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 2014  febbraio 04 Martedì calendario

NON BASTA UN TITOLO PER FARE IL BESTSELLER


Il Giornale della Libreria si chiede se copiare da un successo porta bene in editoria. Difficile rispondere. In genere no. Neanche per i titoli, checché ne dica l’autore dell’articolo. Imitare il titolo di un bestseller è una furbata inutile. Quante volte, nelle ultime settimane, abbiamo sentito dire che tra le ragioni della scalata in classifica de Gli sdraiati c’è il titolo. Bello, stringato, ironico. E inimitabile. L’insostenibile leggerezza dell’essere ha prodotto parafrasi ridicole destinate a rimanere invendute: L’insostenibile leggerezza dell’avere, della mucca innamorata, del ponte, del management, del pesce, della bicicletta, del vuoto, del piacere … L’editoria non sopporta soluzioni facili. Chi si ricorda delle Cinquanta sfumature di estasi , delle 50 sfumature di fritto o delle 99 sfumature di zenzero ? Umberto Eco ricorda che il titolo originario del suo primo romanzo era: L’Abbazia del delitto . Fu scartato perché puntava troppo sulla trama poliziesca: «I titoli più rispettosi del lettore — aggiungeva Eco — sono quelli che si riducono al nome dell’eroe eponimo, come David Copperfield o Robinson Crusoe ». Va detto, a onor del vero, che Defoe era giunto a più miti consigli solo dopo aver immaginato un titolo interminabile: Vita e strane e sorprendenti avventure di Robinson Crusoe, che visse ventotto anni da solo in un’isola deserta al largo delle coste dell’America, non lontano dalla foce dell’Orinoco, approdato sulla spiaggia in seguito a un naufragio in cui erano periti tutti i marinai, eccetto lui .
Tutto vero, ma anche il nome di un personaggio bisogna azzeccarlo. Mica facile. Manzoni lo sapeva, non per nulla decise di ribattezzare Fermo (della prima edizione) in Renzo. Decise anche di rinunciare ai nomi propri nel titolo (Fermo e Lucia ), optando per una soluzione indubbiamente migliore: I promessi sposi . Lo stesso fece Pirandello, sostituendo Marta Ajala con L’esclusa , mentre Foscolo, al contrario, aveva abbandonato Vera storia di due amanti infelici per scegliere il meno romanzesco Ultime lettere di Jacopo Ortis . Quando Svevo si presentò a Treves con il romanzo Un inetto , l’editore gli disse che mai avrebbe pubblicato un libro con quel titolo e l’autore virò, ragionevolmente, verso Una vita . Come si sa, anche Buzzati fu dissuaso dal suo editore, Longanesi: e il militaresco La fortezza diventò, per fortuna, Il deserto dei Tartari . Non c’è paragone, certo.
Ma fino a che punto, nel dire «non c’è paragone», agisce l’eco che quel titolo ha ormai lasciato irrevocabilmente nel nostro orecchio. Chi l’avrebbe detto che La solitudine dei numeri primi potesse avere la fortuna che ha avuto? Titolo lungo, malinconico, tecnico... Nessuno potrà mai dimostrare che lo stesso romanzo, con il primo titolo proposto da Paolo Giordano, Dentro e fuori dall’acqua , avrebbe avuto meno successo. In fondo qualche anno prima erano usciti L’enigma dei numeri primi e L’ossessione dei numeri primi e pochi se n’erano accorti. Anche Va’ dove ti porta il cuore era un oscuro libro degli anni Settanta, prima di diventare il bestseller che conosciamo. Niente di più letale, nell’editoria, dell’equivoco del senno di poi.