Stefano Filippi, il Giornale 2/2/2014, 2 febbraio 2014
DI BATTISTA SI MONTA LA TESTA: VOGLIO FARE IL PREMIER
Con sommo sprezzo del ridicolo, sbattendo le ciglia davanti a Daria Bignardi, il narciso a 5 stelle Alessandro Di Battista ha dichiarato ufficialmente di essere pronto a fare il presidente del Consiglio. A 35 anni, con un passato senz’arte né parte e un presente da pasdaran parlamentare che in realtà adora il potere, il grillino che protesta si è montato la testa.
La sua fortuna è tutta in un nome: Gianroberto Casaleggio. Dopo aver preso una laurea inutile (il Dams all’università di Roma tre) e un master in tutela internazionale dei diritti umani, «Dibba» prese a girare il mondo come volontario e cooperante. Sul passaporto ha i timbri di Guatemala, Congo, Bolivia, Cile; il Chiapas era la sua terra promessa e l’esercito zapatista il suo idolo: deve avere imparato da loro la tecnica della guerriglia parlamentare. Si manteneva con qualche reportage e fu appunto la Casaleggio e Associati a pubblicargli nel 2012 un’inchiesta intitolata «Sicari a 5 euro», il che lo autorizza a incensarsi come «scrittore» nel curriculum della Camera.
Forte di cotanto appoggio, per lui è stato un giochetto piazzarsi quarto nelle «parlamentarie» grilline alla Camera. La sera dell’elezione ha ricevuto i giornalisti nel seminterrato dell’hotel St John, poco lontano dal Laterano, e in un baleno, con Grillo barricato a Genova, è diventato il volto piacione dei Cinque stelle, barbetta accuratamente incolta e sarcasmo da vendere: «Siamo inesperti, ma se ce l’ha fatta Scilipoti perché non possiamo farcela noi?».
Una battuta che «Dibba» si è rivenduto mettendo piede a Montecitorio fasciato in un elegante abito scuro («se ce l’ha fatta Gasparri ci può riuscire chiunque») e anche in aula intervenendo sul caso dei marò. «Noi siamo giovani e inesperti, ci siamo chiesti se fossimo all’altezza del compito, ma se voi siete i tecnici faremo meglio di voi», disse al dimissionario ministro Terzi. Laura Boldrini gli strinse la mano in Transatlantico, accomunata a «Dibba » dal terzomondismo antimperialista.
I complimenti della Boldrini hanno esaltato la vanità di Di Battista: gli piace piacere, raccontarsi, riempirsi di sé, far sapere che è stato sulle Ande e che non può avere altro posto che in commissione Esteri «perché so un sacco di lingue». Infatti ne è diventato vicepresidente, e ciò gli ha consentito di volaredagli Indignados a Madrid e dai palestinesi in Medio Oriente, da Alma Shalabayeva in Kazakhstan e da Julian Assange a Londra.
Che fosse un rampante si sapeva. Quando i grillini dovevano decidere i candidati alla presidenza di Camera e Senato, disse: «Certo che farei il presidente ». E molto a malincuore contribuì ad affossare l’incarico a Pier Luigi Bersani: «Se gli avessimo votato la fiducia forse sarei sottosegretario agli Esteri », sorrise a denti stretti. La scalata alla popolarità ha ricevuto la spinta decisiva quando Casaleggio, ancora lui, lo scorso maggio ha selezionato il gruppo di 9 fedelissimi cui insegnare come stare in tv. Di Battista ha imparato benissimo: convocato da Santoro, ha accettato di intervenire in collegamento esterno e senza contraddittorio. Aver superato l’«X factor» pentastellato ha trasformato il terzomondista che insegnava catechismo in parrocchia ai ragazzi della cresima con Marianna Madia (anche lei futura deputata, ma nel Pd) in un talebano antisistema. È tornato precipitosamente da Gerusalemme per il filibustering contro il decreto «Fare». È salito una notte sul tetto della Camera beccandosi cinque giorni di sospensione. Ha occupato i banchi del governo. Ha dato dei «ladri » ai colleghi deputati scontrandosi con la Boldrini. Il filmato del battibecco è stato proiettato durante l’ultimo V-day e Beppe Grillo è andato in orgasmo: «Alessandro, stavolta mi hai superato », ha urlato dal palco di Genova. E «Dibba» si è convinto di essere il prossimo candidato premier del M5S.