Enzo Biagi, Il Fatto Quotidiano 2/2/2014, 2 febbraio 2014
“SONO UN DEVOTO DI ANDREOTTI, MI È STATO VICINO”
Onorevole Lima, perché lei viene spesso citato come simbolo della cattiva politica siciliana?
Gli attacchi contro di me hanno un inizio ben preciso, dal periodo del milazzismo. Ricordo che in quel tempo le forze che si coagulavano attorno al democristiano Silvio Milazzo, dai comunisti ai missini, ai monarchici e ai monarchici popolari, che con i loro voti era diventato presidente della Regione, battendo il candidato fanfaniano, tentarono di conquistare anche il comune di Palermo da me amministrato. Non vi riuscirono e da allora io sono diventato il diavolo personificato.
Chi è Ciancimino per lei? Un amico?
È uno che ha militato per tanti anni nella Dc e io ricordo i periodi in cui, anche se ci trovavamo in correnti opposte, ci davamo da fare con entusiasmo per organizzare il partito. Poi sono venute fuori tutte queste vicende, ma mi sembrerebbe ingiusto dire che non lo conosco, come spesso tanti fanno.
Ma chi è?
Era uno che ha finito per confondere la politica con le sue attività economiche, e sono cose che non sempre si riesce a coniugare insieme, e allora ha avuto una lunga serie di disavventure.
Nello Martellucci che fu sindaco di Palermo all’inizio degli anni Ottanta, ha dichiarato che chi lo aveva preceduto sulla poltrona di primo cittadino era solito frequentare casa Ciancimino per chiedere consiglio, per prendere ordini. Lei frequentava casa Ciancimino?
Io non frequentavo la casa di Ciancimino: sapevo sbagliare da solo.
Elda Pucci, anche lei è stata sindaco di Palermo, ha detto che da tempo dentro la Dc Ciancimino era molto chiacchierato, addirittura al congresso di Agrigento del febbraio 1983, disse che su Ciancimino fu dato un giudizio morale negativo e fu allontanato. Lei cosa ricorda?
Al congresso nei confronti di Ciancimino giudizi morali non furono espressi. Ricordo che alcuni esponenti della Dc cercarono di fare in modo che ci fossero due liste: una che facesse capo alla nostra corrente, quella andreottiana, che avrebbe dovuto raggruppare tutto il centro del partito e la lista di Ciancimino. La discussione fu accesa. Io dissi, invece, che la nostra corrente sarebbe stata disponibile a un accordo solo se ci fosse stata una lista unica comprendente anche quella di Ciancimino. Avendo ricevuto un rifiuto, in particolare dall’onorevole Antonino Gullotti, doroteo, allora noi decidemmo di presentare una lista per conto nostro. Ciancimino rimase isolato e non ebbe rappresentanza, perché non raggiunse il quorum del cinque per cento, come da regolamento. Probabilmente Elda Pucci, quando ha parlato di allontanamento, intendeva questo.
Lei è stato sindaco di Palermo per sette anni, del degrado della città non si sente in qualche modo un poco responsabile?
Palermo è una delle poche città italiane che ha sempre avuto uno strumento urbanistico. Considero mio merito, non appena eletto, aver portato al Consiglio comunale per l’approvazione il piano regolatore che era stato redatto da una commissione nominata molto prima, della quale facevano parte docenti universitari appartenenti a tutte le parti politiche. Palermo ha sempre costruito secondo norme. Non c’è abusivismo speculativo.
Lei al Comune di Palermo, oltre a essere stato sindaco per due mandati, ha svolto il ruolo di assessore ai Lavori pubblici e vicesindaco. C’è chi sostiene che appalti importanti venivano assegnati a trattativa privata. Era un accordo preso con tutti i partiti?
In genere quando si trattava di deliberare potevano esserci dei contrasti tra chi governava e chi stava all’opposizione, e si votava a maggioranza. Quando si trattava di delibere di una certa importanza, come gli appalti di costruzione o di manutenzione, cercavamo il consenso più largo possibile. Ci siamo sempre preoccupati di avere larghe maggioranze per evitare che l’amministrazione venisse accusata di fare colpi di mano.
