Giacomo Galeazzi, La Stampa 2/2/2014, 2 febbraio 2014
L’ITALIA DELLE RELIQUIE DOVE LA FEDE AUTENTICA SCONFINA NEL PROFANO
Sei giorni di ricerche serrate, poi il ritrovamento, in più fasi, di tutta la reliquia trafugata dal santuario di San Pietro della Ienca alle falde del Gran Sasso: il tessuto intriso del sangue di papa Wojtyla, tolto dalla teca di metallo, era stato strappato e abbandonato dai ladri, che non ne avevano capito il valore, in un garage. La polizia ha trovato in casa di uno dei tre responsabili del furto sacrilego i filamenti di seta dorata che sostenevano nella teca, con una cucitura, il sacro resto. «Un miracolo ritrovare tutto» commentano gli investigatori.
Una vicenda , a lieto fine, che ha riacceso i riflettori sull’Italia devota che venera le reliquie. Le ostensioni delle spoglie mortali dei santi e il culto delle reliquie fanno parte della tradizione cattolica, però la Chiesa ha sempre messo in guardia dal rischio di far sconfinare la devozione popolare in superstizione. Si tratta di pratiche diffuse fin dalle origini del cristianesimo: il culto delle reliquie è antichissimo. La ricerca dei luoghi di guarigione e le vicende dei santi svelano leggende, storie e tradizioni spesso sorprendenti e utili a focalizzare la natura umana. Ma al tempo stesso il culto delle reliquie è una materia delicata, da sottrarre all’irrazionalità di chi grida troppo facilmente al miracolo. Per questo entra in gioco la disciplina del codice di diritto canonico. Si possono, infatti, onorare con culto pubblico solo quelle reliquie la cui veridicità sia stata certificata dall’autorità ecclesiastica ed è assolutamente illecito venderle. Pregare davanti al corpo di un santo o a una sua reliquia, significa ringraziare Dio che lo ha sostenuto nel cammino verso la santità. Il fine dell’adorazione, perciò, deve restare Dio. Approfondire storicamente il senso di questa devozione può anche portare alla scoperta di un senso della fede più autentico.
Il culto delle reliquie, però, va distinto dai pellegrinaggi, mutati di fisionomia rispetto al Medioevo e con i santuari come meta. Il Concilio Vaticano II si è occupato delle reliquie. I santi sono venerati nella Chiesa, secondo la tradizione, e le loro reliquie e immagini sono tenute in onore. Le feste dei santi proclamano le «meraviglie di Cristo nei suoi servi» e propongono ai fedeli opportuni esempi da imitare. La reliquia è la testimonianza viva di un santo o di un beato. E’ una realtà fisica che ha una relazione speciale con la grazia. Esistono due tipi di reliquie. Il primo tipo è costituito dal corpo e può essere concesso esclusivamente per culto pubblico (in una chiesa, in un oratorio, in un seminario). Il secondo tipo è rappresentato dagli indumenti o dagli oggetti che sono stati in contatto con il corpo di un santo, vivo o morto. Spesso le reliquie diventano veicoli del sacro, ma occorre inquadrare correttamente la loro funzione.
In alcuni casi, come per l’ostensione delle spoglie mortali di Padre Pio, è affiorato il pericolo di un eccesso di devozione miracolistica. Sotto il profilo teologico le reliquie non sono fondamentali per credere, però possono essere un aiuto. A Costantinopoli gli imperatori bizantini hanno conservato per secoli questi frammenti di sacralità al punto da ritenerli un antidoto contro le eresie. I pellegrinaggi, poi, sono esperienze religiose universali ed espressioni tipiche della pietà popolare. I santuari, in particolare, hanno spesso un simbolismo che li connette alla Bibbia e a personaggi come Abramo, Isacco, Giacobbe. Nelle ostensioni spettacoli con uno scarso radicamento talvolta il valore autentico finisce in secondo piano rispetto ai grandi numeri dell’evento.