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 2014  febbraio 02 Domenica calendario

QUESTA TIVÙ È TUTTA UN MAGNA MAGNA


Dal cibo alla sua strumentalizzazione, il passo è stato breve. Spinti dalla mania di portare nelle case del proprio pubblico la buona tavola e tutto ciò che ne consegue, ma spinti parimenti dalla paura di fomentare strani eccessi, autori e produttori televisivi sono andati oltre e, a fianco di show già consolidati come MasterChef, Cuochi e Fiamme, Cucina con Ramsay e via dicendo, i palinsesti televisivi si sono piano piano riempiti di show originati dalla paura di cui sopra. Adolescenti XXL, Teenager in crisi di peso, Tesoro salviamo i ragazzi e tutta quella serie infinita di programmi nati dal tentativo di esorcizzare, spettacolarizzandolo, il problema dell’obesità infantile, fanno coppia ora con altri programmi, paideutici per alcuni, insulsi per altri. Frotte di esperti o sedicenti tali si sono infatti lanciati in arringhe minacciose, perché fermarsi a guardare un ragazzino di 200 kg che piange e suda nel tentativo di sollevarsi da terra non è sano né carino. Soprattutto, dicono, non è giusto per loro, considerati e trattati alla stregua di persone «normali»; l’obesità è invece una malattia, minimizzata dai tanti, troppi, docureality americani e non. Peggio, è una malattia che si cerca continuamente di monetizzare e vendere in nome di una sorta di carità cristiana e della volontà di sentirsi parte di un gruppo.
Eppure, la tendenza inaugurata qualche anno fa dai primi programmi che, tra Mtv e E!, facevano di ragazzini emarginati e cicciottelli delle vere e proprie superstar, capaci di cambiare se stessi in maniera tanto radicale, sta cominciando a raccogliere proseliti anche tra le fila di cinema e dintorni. In particolare, è stato un documentario prodotto da Katie Couric e presentato nei giorni scorsi al Sundance Film Festival a riportare in auge la discussione sui pro e contro della spettacolarizzazione dell’esser grassi. Fed Up, poi acquistato dalla Radius-Twc, racconta con toni drammatici quello che, con più attenzione al divertimento, viene raccontato in programmi come Obesi: un anno per rinascere. Stiamo parlando della battaglia estenuante condotta dai tanti bambini obesi d’America e dai loro genitori per eliminare definitivamente i chili di troppo. Lacrime, sconforto, sudore e tantissime cadute sono rappresentate nel documentario in funzione della rivelazione finale, un brutto colpo per la nazione di Obama.
Una campagna di trent’anni, condotta dall’industria alimentare col supporto e la collaborazione del governo americano, avrebbero portato scientemente a quella che viene definita oggi «la più grande epidemia sanitaria della storia»; non solo gli obesi patologici, ma l’umanità tutta deve quindi prestare attenzione a cosa ingerisce, fare della saggezza popolare riguardo al movimento e alla dieta il proprio mantra.
Il cibo ti fa bella, insomma oltre a essere il titolo di un programma di Real Time sembra essere la speranza concreta alla quale gli autori accusati di lucrare sulle sofferenze altrui vogliono portare chi invece li segue. E se lo scopo è lodevole, ancor più lodevole è il modello che, volenti o nolenti, i protagonisti di Extreme Makeover Diet Edition, annessi e connessi, contribuiscono a portare alla ribalta: un modello il cui cardine è rappresentato non dalla mortificante ricerca della perfezione che porta belle donne a plastificarsi la faccia, ma da una tanto banale quanto producente voglia di normalità.Come a ricordare che,se vuoi mangiare quello che Gordon Ramsay, Benedetta Parodi e Buddy Valastro cucinano in diretta tv, non puoi pensare di farlo stando seduta sul divano a pregare di non ingrassare: devi alzarti e, correndo imprecando come fanno i protagonisti di Biggest Loser, maledire il giorno in cui hai acceso la televisione prima di metterti ai fornelli. Struccata, con le ciabatte ai piedi, non certo sui tacchi della Parodina.