Flavio Pompetti, Macro, il Messaggero 4/2/2014, 4 febbraio 2014
ALLEN: «LE ACCUSE? SOLO VECCHIE BUGIE»
IL CASO
NEW YORK
«È una vergogna che una menzogna architettata vent’anni da fa una ex amante in cerca di vendetta torni a galla dopo che è stata abbondantemente sviscerata e rifiutata da tanti esperti». Woody Allen lascia che siano i suoi legali a indirizzare verso l’ex moglie Mia Farrow le accuse di Dylan, la figlia adottiva dell’attrice che è tornata ad accusarlo di averla molestata quando lei aveva sette anni. Raggiunto dai giornalisti mentre assisteva con la sua nuova famiglia ad una partita di basket dei suoi amatissimi Knicks, Allen è rimasto muto, ma ha promesso che commenterà il caso personalmente tra breve.
La sua posizione è nota fin dal 1992, quando lo scandalo scoppiò in seguito alla denuncia di Mia Farrow, in un clima già arroventato dalla imminente separazione tra i due. Allen fece esaminare a più riprese la bambina di sette anni da una squadra di psicologi della università di Yale, alcuni dei quali erano già suoi “consulenti di divano”, visto che la coppia abitava in Connecticut non lontano dalla sede universitaria. Dylan cadde in contraddizione, e durante sessioni successive non fu in grado di ripetere i dettagli che aveva dichiarato all’inizio. La commissione concluse che l’intera vicenda dell’abuso sessuale poteva essere un prodotto di autosuggestione, o secondo la tesi di Allen una “memoria” piantata nella sua mente dalla mamma che voleva vederlo rovinato.
IL NEW YORK TIMES
«La pressione che ho subito in quel periodo era così forte - ricorda oggi Dylan nella lettera denuncia che ha inviato al New York Times ed è stata pubblicata su un blog - che persino mia madre finì per dubitare di quello che le avevo raccontato. Mi disse: "Non aver paura di ritrattare, se è questa la verità"».
Poche settimane prima la bambina le aveva chiesto se anche suo padre quando lei era piccola si fosse sdraiato con lei sotto le lenzuola con solo le mutande addosso, e se l’avesse toccata come faceva Woody con lei. «Mi ero convinta che quelle fossero manifestazioni di affetto comuni tra padre e figlia, anche se per qualche motivo mi lasciavano confusa e travagliata».
SOTTO I LETTI
Nella memoria della piccola Dylan le molestie era diventate abitudinarie. Il patrigno la trovava sotto i letti e nel bagno dove andava a nascondersi, e poi si appartava con lei con moine e promesse mentre la toccava.
Accuse pesanti che il procuratore della contea di Litchfield Frank Maco credette comunque plausibili nel 1992, ma che decise di non perseguire in tribunale nel timore di danneggiare ancora di più la psiche della piccola.
Oggi Dylan è una donna di ventotto anni che è uscita dal tunnel della anoressia e dell’autolesionismo nel quale racconta di essere stata trascinata dal trauma della violenza subita. Vive in Florida sotto un falso nome, ed è felicemente sposata. Ma non sopporta l’ipocrisia dello show business che continua a celebrare l’ex padre «Ogni volta che lo vedo salire su un podio per ritirare un premio mi sento morire», dice.
I TESTIMONI
La notte dei Golden Globe la stessa rabbia è esplosa con suo fratello Ronan Farrow che ha twittato «A quale punto della carriera di Allen si inserisce l’episodio della violenza su sua figlia?», e della madre Mia: «I Golden Globe mostrano di disprezzare la denuncia di una bambina vittima di molestie, e di tutti quelli che come lei soffrono per l’abuso».
Dylan è andata oltre, e ha chiamato per nome i testimoni muti che circondano Woody Allen: «Come ti sentiresti Cate Blanchette se la vittima fesse tua figlia? Come ti sentiresti Alec Baldwin? E voi Emma Stone, Scarlett Johansson? Quando ero bambina ci conoscevamo bene Diane Keaton. Mi hai per caso dimenticato?».
PRO E CONTRO
Alcuni di loro non si sono tirati indietro, tra il tatticismo della Blanchett: «È ovvio che questa storia ha afflitto a lungo e in profondità la famiglia, alla quale auguro di trovare una risoluzione e la pace perduta», e la schiettezza di Baldwin: «Ma che c...o vi aspettate, che sia il mio ruolo commentare questo dilemma di famiglia?».
Ma la grande maggioranza dei commenti è a favore di Dylan, una ragazza che la sua coetanea Lena Dunham (autrice dello sceneggiato Girls) definisce «coraggiosa, potente e generosa» nella corrispondenza con i suoi 1,2 milioni di seguaci su Twitter.
Il sospetto e la rabbia di tanti che non hanno mai perdonato al regista di aver sposato l’altra figlia adottiva di Mia (Soon-Yi Previn, che aveva 19 anni all’inizio della relazione), aleggia di nuovo su Woody Allen, e non potrà non adombrare la serata degli Oscar nella quale il suo ultimo film “Blue Jasmine”, con la Blanchett, è in lizza.
Flavio Pompetti