Il pentito Stefano Mannoia ha detto che lei era amico del boss della cosca mafiosa di Santa Maria di Gesù, Stefano Bontade. Lo ha mai incontrato?
Mai, né Mannoia, né Bontade, né ho mai messo piede nel bar in cui Mannoia dice che avvenivano gli incontri.
E Buscetta lo ha mai conosciuto?
No.
Dai discussi esattori Salvo che facevano e disfacevano i governi, ricevette in dono un’auto blindata. Perché?
Nessuno ha mai sostenuto che mi sia stata regalata questa vettura; è vero invece che durante quel periodo di terrorismo mafioso me ne è stata data una in prestito. Ma allora gli esattori non erano quelli inquisiti almeno per quello che si sapeva. Non sono assolutamente tra coloro, come risulta da documenti ufficiali, che li hanno favoriti, mentre altri, di cui non si parla, erano dei sostenitori, prove alla mano, dei due cugini Salvo.
Ha mai ricevuto assegni per le sue campagne elettorali?
Di amici, certo, di piccoli importi.
Ciancimino ha raccontato che un imprenditore gli aveva consegnato 50 milioni da distribuire tra chi sosteneva la campagna elettorale di Giulio Andreotti ispirata alla solidarietà nazionale, nella seconda metà degli anni Settanta.
A me non risulta. La cifra è spropositata, i contributi come ho detto prima sono sempre stati sull’ordinediqualchemilione.Lasuaèunadomanda che andrebbe fatta al segretario amministrativo dell’epoca, abilitato a ricevere contributi.
Da che cosa nascono le denunce contro ministri e onorevoli di questi giorni?
Ho una convinzione: l’attacco riguarda i partiti in genere. Ci deve essere un disegno che tende a destabilizzare, prima di tutti la Dc, e si tenta di colpirla soprattutto nel Mezzogiorno e in Sicilia, perché là riscuote maggiori consensi.
Qualcuno l’ha calunniata?
In continuazione, sempre, da trent’anni a questa parte. A questa situazione mi sono abituato, e ho pensato spesso di ritirarmi dalla vita politica, ma ho sempre desistito perché non mi sembrava giusto farlo sotto la pressione di accuse che considero assolutamente immeritate.
Perché il suo nome ritorna 36 volte nelle relazioni della commissione Antimafia?
Il mio nome non è stato preso in considerazione dalla relazione di maggioranza. Si occupa di me quella di minoranza, e vengo citato spesso per motivi futili. Tuttavia su questo documento, più le altre schede, che non costituivano un segreto, più gli articoli dei giornali, c’è un’indagine da parte della magistratura che ha dichiarato: “Non doversi procedere”, per la irrilevanza dei fatti.
Lei ha dei nemici? Chi sono?
Quello che mi dà maggior angoscia è scoprire la cattiveria umana, questo mi spaventa. Qualche nemico certamente viene fuori, e mi sorprende perché non riesco a giustificarli anche dopo avere fatto approfonditi esami di coscienza.
Lei è religioso?
Sì, sono cattolico, non bigotto.
Che ne pensa di Leoluca Orlando? Perché ce l’ha con lei? Sa di che cosa l’accusa? Di collusione coi mafiosi?
Quando Leoluca Orlando è stato eletto per la prima volta sindaco con una formula pentapartitica, e quindi coi comunisti all’opposizione, intratteneva con me buoni rapporti. Quando poi ha ritenuto, a seguito di un veto posto dai socialisti sulla sua persona, di dar vita a una giunta appoggiata all’esterno dai comunisti, che poi sono entrati organicamente, allora io e gli amici della mia corrente ci siamo opposti decisamente. Da quel momento sono diventato il suo nemico numero uno. È noto il fatto che avrebbe preteso di candidarsi alle elezioni europee al posto mio, ma non è stato assecondato dalla nostra direzione.
Lei quanti voti ha preso?
Attorno ai 240 mila.
C’è la mafia, in Sicilia? E che cosa fa?
La mafia certo che c’è. Fa affari.
Andreotti l’ha sempre difesa. Chi è per lei il presidente del Consiglio?
