Maria Novella De Luca; Fabio Tonacci, la Repubblica 3/2/2014, 3 febbraio 2014
CACCIA ALLE STREGHE SUL WEB
UN LINCIAGGIO sessista e violento. Una gogna di insulti che mescola l’invettiva politica all’apologia dell’aggressione sessuale. La campagna d’odio contro Laura Boldrini scatenata negli ultimi giorni sul web dalle truppe grilline, mostra quanto la Rete si possa trasformare in un istante in una macchina di stalking, che colpisce in particolare donne, ragazze, bambine. I nuovi attacchi alla presidente della Camera, dove “stupro” è la parola più frequente, presentano ancora il volto oscuro e misogino della libertà digitale: non importa chi sei o che cosa fai, quanti anni hai e cosa “posti”: basta un profilo femminile per far scattare la molestia, sessuale naturalmente, violenta, irripetibile. Sempre, ovunque, ad ogni ora del giorno e della notte.
Il 90% delle aggressioni in Rete ha come bersaglio donne di tutte le età, rivela la nostra Polizia postale, l’allarme è mondiale, l’hanno lanciato per prime centinaia di blogger americane minacciate di morte e di stupro da cyber-persecutori, a volte protetti da nickname, a volte addirittura esposti con nome e cognome convinti, sbagliando, dell’impunità della Rete. È accaduto lentamente, anno dopo anno. Più cresceva il popolo del web, più il web diventava il luogo di attacco più accanito contro l’integrità femminile. Un terreno sessista di scorribande pericolose, dove spesso insospettabili ed educatissimi uomini si trasformano in grevi aggressori sessuali, affratellati nell’insulto come ultrà digitali, per cui il tifo è annientamento dell’altro.
Racconta Carmela B, impiegata romana del ministero dell’Istruzione: «Quando ho accettato l’amicizia di quel cortese collega non avrei mai pensato di trovarmi dentro una trappola di commenti pornografici, con cui lui e i suoi amici dicevano di corteggiarmi. Ogni volta che aprivo Facebook avevo paura, frasi oscene, foto sessuali. Sono riuscita a mettere fine alle molestie soltanto quando l’ho affrontato al lavoro e l’ho denunciato davanti a tutti...».
Che il ventre della Rete sia un habitat ostile dove si mettono in piazza le cose peggiori di sé è un aspetto noto e studiato, dalla macchina degli insulti a quella della diffamazione. Come mai invece questa dark-face venga rovesciata ogni giorno di più sull’utenza femminile è forse qualcosa da indagare ancora. E infatti con due lunghe inchieste i magazine americani, Atlantic e Pacific Standard, hanno provato ad analizzare il “perché le donne non sono benvenute sul web”. Arrivando ad ipotizzare una futura fuga in massa da social come Facebook, dove sempre di più le donne vengono insultate soltanto in quanto donne, e peggio ancora se sono giornaliste, scrittrici, blogger e magari parlano di diritti, eguaglianza, parità... Del resto proprio Laura Boldrini, oggi di nuovo bersaglio dell’odio virtuale e sessista della Rete, fu schernita e denigrata all’inizio del suo mandato con valanghe di post pornografici sul suo profilo Facebook.
Ricorda Lorella Zanardo, blogger, scrittrice, autore del documentario “Il corpo delle donne”, che con il suo team gira centinaia di scuole per insegnare a leggere con occhi critici il web, la tv, i media. «Proprio l’autore di uno di quei fotomontaggi particolarmente offensivo per Laura Boldrini, si stupì quando rintracciato dalla Polizia postale si ritrovò con una denuncia per diffamazione aggravata. Come se il suo atto per il solo fatto di essere avvenuto in Rete fosse per questo meno grave, sinonimo di impunità».
