Franco Bechis, Libero 4/2/2014, 4 febbraio 2014
PER LA CASTA LA PENSIONE RESTA A 55 ANNI
L’ultimo probabilmente è Marco Barbieri, ex assessore al Lavoro della prima giunta di Nichi Vendola in Puglia. Non era consigliere regionale, ma come assessore tecnico ne aveva gli stessi privilegi. È stato in carica dal 6 maggio 2005 al 5 luglio 2009, quando non è sopravvissuto al rimpasto voluto da Vendola dopo lo scandalo escort-Tarantini che gli aveva amputato la giunta. Il 9 dicembre 2013 Barbieri ha compiuto 55 anni. Ha scritto al consiglio regionale della Puglia reclamando: «Ho l’età, datemi il vitalizio ». Il 21 gennaio scorso il servizio amministrazione e bilancio del consiglio regionale gli ha liquidato la prima mensilità: 3.268,55 euro lordi, che ora Barbieri percepirà fino alla fine dei suoi giorni, con tanto di rivalutazione Istat annuale appena decisa. Barbieri, un professore assai critico contro l’ultima riforma delle pensioni di Elsa Fornero, ne è esente.
A 55 anni è uno degli ultimi baby pensionati della storia di Italia. Impossibile che accada in qualsiasi altro settore lavorativo: succede solo in politica. E succede ancora dopo anni di polemiche sui costi e i privilegi degli eletti, e mille leggi draconiane votate o almeno annunciate in tutta Italia dai leader di turno. In effetti in quasi tutta la Penisola, iniziando dal palazzo centrale di Roma, i vitalizi sono stati aboliti e in alcuni casi trasformate in normali pensioni con il metodo contributivo che tocca a tutti gli altri italiani. Ma ovunque le norme non hanno riguardato le assemblee legislative che le varavano. Con l’idea che non si toccano i diritti acquisiti, nessuno ha toccato i propri. Graziati gli assegni vitalizi già erogati, salva la possibilità di ottenerli per chiunque fosse in carica in ogni consiglio regionale di Italia. Tanto è che molti hanno bussato alla porta per farsi fare i calcoli e prepararsi al vitalizio prima che la legislatura finisse e nella nuova a qualcuno venisse in testa di cambiare idea.
Secondo una tabella pubblicata sul sito della conferenza delle Regioni italiane, oggi in una sola Regione - l’Umbria - bisogna avere 65 anni come capita agli altri italiani per riscuotere il primo assegno pensionistico (il vitalizio lo è, anche se un po’ particolare, visto che si può cumulare con tutti gli altri assegni previdenziali e perfino con redditi di qualsiasi natura, salvo poche eccezioni). In una Regione - il Lazio - l’età minima per il vitalizio abolito per i nuovi, è restata 50 anni. In sette regioni (Basilicata, Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Molise e appunto la Puglia) si può ottenere la dorata pensione del vitalizio all’età di 55 anni, in qualche caso con penalizzazioni sull’importo, in altri casi no. In tutte le altre l’età minima a cui è possibile - magari con penalizzazioni economiche – accedere al vitalizio è comunque 60 anni. Nell’ultimo anno hanno approfittato dell’età minima per cogliere al volo quella occasione più di cento fra ex consiglieri regionali ed assessori. C’è chi si è limitato a fare due conti prendendo un po’ di tempo. Proprio nel giorno in cui Silvio Berlusconi veniva condannato definitivamente dalla Cassazione per i diritti tv Mediaset - il 1° agosto scorso - quello che sarebbe stato il suo persecutore - Dario Stefano, presidente della giunta per le elezioni del Senato (che lo ha espulso dal parlamento), è andato in Puglia a farsi fare quei calcoletti. Prima di arrivare in Parlamento Stefano è infatti stato consigliere regionale della Puglia ininterrottamente dal 18 maggio 2005 fino a febbraio 2013. Un po’ meno di otto anni. Per diventare senatore si è dimesso in anticipo. Quel primo agosto è andato a riscuotere la sua liquidazione: 198.818,44 euro. Allo stesso tempo ha chiesto all’ufficio di presidenza del Consiglio regionale di calcolargli il vitalizio a cui aveva diritto quando, finita la legislatura in Senato Stefano (che è del 1963) avrebbe compiuto i fatidici 55 anni. La risposta è stata: un vitalizio mensile di 5.618,78 euro lordi. Almeno uno sa come organizzarsi la vita.
Ma c’è anche chi non si fida troppo. Alla vigilia di Natale in Puglia tre consiglieri (due ex assessori) sono andati a chiedere la restituzione di tutti i contributi che erano stati versati dalla Regione a loro nome proprio ai fini di fare avere loro il vitalizio a partire almeno dal 55° anno di età. Uno dei tre - Leonardo di Gioia - si è fatto restituire tutto quanto era stato accantonato dall’11 maggio 2010 al 31 dicembre 2012: 141.917,05 euro. Non avrà il vitalizio, ma solo la pensione da consigliere regionale con i contributi versati dal 2013 in poi. Ma intanto ha potuto ottenere un extra mica da poco in busta paga. C’è chi si rifà dare indietro quei soldi perché troppo lontano dall’età minima del vitalizio, ma sono sempre di più quelli che scelgono questa strada con il timore che i prossimi consiglieri regionali eletti senza più alcun diritto al vitalizio possano vendicarsi su chi l’ha tolto a loro, intervenendo anche sui cosiddetti diritti acquisiti (magari tagliando perfino gli assegni già erogati o rivedendo i requisiti anagrafici per accedervi).
Il sospetto è venuto improvvisamente ai consiglieri regionali del Piemonte, che non avevano quella possibilità legislativa e si sentono a fine corsa dopo le inchieste sulle spese pazze dei gruppi e la stangata del Tar sul presidente della giunta, Roberto Cota. Così a fine gennaio si sono fatti un emendamentino a una legge che consente loro di farsi dare tutti indietro dalla Regione i contributi versati a loro nome dalla stessa Regione. Il rischio è quello di un buco di bilancio di proporzioni notevoli quest’anno, anche se nei decenni successivi ci sarà un risparmio (perché i vitalizi di questi signori non verrebbero erogati). I piemontesi così si sottraggono a quel piccolo esercito di poco più di 10 mila ex politici che oggi godono ancora del vitalizio, con importi lordi che oscillano fra i 2 mila e i 9 mila euro al mese, tutti cumulabili con altri redditi e pensioni, ma non con altre indennità parlamentari o da consiglieri regionali (in quel caso il vitalizio viene sospeso nell’erogazione per tutto il tempo del nuovo mandato).