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 2014  febbraio 02 Domenica calendario

PURE MISS 1243 CAS SI È COMPRATA GLI ESAMI ALL’UNIVERSIT


«Dio li fa e poi li accoppia » recita un antico adagio. In questo caso li accoppia nelle aule dei tribunali. Eppure i due non potrebbero essere più diversi. Lei, bellezza mediterranea assai charmant, anima i salotti della Roma parodiata nella Grande bellezza; lui, aspetto fragile e carattere ferrigno, è una specie di monaco guerriero con la passione per il podismo: sino a qualche giorno fa era facile avvistarlo all’alba a Villa Borghese inseguito da un codazzo di aspiranti (e spompati) collaboratori. Stiamo parlando dei due protagonisti delle cronache economico-giudiziarie di questi giorni, ovvero del dimissionario presidente dell’Istituto nazionale per la previdenza sociale (Inps) Antonio Mastrapasqua, 54 anni, e dell’imprenditrice Angiola Armellini, di un anno più grande. Mastrapasqua e Armellini potrebbero incrociarsi presto in piazzale Clodio, dove ha sede la procura di Roma. Lui è indagato per truffa ai danni dello Stato (in un’in - chiesta sui presunti rimborsi gonfiati dell’ospedale israelitico di Roma di cui Mastrapasqua è direttore generale), lei per associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale per una presunta evasione da 2 miliardi di euro. Ma se ad accomunarli oggi sono due diversi procedimenti giudiziari, in passato hanno condiviso la stessa aula e gli stessi giudici. Infatti vennero coinvolti entrambi in Esamopoli, la mega-inchiesta degli anni ’80 e ’90 su un commercio di esami universitari gestito da personale non docente dell’università La Sapienza di Roma. Un’indagine che all’epoca travolse decine di studenti di Economia e commercio e Giurisprudenza. Nel primo fascicolo finì anche il futuro presidente dell’Inps. Nel 1997, alla fine di un tortuoso iter giudiziario venne condannato in via definitiva a dieci mesi di carcere per falsità ideologica. Ma tra gli universitari coinvolti da quello scandalo c’era anche Armellini. Oggi la signora, figlia del costruttore Renato, è proprietaria di un piccolo impero di tre holding domiciliate in Lussemburgo e un patrimonio immobiliare di 1.243 immobili quasi tutti nella Capitale, ed è indagata per una presunta evasione di 80 milioni e per una mancata denuncia di redditi esteri per circa 2 miliardi di euro in dieci anni. Ma, come detto, i suoi guai giudiziari iniziano molti anni fa, quando il pm Sante Spinaci contesta la validità anche della sua laurea in Economia e commercio. Le indagini prendono il via nel gennaio del 1985 quando il preside della facoltà, Ernesto Chiacchierini, apprende che si possono acquistare alcuni degli esami considerati più difficili. La responsabile della segreteria degli studenti, Maria Mustari, inizia a indagare tra i ragazzi che avevano richiesto la sostituzione del libretto, denunciandone lo smarrimento dopo l’appello di Istituzioni di diritto privato. «Alcuni studenti le avevano dichiarato spontaneamente di non aver mai sostenuto e superato l’esame ma di aver comprato tale esame tramite E. P. che prestava servizio di bidello presso l’istituto di diritto privato al che ella li aveva consigliati di denunciare i fatti». Si scopre pure il tariffario: l’esame veniva venduto «dietro pagamento anche a rate di una somma che partiva da un prezzo minimo 500 mila lire». In principio i reati contestati sono quelli di falso materiale (la modifica degli statini e dei verbali), corruzione e falsità ideologica (per aver chiesto e ottenuto di dare la tesi di laurea presentando un curriculum universitario falso e traendo per questo in inganno i professori). Nella rete dei magistrati, come detto, finisce anche Armellini, sebbene venga processata in un filone successivo rispetto a quello di Mastrapasqua: il 19 dicembre 1991 è condannata in primo grado a un anno e sei mesi per 4 esami non dati (Diritto privato, Diritto commerciale, Ragioneria pubblica e Tecnica bancaria e professionale). Per altri due appelli contestati dal pm, Economia politica 2 e Ragioneria generale e applicata 2, viene invece assolta con formula piena. Nel 1996, ormai ventottenne, è condannata in Appello insieme con Mastrapasqua e altri quindici studenti a dieci mesi di reclusione solo per la falsità ideologica. In Cassazione, nel 1997, non viene accolta la sua richiesta di annullare il giudizio di primo grado «per vizio della notifica del decreto di citazione». La Suprema corte le dà però ragione su un altro punto e la sua vicenda ritorna in Corte d’appello per verificare se «il giudice di primo grado avesse erroneamente valutato gli elementi probatori». La conclusione della vicenda la svela l’avvocato Alba Torrese, attuale difensore di Armellini: «Alla fine la signora è stata condannata e anche lei, come Mastrapasqua, ha chiesto e ottenuto la riabilitazione». Ma dopo la cancellazione del diploma ha ridato gli esami contestati e la tesi? «No, non si è più laureata».