È una persona per la quale provo una grande devozione. Lo stimo come politico e gli sono grato perché me lo sono trovato vicino in certi momenti difficili. Le assicuro che dentro la Democrazia cristiana non è facile.
Hanno ucciso il suo amico Michele Reina, segretario provinciale della Dc. Lei ha paura?
Qualche volta sì.
La vedova di Reina ha dichiarato che tra il marito e Ciancimino ci furono contrasti molto accesi, e che il marito le disse che Ciancimino era molto vicino ad ambienti mafiosi. Questo a lei Reina lo aveva confidato?
Certo tra i due c’erano contrasti come accade spesso in politica, duravano il tempo di una discussione. Non ricordo che tra i due ci fossero contrasti accesi, assolutamente no. Reina, che era un mio amico, se mi avesse parlato di Ciancimino vicino alla mafia me ne ricorderei.
Quanti posti, cariche, ha la sua corrente in Sicilia?
Due assessori regionali e il capogruppo in Regione. Nei comuni non ricordo esattamente.
E negli enti, banche, aziende pubbliche?
Al Banco di Sicilia è stata rinnovata proprio adesso la carica di presidente e di direttore generale, non c’è stata lottizzazione, si sono adottate soluzioni interne. Lo stesso per la Cassa di Risparmio e, fatto unico in Italia, per i manager delle Usl di tutta l’isola si è proceduto a sorteggio.
Complimenti. Che cos’è per lei il potere?
Credo sia opinione diffusa che il potere lo si amministra attraverso la gestione politica di tutto ciò che è pubblico, mi pare che anche nel settore privato se ne usa in abbondanza.
Cosa ne dice degli attacchi a Calogero Mannino e a Rino Nicolosi, due della corrente di sinistra della Dc?
In entrambi i casi credo che sia stato ampiamente dimostrato che si è trattato di due montature.
In una sentenza il giudice Terranova, poi ucciso da Cosa Nostra, ha scritto che lei non poteva negare favori ad Angelo e Salvatore La Barbera, due capimafia. Li ha mai visti?
Questo trae origine da una mia spontanea dichiarazione fatta al magistrato che mi chiedeva se avessi mai incontrato uno dei due; l’altro non l’ho mai visto. Ho risposto che era venuto al Comune a chiedere un permesso di posteggio dei camion in una piazza dove un mio amico faceva lavori di ristrutturazione nel suo negozio. Di lui non avevo mai sentito parlare prima.
Perché non si è fatta mai luce sui grandi delitti politici?
I giudici hanno depositato di recente una sentenza di rinvio a giudizio, credo che le indagini continuino. La mafia, allora, perché sarebbe forte, se fosse facile incastrarla?
Perché ha scelto Strasburgo e non Roma?
Sono stato per tre legislature deputato al Parlamento nazionale, e per quattro anni sottosegretario. Quando ho sentito che si andava a eleggere un Parlamento europeo mi è sembrato esaltante poter fare questa esperienza.
Lei è sempre stato andreottiano?
No, sono stato prima fanfaniano.
Perché fa politica?
Spesso me lo chiedo anch’io; forse perché ho cominciato a 15 anni e non sapevo fare altro.
Si può battere Cosa Nostra?
Non dall’oggi al domani. Credo sia un processo lento, a parte i metodi tradizionali, bisogna cercare di incidere nella formazione dei giovani per cancellare dalla cultura siciliana quel residuo di romanticismo che accompagna la mafia.
Che peccati hanno commesso gli altri partiti?
Credo che tutti i partiti abbiano condiviso meriti e demeriti.
Che significa essere siciliani?
Significa essere profondamente attaccati alla propria terra e soffrire quando si vede che le cose non vanno come si vorrebbe.
C’è qualcosa di cui si pente?
Certamente sì, anche se non mi viene in mente nulla di particolare.
Santoro e Costanzo, qualche giorno fa, hanno fatto una trasmissione dedicata a Libero Grassi, vittima della mafia. Se l’avessero invitata, avrebbe accettato?
No.
I magistrati fanno sempre il loro dovere?
Ritengo di sì. Se qualche volta sbagliano considero giusto concedere loro l’attenuante della buona fede.