Da cinque anni Zanardo e i suoi collaboratori passano al setaccio Internet, e in cinque anni, dicono, «c’è stato un profondo deterioramento». «Online assistiamo all’ultimo colpo di coda del patriarcato. Le donne tra mille ostacoli ce la stanno facendo, così nelle pieghe del web il mondo maschile sfoga la rabbia contro questa libertà femminile, esprimendo sentimenti ormai censurati nella società. Del resto l’Italia è al settantunesimo posto del gender gap, lo svantaggio di genere, è evidente che la Rete rifletta e amplifichi discriminazione, stalking...». Sì, perché anche in Italia l’harassement contro le donne in rete è ogni giorno più forte, i dati sulle adolescenti sono allarmanti, il 10% delle ragazzine afferma di ricevere costantemente messaggi sessuali indesiderati su twitter o Facebook, il 6% racconta di vere e proprie molestie online. Le denunce sono invece ancora poche, nonostante ormai la persecuzione informatica sia la strada maestra degli stalker.
Carlo Solimene, direttore della Divisione investigativa della Polizia Postale vede un’area grigia che assomiglia al far west: «Ci sono azioni sulla rete che sfuggono alle statistiche e non arrivano alla denuncia giudiziaria, ma che hanno nel 90% dei casi le donne come vittime». Aggiunge Cristiana Bonucchi, psicologa della Polpostale: «Le denunce online di stalking sono ancora poche in termini assoluti, perché in Italia le vittime quasi sempre hanno avuto dei legami affettivi con il loro persecutore, dunque ci si pensa più volte prima di fare un passo definitivo. Un altro elemento tipico della realtà italiana è che lo stalking online spesso nasce prima dalla vita reale, non è come negli Usa dove tutto nasce e si sviluppa attraverso la Rete, anche senza conoscersi personalmente».
E Bonucchi pone l’accento sui teenager. «È importante che soprattutto i ragazzi siano attenti alla privacy quando utilizzano i social network, devono scegliere password sicure, non diffondere i propri dati». Accade infatti che tra i soggetti più vulnerabili, oltre a chi svolge un ruolo istituzionale, o scrive di argomenti “caldi” per la Rete (sesso, politica, femminismo), i più a rischio siano proprio i più assidui sulla Rete, cioè i giovanissimi, magari un po’ più esperti degli adulti ma di certo maggiormente esposti. Agnese e Patrizia, 14 anni, adolescenti di Rieti, nell’alto Lazio, per mesi fanno trapelare su Facebook la loro intenzione di fuggire da casa. Chiedono ospitalità, cercano aiuto, dicono di non poterne più di quella vita di provincia. Forse è un gioco, forse no. Accade però che Agnese e Patrizia scompaiano davvero, per due terribili e spaventose notti. Le ritrova la Polfer alla stazione di Civitavecchia: botte, sevizie, violenze. Il loro Orco cinquantenne si nascondeva sotto il profilo di uno studente fuori sede...
Anna Costanza Baldry, docente di Psicologia alla seconda università di Napoli, responsabile dello sportello Astra (Anti stalking risk assessment), dice però che abbandonare i social network, oltre che impensabile, sarebbe anche una sconfitta. «È come se contro il femminicidio le donne dovessero rinunciare alla propria libertà, a vestirsi come vogliono, ad uscire la sera. Altro è invece prendere coscienza dei rischi che semplicemente aprendo un profilo femminile si possono correre nella Rete. In questa fase storica — suggerisce Anna Baldry — in questa deriva che ha come bersaglio le donne, c’è una voglia di rivalsa da parte di chi sente di aver definitivamente perso il potere, cioè gli uomini». E l’aspetto più estremo della persecuzione, cioè lo stalking, utilizza il mezzo digitale, «per incunearsi in ogni momento della vita della vittima, con una violenza psicologica che può lasciare segni profondi ». Livia, 25 anni, così ricorda il suo incubo: «Mi mandava duecento sms al giorno, postava le mie foto in topless, mi umiliava in Rete, scriveva commenti pornografici. Si è fermato soltanto quando il mio nuovo compagno l’ha affrontato...».
Ma qualche mezzo per difendersi esiste, dice comunque la psicologa Cristina Bonucchi. «C’è la pagina Facebook del commissariato Ps online, a cui si possono inviare segnalazioni e ottenere informazioni. In oltre 70 capoluoghi di provincia ci sono poi gli uffici della Polpostale». Ma serve soprattutto imparare a difendersi. «Alle donne consiglio sempre: conservate ogni traccia, ogni mail, ogni post, ogni tweet di insulti che possa aiutarci a fermare il vostro persecutore e non rispondete mai alle provocazioni».