lu.ca, SportWeek 1/2/2014, 1 febbraio 2014
CHIAMATELO TORCIA UMANA
Le torce olimpiche le custodisce un “vulcano”. D’altronde così si definisce Stefano Podini, 51 anni, di Bolzano, proprietario della collezione di tutte e 36 le “fiamme” dei Giochi («Al mondo saremo in due o tre ad averne così tante; io le ho tutte da Berlino ’36, quando venne organizzata per la prima volta la staffetta delle torce») e titolare di un curriculum lungo così.
Manager di professione, insieme ai fratelli è a capo di Eneco, importante marchio nel settore alla produzione di energia. Come sportivo Podini vanta invece 60 presenze – giovanili comprese – nella Nazionale di pallamano, disciplina che lo vede impegnato oggi come presidente del Bolzano (vincitore degli ultimi due scudetti) e numero 1 della Lega.
«Siccome con il mio sport non sono mai arrivato all’Olimpiade, ho cercato di colmare questa lacuna raccogliendo dei pezzi rari», spiega Podini. «Dopo aver sfilato da dirigente Fisi ad Albertville ’92 e a Lillehammer ’94, gli amici, sapendo di questa mia passione “a cinque cerchi”, mi regalarono la prima torcia, quella di Roma ’60».
Quel giorno iniziò la caccia per arrivare alle altre 35 (la prima dei Giochi invernali è quella di Oslo ’52, visto che a St. Moritz ’48 la torcia non fu prevista), fino a completare una raccolta che ogni anno viene esposta in diversi luoghi del nostro Paese. «Per il 2014 punterei a musei come la Triennale di Milano e il Mart di Rovereto; ogni torcia sarebbe affiancata da un totem che spiega origini, designer e modelli di ciascuna».
Il vero salto di qualità da collezionista Podini lo compì conoscendo un altro “vulcano”: Eric Nash. «La sua fu una vita avventurosa (è morto nel 2012, a 88 anni). Per dire: lui, austriaco di nascita, giocò lungamente nel River Plate ma partecipò pure a due Olimpiadi (1948 e 1952) nei 100 metri. Insomma, un personaggio. Che a casa sua, in Oregon, aveva realizzato uno straordinario museo di memorabilia olimpici. E che a un certo punto, quando ormai eravamo amici, mi elesse a suo “erede” regalandomi sette torce. Da quel momento, era il 2001, ho iniziato a cercare tutte le altre».
Delle 36 possedute, due sole sono repliche: «Perché di Innsbruck ’64 ne esiste una e basta (nemmeno il Cio ce l’ha...) e di Helsinki ’52 un paio». Ma se volete farlo arrabbiare parlategli della “fiamma” di Torino 2006: «Ero già iscritto come tedoforo ma dovetti rinunciare per motivi di lavoro, quando mi è arrivata in ufficio per poco non la buttavo dalla finestra».
Tutt’altra storia per lui, diventato finalmente tedoforo in occasione di Pechino 2008 e poi a Vancouver e Londra, rappresenta la torcia di Grenoble ’68: «Partecipo a un’asta in una Casa di Parigi. Iniziano a batterla e, dopo i 50 mila euro, restiamo io e un russo. Sono così preso dai rialzi che rilancio quasi senza accorgermene fino a 350 mila. Poi rinsavisco e gliela lascio. Subito si avvicina un ex schermidore olimpico francese e mi fa: “Speravo che la prendessi tu. Vabbè, vorrà dire che ti aiuterò io”. Detto, fatto. In poco tempo ne trovammo una a meno di 100 mila euro. Che orgoglio quell’affare». Sì, ma tutta intera la sua collezione quanto vale? «In questo caso mi avvalgo della facoltà di non rispondere...».
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