Il Post 3/2/2014, 3 febbraio 2014
LA BREVE VITA DI PHILIP SEYMOUR HOFFMAN
Philip Seymour Hoffman, che è morto domenica 2 febbraio a 46 anni, era stato negli ultimi due decenni uno degli attori americani più ammirati e di successo, con parti importanti in tantissimi film di qualità. Il New York Times lo aveva definito più volte “uno dei migliori attori della sua generazione” e si tratta di un’opinione piuttosto condivisa e poco discussa: era uno di quei pochi attori in grado di attrarre da solo interesse e curiosità riguardo un film – BBC dice oggi che “elevava qualsiasi film in cui recitasse” – e con una faccia e una persona inconfondibili. Aveva vinto un premio Oscar come attore protagonista, era stato nominato tre volte come miglior attore non protagonista e aveva vinto moltissimi altri premi, ma i premi raccontano solo un pezzo della sua carriera: ha avuto ruoli importanti anche in film per cui non ne ottenne – Quasi famosi, Moneyball, per dirne uno caro al Post, o La 25esima ora – ma che comunque sono memorabili.
Hoffman stava da molti anni insieme a Mimi O’Donnell, una costumista che aveva conosciuto nel 1999 mentre lavoravano insieme a uno spettacolo teatrale. Avevano tre figli: Cooper Alexander, 10 anni; Tallulah, 7 anni; e Willa, 5 anni. Hoffman era nato a Fairport, New York: sua madre era magistrato e attivista per i diritti civili, suo padre un dirigente della Xerox, aveva due sorelle e un fratello. Faceva teatro e cinema da una vita: aveva studiato alla Tisch School of the Arts a New York e aveva cominciato già da ventenne a ottenere piccole parti. E leggeva moltissimo, come aveva raccontato in una lunga intervista del 2004 con The Believer: i corridoi di casa sua sono pieni di libri “e come moltissimi lettori, ha la tendenza a non finire i libri che inizia, distratto dal lavoro o più spesso da altri libri”. Aveva una voce cavernosa da ex fumatore e una grossa risata, e ha sempre avuto una corporatura robusta – “noi Hoffman siamo fatti così”, aveva detto a Esquire nel 2012.
Il primo film a renderlo famoso nel mondo è stato probabilmente Il talento di Mr. Ripley, nel 1999, ma prima aveva già avuto ruoli apprezzati in Magnolia (“è uno dei migliori film che abbia mai visto e lo difenderò fino alla morte”, ha detto una volta), Flawless e Happiness, e parti minori in film importanti come Il grande Lebowski, Boogie Nights e Scent of a Woman, remake del Profumo di donna di Dino Risi. Dal 1999 in poi aveva ottenuto diversi ruoli importanti e con grandi registi, anche se raramente gli capitava di essere il protagonista unico del film: La 25esima ora con Spike Lee, Onora il padre e la madre con Sidney Lumet, La guerra di Charlie Wilson con Mike Nichols (e scritto da Aaron Sorkin), Il Dubbio con John Patrick Shanley, Synecdoche, New York con Charlie Kaufman, Le idi di marzo con George Clooney, The Master con Paul Thomas Anderson. Il suo film più importante e famoso è però probabilmente Capote, uscito nel 2005, nel quale interpretava lo scrittore Truman Capote: vinse una montagna di premi, tra cui il premio Oscar per il miglior attore.
Hoffman negli anni aveva continuato anche a lavorare a teatro – pensava fosse l’attività artistica più “onerosa” emotivamente – e nel 2010 aveva diretto il suo primo film, Jack Goes Boating, che non è mai arrivato in Italia e anche negli Stati Uniti uscì in pochissime sale, ma che fu apprezzato dalla critica. Negli ultimi anni aveva avuto un ruolo secondario dei film della serie The Hunger Games, di cui sono ancora in corso le riprese del quarto film (le riprese del terzo film, che uscirà nel 2015, sono invece concluse). I suoi ultimi film da attore sono stati God’s Pocket, nel quale Hoffman recita insieme con Richard Jenkins, Christina Hendricks e John Turturro, e A Most Wanted Man, basato su un romanzo di John le Carré, in cui recita con Rachel McAdams, Robin Wright, Willem Dafoe e Daniel Brühl. Entrambi sono stati presentati pochi giorni fa al Sundance Film Festival – qui c’è un’intervista con Hoffman girata durante il festival – e usciranno nelle prossime settimane.
Stando a quello che riportano le testate statunitensi, Hoffman è morto di overdose nel suo appartamento. Lo scorso maggio aveva detto di essersi fatto ricoverare in un centro di riabilitazione per via di una dipendenza da eroina: aveva spiegato al sito TMZ di aver sviluppato una dipendenza da un farmaco e che da lì era passato poi di nuovo all’eroina, e dopo una settimana si era fatto ricoverare. Hoffman aveva avuto già problemi con la droga da ragazzo: aveva raccontato quel periodo in un’intervista televisiva nel 2006, dicendo che «il problema era la droga, era l’alcool, era qualsiasi cosa su cui riuscissi a mettere le mani… mi piaceva tutto». Si fece ricoverare subito dopo essersi laureato e da allora era rimasto “pulito”, fino al 2013.
Nell’intervista del 2012 a Esquire aveva spiegato come si considerasse fortunato per il fatto che per la gran parte della sua carriera non fosse stato un attore “da copertina”, popolarissimo come altri grandi attori americani:
«Ci penso spesso. Credo che oggi sia meno vero di un tempo, più invecchio e più perdo il mio “anonimato”. Penso che sia perché oggi per le persone è molto più facile vedere tutto. Negli ultimi cinque anni le nostre foto – le mie, le tue, quelle di tutti – sono finite ovunque. Non è che le persone guardano più film, è che le immagini sono ovunque. Per gli attori più giovani sarà sempre più difficile mantenere un profilo basso. E questo anzi non vale solo per gli attori, vale per tutti».