso la triste storia di Jumbo è di attirare l’attenzione del mondo su di un animale che stiamo colpevolmente perdendo, bramosi del suo avorio, un animale, capace di aiutare i fratelli malati, vegliare i morti e sognare.
Sognare di essere Dumbo, in un film di Disney e non in questa terra d’inferno.