Emanuela Minucci, La Stampa 2/2/2014, 2 febbraio 2014
“HOLLANDE, CHE FIGURA È UN CAFONE RIDICOLO”
L’ex première suocera contro la deuxième dame. Ovvero Marisa Bruni Tedeschi (mamma di Carla Sarkozy) contro Julie Gayet, la fatal fiamma del president Hollande. Una trama che sembra scritta da Truffaut le trasforma in candidate-rivali all’Oscar francese - il César - come attrici non protagoniste. Così, due signore di grande fascino ed età molto diversa (la prima, classe 1930, la seconda, 1972) che vedono intrecciata la propria esistenza all’Eliseo, oggi si contendono il premio più prestigioso per un «second role»: l’avvenente Julie che ha scatenato le fughe in motorino di «monsieur le President» ha ottenuto la nomination per il film «Quai d’Orsay» di Bertrand Tavernier (in cui, ironia della sorte, interpreta la segretaria di un ministro e ad abundantiam si chiama pure Valérie), la seconda, Marisa Bruni Tedeschi, per l’interpretazione di se stessa nella pellicola «Un castello in Italia» diretto dalla figlia Valeria, sorella di Carla.
Signora Bruni, che effetto le fa contendersi la nomination al César con la scandalosa protagonista (stavolta vera) delle fughe d’amore del presidente francese, quel signore che ha preso da poco il posto di suo genero?
«A dire il vero mi fa sorridere, anche se devo dire la verità: non conosco per niente la signorina. Non l’ho mai incontrata e non ho mai visto un suo film».
Siete due donne che hanno avuto e hanno a che fare direttamente con gli uomini dell’Eliseo. Lei come suocera di Sarkozy, la Gayet come amante di Hollande. Come ha vissuto, da cittadina francese, questo scandalo?
«Posso dirle la verità? Lui si è comportato da vero cafone, anzi, da uomo ridicolo. Si è mai visto un uomo con questo ruolo correre dall’amante su un motorino? Da quando esiste il mondo i sovrani e gli uomini di potere hanno sempre avuto storie extraconiugali. Si chiamano favorite, si frequentavano con discrezione, nell’ombra, senza intaccare gli equilibri coniugali. Nessuno si sarebbe comportati in modo tanto infantile».
Giudizio tranchant. Ma cosa la indispone di più di questa storia, da donna che è stata nelle segrete stanze dell’Eliseo per quattro anni?
«La cosa che mi amareggia di più è la rapida uscita di scena di Valérie Trierweiler. Se fossero stati sposati non l’avrebbe potuta liquidare così. In questi casi gli uomini rispetto e classe se li mettono sotto i piedi».
Adesso però, la protagonista è lei, la bella Julie. Quanto ci tiene a batterla al César?
«La stupirò: non mi rallegra per niente questa nomination. Sono arrabbiata per mia figlia Valeria. Era lei, che ha fatto un lavoro immenso con “Un castello in Italia”, la storia della nostra famiglia, a meritare un riconoscimento. Stesso discorso per il bravo Filippo Timi. Valeria, comunque, è molto delusa e io sto con mia figlia. Se mi daranno quella “medaglia” forse non la ritirerò neppure».
Le piaceva di più la vita all’Eliseo o quella, comunque molto intensa e creativa, che fa adesso, recitando?
«Io all’Eliseo mi trovavo benissimo, direi una bugia sostenendo che non rimpiango quei giorni. È un luogo meraviglioso. Ciò non toglie che mi piaccia moltissimo recitare. Il 7 febbraio andrò a Venezia per un premio musicale, perché la musica resta la mia prima passione, ma presto comincerò a girare un nuovo film tratto da un libro di Tatiana De Rosnay “La chiave di Sarah”. Sì, suono, recito e faccio la nonna: tutto con grande piacere».
Già i nipotini, la piccola Giulia, figlia di Carla e dell’ex presidente Sarkozy e l’ormai ragazzino Aurélien...
«Sì trascorro molto tempo con loro, mi occupo soprattutto di Aurélien che mi dà grandi soddisfazioni».
E sua figlia Carla rimpiange i giorni da première dame?
«Assolutamente no. Può finalmente dedicarsi alla sua grande passione: cantare. È sempre in giro per tournée. Ha in programma sessanta concerti. Ultimamente ha girato la Francia, il Belgio, la Svizzera. Adora cantare e il pubblico lo sente. I suoi ultimi concerti a Vienna e a Monaco hanno riscosso un grandissimo successo».
E lei torna sempre volentieri in Italia?
«Sì appena ho una scusa torno. E la città di cui sento più la mancanza è Torino, anche se non abbiamo più una proprietà lì, da quando abbiamo venduto il castello di Castagneto. Ma lì c’è la tomba del mio primogenito Virginio, quella è la nostra terra. E anche nei giorni parigini più affascinanti, quelli vissuti all’Eliseo, c’era l’Italia e Torino negli occhi miei, e delle mie ragazze».