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 2014  febbraio 03 Lunedì calendario

LA FIGLIA DYLAN “COSÌ WOODY ALLEN ABUSÒ DI ME A 7 ANNI”


«Qual è il vostro film preferito di Woody Allen? Prima di rispondere, dovreste sapere una cosa: quando avevo 7 anni, mi portò in un piccolo attico al secondo piano della nostra casa. Mi disse di sdraiarmi sullo stomaco, e giocare col trenino elettrico di mio fratello. Poi mi assaltò sessualmente. Mi parlava, mentre lo faceva, sussurrando che ero una brava ragazza, che era il nostro segreto, promettendomi che saremmo andati a Parigi e io sarei diventata una stella nei suoi film».
Comincia così la lettera di Dylan Farrow, che sta rivoltando l’America. Naturalmente sapevamo che la figlia adottiva di Woody Allen lo aveva accusato di molestie sessuali, perché la sua denuncia era stata al centro dello scandalo per la separazione da Mia Farrow. Un conto, però, è sentire da lontano questa storia, e un altro leggerla nel racconto diretto della vittima.
Prima di proseguire, è giusto riportare anche la nota di Nicholas Kristof, titolare del blog sul New York Times dove è stata pubblicata la lettera di Dylan, che avverte: «Woody Allen non è stato mai processato per questo caso, e ha sempre negato la sua colpevolezza. Merita la presunzione di innocenza». Perché di ciò si tratta, a questo punto: un caso presunto di pedofilia. E anche se sono passati 21 anni, l’obbligo dell’azione penale davanti ad una simile denuncia dovrebbe convincere i giudici quanto meno a riaprire l’inchiesta. Una legge del 2006, infatti, ha eliminato la prescrizione per gli abusi sessuali contro i bambini.
Il racconto di Dylan, se provato, sarebbe degno della galera: «Da quando ho memoria, mio padre mi ha fatto cose che non mi piacevano. Non mi piaceva quanto spesso mi portava via dalla mamma e dai fratelli, per stare soli. Non mi piaceva quando mi metteva il suo pollice in bocca. Non mi piaceva quando mi costringeva ad andare a letto sotto le coperte con lui, che indossava solo biancheria. Non mi piaceva quando metteva la sua testa sul mio grembo nudo, e quindi inspirava ed espirava. Mi nascondevo sotto i letti o mi chiudevo in bagno, per evitare questi incontri, ma mi trovava sempre». Le molestie erano così frequenti, che Dylan aveva pensato fossero un comportamento normale dei padri verso le figlie. Finché, dopo l’episodio nell’attico, aveva chiesto alla madre Mia se anche suo padre aveva fatto quelle cose con lei.
Era esploso lo scandalo, con la separazione e il matrimonio di Woody con l’altra figlia adottiva della Farrow, Soon-Yi Previn. Le procure avevano aperto due inchieste, una in Connecticut e l’altra a New York, e Dylan racconta anche l’agonia di essere costretta a ricordare e ricostruire gli abusi davanti a decine di medici e investigatori, determinati a proteggere la celebrità accusata: «Ad un certo punto mia madre mi aveva detto che non c’era problema se avevo mentito: potevo ritrattare tutto. Ma io non potevo. Era tutto vero». L’inchiesta di New York si era arenata, mentre quella del Connecticut era arrivata alla conclusione che c’erano gli elementi per aprire un processo, ma era stato deciso di evitarlo per risparmiare altri traumi alla vittima. «Quella vicenda mi ha perseguitato mentre crescevo. Ero afflitta dai sensi di colpa, per avergli lasciato avvicinare altre bambine. Ero terrorizzata dall’idea di essere toccata da un uomo, non mangiavo, mi tagliavo». Ora però Dylan non è più una bambina. Si è sposata, vive in Florida, e il caso si potrebbe riaprire.
Aldilà di quello che farà o non farà la giustizia, il suo cruccio è rimasto anche la reazione di Hollywood, che ha preferito voltare le spalle. Ogni riconoscimento al padre le sembrava «un modo per dirmi di stare zitta e sparire». Il mese scorso c’è stato il Golden Globe Award alla carriera, che il fratello Ronan ha commentato così su Twitter: «Mi sono perso il tributo. La parte in cui una donna conferma pubblicamente di essere stata molestata a 7 anni l’hanno messa prima, o dopo Annie Hall?». Poi sono arrivate le tre nomination all’Oscar per Blue Jasmine, compresa la miglior sceneggiatura per Woody, e hanno spinto Dylan a rivolgersi agli attori che hanno lavorato col padre: «Cosa avresti fatto, se fosse stata tua figlia, Cate Blanchett? Alec Baldwin? E se fossi stata tu, Emma Stone? O te, Scarlett Johansson? Mi conoscevi da bambina, Diane Keaton, mi hai dimenticata?». I maligni dicono che è tutta una manovra per far perdere l’Oscar a Cate Blanchett, ma Dylan conclude così: «Woody Allen è la prova vivente di come la nostra società fa torto alle vittime di abusi. Allora immaginate vostra figlia di 7 anni nell’attico con lui. Immaginate il mondo che celebra il suo tormentatore. Lo state immaginando? Bene, e adesso ditemi, qual è il vostro film preferito di Woody Allen?».