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 2014  febbraio 05 Mercoledì calendario

DONNE IN VETRINA TRASCURATE


Le donne in vetrina sono in crisi, a Sankt Pauli il quartiere del peccato sul porto di Amburgo, e nel quartiere a luci rosse di Amsterdam. Naturalmente, e giustamente, non interessa a nessuno, ma è un piccolo segno dei tempi che passano. Per anni, la mia sede in Germania si trovava ad Amburgo, che è, in realtà, una città puritana, e confina il sesso in un ghetto, dove è tutto ammesso.
Si attraversa la strada, e dall’altra parte vi arrestano se osate rivolgere la parola a una passante nordica.
Ed era ed è la capitale della stampa tedesca. Ero l’unico giornalista italiano, afflitto da amici e colleghi che, in estate, giungevano dall’Italia. Colleghi conosciuti e sconosciuti e, non ricordando i nomi, al telefono dicevo di sì a tutti. Li invitavo a cena, ma nella vecchia Germania la cucina dei ristoranti chiudeva alle 21,30. Al dessert giungeva la fatidica domanda: «E adesso che cosa si può fare ad Amburgo?»
«Lo sapete benissimo, ditelo voi», rispondevo al tentativo di farmi passare per maniaco sessuale. Le signore erano più esplicite, e meno ipocrite. Volevano vedere St. Pauli. E le ragazze in vetrina. Solo che la Herbertstrasse era chiusa da due paratie su cui era scritto «Verboten», ai minorenni e alle donne. Ma le italiane se ne infischiavano, tanto gli insulti in tedesco non li capivano.
Le donne in vetrina erano l’élite della professione. Guadagnavano in media mille Deutsche Mark a sera, ed erano protette dal comune, non da un magnaccia. La loro regina era Domenica, dalle proporzioni giunoniche, e dal padre italiano. La invitavano agli appuntamenti ufficiali, appariva a fianco del sindaco, la ritraevano gli artisti, scriveva libri e girava film, e in pensione divenne assistente sociale per consigliare alle ragazze di non imitarla (Domenica è morta da qualche anno). Gli italiani, per finire, pretendevano di ordinare espressi ristretti nei locali di spogliarello, e si lamentavano (con me) perché erano pessimi. Dove mai li avevo condotti?
La rivoluzione sessuale, l’Aids, e ora il sesso virtuale sul web, hanno messo in crisi Sankt Pauli e, suppongo, gli altri ghetti peccaminosi d’Europa. I locali chiudono, i prezzi degli alloggi sono decuplicati, il quartiere è abitato da vip anseatici, i Palais d’Amour, che sarebbero i bordelli, qui legali e tollerati, si trasformano in ricoveri per gli immigrati. Le donne in vetrina passano il tempo a farsi fotografare dai turisti, anche se sarebbe vietato, ad Amburgo, come ad Amsterdam.
Gli olandesi, che sono pratici, hanno pensato alle professioniste in crisi. Ad Amsterdam hanno creato un «Prostitution Information Center», dove i turisti possono pagare un’ex donna in vetrina, ma solo per farsi raccontare gli aspetti del mestiere, quali sono i trucchi per stare ore immobili e sopportare i passanti guardoni. Si offre anche la possibilità di provare di persona: «Hai sempre voluto sapere che cosa si prova a sedere in una vetrina nel quartiere a luci rosse?» chiede la pubblicità di un workshop. La domanda non è rivolta solo alle signore, possono provare anche i loro accompagnatori, o i viaggiatori solitari. Il costo è di 65 euro per «un’esperienza unica, che dura circa un’ora». Non è obbligatorio spogliarsi, e naturalmente i rari clienti non sono previsti. Nel prezzo è compreso una foto ricordo e una consumazione. Ma non chiedete un caffè espresso ristretto. La pazienza delle colleghe di Frau Domenica non è illimitata.