Alessandro Barbera, La Stampa 3/2/2014, 3 febbraio 2014
LE TRE CONDIZIONI
La domanda sorge spontanea. Che cosa spinge la famiglia reale di un ricco emirato ad investire quattrini in una ex compagnia di bandiera europea con i conti traballanti? La prima è una ragione per così dire di cuore.
Il principe ereditario Hamed Bin Zayed Al Nayan è un pilota di elicotteri con un passato all’Accademia militare di Pozzuoli. L’altra è del tutto razionale, e pianificata in ogni dettaglio: fare di Alitalia e di Roma la base di un grande progetto di espansione.
Fino a pochi anni fa il trasporto aereo europeo se lo spartivano in tre: Air France-Klm, Lufthansa e British. Il boom delle low cost aveva spazzato fuori del mercato le compagnie tradizionali, tenendo in piedi solo coloro che, per storia e risorse, erano in grado di garantire un network di collegamenti intercontinentali. Ma nel terzo millennio nemmeno un business lento come quello del trasporto aereo può contare a lungo su rendite di posizione. Così, complici la crisi economica e l’aumento del costo del credito, sul mercato si sono affacciati i vettori asiatici, e in particolare quelli del Golfo. La riprova si è avuta al salone aerospaziale di Dubai lo scorso novembre. Mentre le compagnie europee arrancano fra esuberi e debiti, Emirates ha ordinato duecento aerei - una commessa da cento miliardi di dollari - Etihad ha fatto ordini per più di cento velivoli fra Boeing ed Airbus. «Non andate a nozze con gli arabi», ammoniva non a caso l’amministratore delegato di Lufthansa Cristoph Franz poco prima di lasciare la compagnia per Roche. Per i tedeschi l’accordo fra Roma e Abu Dhabi è un incubo che si fa realtà.
La lunga marcia per la conquista del mercato europeo da parte di Etihad è iniziata due anni fa. Immaginate un pannello del Risiko e i territori da conquistare: il 29% di Air Berlin, il 40% di Air Serbia e ancora Germanwings, una piccola quota dell’irlandese Aer Lingus. Il tentativo di penetrare inizia dal cuore dell’Europa, ma la forza di Lufthansa non gli permette di andare oltre piccole compagnie low cost. Per quanto liberalizzato, il mercato del trasporto aereo resta regolato da cartelli continentali: come negli Stati Uniti, in Europa nessuna compagnia con sede fuori dei suoi confini può possedere più del 49% di un’azienda europea, pena la perdita dei diritti di traffico. In questo senso la conquista di Alitalia ha ben altro peso: pur avendo un numero relativamente basso di aerei (circa 160), entrare dallo stivale significa garantirsi gli accordi bilaterali che permettono i voli da Roma verso tutte le principali destinazioni del mondo. Quanti di questi aerei avranno la livrea Alitalia, starà alla capacità di negoziato dei soci nostrani. «Tratteranno sapendo che il nostro obiettivo è dare un futuro strategico alla compagnia», sintetizza il ministro dei Trasporti Lupi.
Per il governo l’argomento decisivo a favore della trattativa con gli arabi è l’interesse verso Fiumicino: per loro sarà l’«hub» europeo della compagnia, senza correre il rischio - come lo sarebbe stato nel caso di nozze con i franco-olandesi - di entrare in concorrenza con Parigi e Amsterdam. Una fonte che ha visto da vicino il dossier spiega: «Nei piani del management di Etihad Roma sarà lo scalo europeo per i voli da e verso gli Stati Uniti e il Sudamerica. Ma proprio per questo dovrà avere lo stesso standard di qualità di Abu Dhabi, e sono consapevoli che l’attuale mole di investimenti non sono garanzia sufficiente». Ecco perché una delle questioni che verranno discusse sull’asse Roma-Abu Dhabi nelle prossime settimane è l’eventuale ingresso del fondo sovrano della famiglia - Mubadala, guidato dallo stesso principe Bin Zayed - nel capitale di Aeroporti di Roma. Sarà un tavolo parallelo a quello che entro trenta giorni promette di mandare a nozze Alitalia ed Etihad. Gli arabi hanno posto tre condizioni: la riduzione del personale di duemila unità, in particolare quello di terra. Una trattativa con le banche azioniste, che si dovranno far carico di parte del debito non coperto da garanzie reali, o diversamente aumentare le proprie quote, certezze sulle regole in vigore sui cieli italiani. Delle prime due questioni si occuperanno i rispettivi management, del terzo dovrà in qualche modo farsi carico il governo. Si parla di un investimento da almeno 300 milioni fino ad un massimo del 49% di Alitalia, e di un nuovo aumento di capitale. Resta da capire che farà Air France-Klm, che dopo tanto trattare si ritrova con una quota del 7% e il rischio di diluirla ancora. Ma c’è chi scommette che alla fine saranno della partita, e che la nuova Alitalia-Etihad sarà parte della grande alleanza di Sky Team.
Twitter @alexbarbera