Paolo Siepi, ItaliaOggi 4/2/2014, 4 febbraio 2014
PERISCOPIO
Pare che a Sochi ad accendere la fiamma olimpica sarà l’amante di Putin. Ma lui, siccome è un uomo serio e all’antica, non arriverà con lo scooter e i croissant. Maurizio Crippa. Il Foglio.
Se uno si dimette (Cuperlo, ndr) vuol dire che si è dimesso. Faccio fatica per le liturgie. Matteo Renzi, in tv.
Spunterà una colomba risorta stamattina dal balcone del Papa? Non amo il traffico di colombe bianche intorno al Papa che gli dà un po’ l’aria del prestigiatore (mercoledì è apparso sulla sua mano pure un pappagallo). Marcello Veneziani. Il Giornale.
Confesso che l’altro giorno, quando ho visto nel cielo di San Pietro il nero corvo attaccare e inabissare «la bianca colomba della Pace» liberata dal Papa, ho avuto quasi un orgasmo. Perché, in un colpo solo, faceva giustizia dell’insopportabile buonismo di Bergoglio, degli animalisti, degli antivivisezionisti, dei vegetariani ideologici, dei vegani. E anche di quello di Pierluigi Battista. Massimo Fini. Il Fatto.
Una bomba d’acqua ha mandato in tilt Roma, una capitale di carta velina. Silvia Truzzi. Il Fatto.
Non stupisce che la Cgil sia disorientata in questo momento. Nel volger di un fine settimana è passata dall’avere un proprio ex segretario (Epifani) alla guida del più grande partito italiano al dover ascoltare il nuovo leader dello stesso partito affermare, davanti a milioni di spettatori: «Mica ci facciamo fermare dal sindacato». Tito Boeri. la Repubblica.
«Oggi Grillo a Roma». «Il baraccone in visita ai suoi fenomeni». Vignetta di Ellekappa, la Repubblica.
Grillo ai suoi: «Urlo solo io!». AdnKronos.
Le elezioni sono vicine e l’odore dei voti si fa sentire. Affamato Renzi, affamato Grillo. Quel milioncino di elettori che abitano sul confine, cuscinetto fra belligeranti, è diventato il piatto prelibato. Antonello Caporale. Il Fatto.
Pare incredibile ma, dopo tutto quel che è riuscita a combinare, Anna Maria Cancellieri è ancora ministro. E non di una cosa qualunque, ma della Giustizia. Insieme a Boldrini e De Girolamo, si propone come insuperabile testimonial dei nemici delle quote rosa. Marco Travaglio. Il Fatto.
Adesso care femministe vi tocca mangiare la minestra che avete preparato voi. Fa schifo, vero? Giuliano Ferrara. Il Foglio.
Da quello che conosco io, lui (Di Matteo, pm a Palermo, minacciato da Riina, ndr) non è una gran cima, ma già non era una cima l’altro che se ne è andato (Ingroia, ndr). Fuori onda al Tgcom24 dell’ex ministro della giustizia socialista, Claudio Martelli.
«Cosa vuol dire stigmatizzare, babbo?», chiede una bambina piccola con la gala rossa nei capelli. «Taci e fanculo anche te». Vignetta di Altan su la Repubblica.
Dai genitori si impara sempre qualcosa, specialmente il peggio. Vittorio Feltri. Il Giornale.
Polemiche sul caso della deputata grillina che ha preso uno schiaffo in Parlamento. Secondo il regolamento deve restituirlo. Spinoza. Il Fatto.
Il sindaco di Roma, Ignazio Marino, cardiochirurgo e società civile tutto insieme, uno che a redimere sembrava venuto, si trova a patire là dove i suoi predecessori (di destra, di sinistra, di società cosi&così) già patirono: tra voragini che si aprono, gente che sale sui tetti, metropolitane che grondano acqua, laghi al posto di piazze, osso sacro a contatto del marciapiede. Stefano Di Michele. Il Foglio.
La sinistra vince sul web perché il suo popolo non fa un cazzo dalla mattina alla sera. Giorgio Stracquadanio, ex deputato Pdl morto il 31 gennaio 2014 a 54 anni. Il Tempo.
In Italia gli assessori alla cultura curano spesso i loro interessi e quelli dei loro amici. In Spagna, ad esempio, le cose vanno diversamente. Anton Cesar Molina (ministro della cultura del governo Zapatero), per nominare il direttore della Reina Sofia di Madrid, istituì una commissione formata dai direttori dei più importanti musei europei. Questi esaminarono i profili dei candidati e scelsero Manuel Borja-Villel che, forte di quella nomina, adesso può operare senza debiti di gratitudine con nessun politico. L’autonomia, dovunque ma, soprattutto nella cultura, è fondamentale. Demetrio Paparoni, Il bello, il buono e il cattivo. Ponte alle grazie.
Questo governo dovrebbe durare ancora un anno e mezzo, ma è davvero difficile crederci. Rimpasto o no, sembra aver esaurito la spinta propulsiva e il suo stesso senso. È nato come maggioranza di larghe intese, con tanto di richiami nobili al compromesso storico e alle grandi coalizioni tedesche, e si è ridotto, ormai, ad esecutivo di minoranza che più minoranza non si può. È un governo espressione di tre correnti politiche ultraminoritarie: i bersaniani del Pd, gli alfaniani di centrodestra e una parte del già minuscolo centro. Tutti insieme non arrivano al 15% del consenso e ogni giorno sono il bersaglio delle bordate di Renzi, Grillo e Berlusconi, tre leader che oggi fanno quasi l’80% dei voti. Curzio Maltese. il venerdì.
Bernard-Henri Lèvy, BHL, oggi campeggia fra i simboli del capitalismo francese, è riconosciuto da tutti come «il filosofo più ricco d’Europa». BHL assomiglia a Sartre, due opportunisti innamorati di loro stessi. Il brutto «anatroccolo» (Sartre) e «il gran commentatore di tutto», come Serge Halimi ha definito BHL. Il mentore con la pipa e l’epigono con ciuffo raffaellesco. Entrambi circondati da un’adulazione quasi sovietica. Giulio Meotti. Il Foglio.
Le signorine che ci curavano nella colonie marine quando ero piccolo avevano 18-19 anni. Tutte diplomate alle magistrali. Di solito si fidanzavano col bagnino. La colonia aveva due bagnini fissi. A me sembravano alti. Ne ho visto uno ieri alto come me... per cui, per il resto non mi ricordo più niente della colonia. Anzi, non voglio più parlare di questi accadimenti. Nel 1972, l’ultima settimana in colonia mi innamorai come un asino di una bambina più anziana di me. L’ultimo giorno le buttai il mio indirizzo su un pezzo di carta. Lei mi buttò il suo. Appena a casa le scrissi: «Amore! Ti penso sempre!». Non mi ha mai risposto. Questo fu il mio primo impazzimento d’amore. Maurizio Milani. Libero.
La vera egoista è la donna che ti dà tutta se stessa per averti in mano. Roberto Gervaso. Il Messaggero.