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 2014  febbraio 01 Sabato calendario

PERISCOPIO


Bisogna difendere le istituzioni. Quando le istituzioni se ne vanno, è la giungla che arriva. La scuola è un’istituzione e non si entra in una classe di scuola come in una carrozza del metro, l’esercito è meglio delle milizie, e quando lo stato si ritira, sono i mafiosi che occupano il terreno. Régis Debray, Le bel àge. Flammarion.

Un italiano su tre non arriva a fine mese, forse neanche Letta. Jena. La Stampa.

I grillini presentano l’impeachment e poi si riuniscono d’urgenza. «Dove va l’acca in impeachment?». Spinoza. Il Fatto.

Laura Boldrini fino a l’altra sera si era sempre rifiutata anche solo di minacciare l’uso della forza, pure in caso di necessità. Ha rinunciato a ciò che ai suoi predecessori era bastato e avanzato per zittire le opposizioni. Del resto alla Boldrini si addice solo la rampogna, il fervorino, la querula punturina; non la voce grossa che sciupa pure la messa in piega. Andrea Cuomo. Il Giornale.

La chimica che è scattata fra il Cavaliere nero e il Cavaliere bianco è che il Berlusconi non vede Renzi, anzi «Matteo», come un avversario, ma lo vede per quello che è: un concorrente, un rivale che gareggia con i colori di un’altra squadra ma che gioca sullo stesso campo, nello stesso stadio e, soprattutto, nella stessa categoria. Claudio Cerasa. Il Foglio.

Chi mi è stato più vicino in questi anni, Berlusconi o Alfano? La verità è che, per tre anni e nove mesi, io sono stato, per tutti, un appestato. Claudio Scajola, assolto per non aver commesso il fatto. la Stampa.

Il Parlamento che si riunisce, e Letta che è contento, ma cosa mai combinerà la minoranza del Pd, e Alfano è soddisfatto oppure no, e chissà adesso la Lega, e chissà poi Vendola, e i sondaggi sul voto futuro, e il partito di Grillo penalizzato, e i partiti maggiori, e quelli minori, e la soglia di sbarramento, e il quorum, e il futuro politico di qua, e il futuro politico di là, e ciccì, e ciucciù, e non sarà che la magistratura si sente un po’ troppo trascurata? Andrea Marcenaro. Il Foglio.

Alfano ha respirato la Dc in casa propria ad Agrigento, di cui il padre, è stato vicesegretario in quota scudocrociata. A 16 anni, l’età in cui gli altri leggono Salgari, Angelino si immerge invece in un libro appena uscito (1986) che solo dal titolo c’era da spararsi: Intervista sulla Dc. Una chiacchierata di Ciriaco De Mita con Arrigo Levi, in cui De Mita parlava di sé e delle sue idee. Angelino si accese di entusiasmo per l’uomo di Nusco e decise di seguirne le orme. Giancarlo Perna. Il Giornale.

Negli anni Novanta la sinistra c’era. Adesso è scomparsa. Allora era scombiccherata, pronta a mettere in azione una macchina da guerra senza accorgersi che era già a pezzi, sotto choc per il crollo del regime sovietico. Ma c’era. Oggi, in tutte le sue componenti più o meno moderate, più o meno estremiste, ha fatto fare ad altri, si è dileguata, si è nascosta. Ha evitato ogni parola, ogni discorso, ogni dichiarazione che potesse dare alla crisi del berlusconismo una connotazione che non fosse di moderatismo democristiano. Ritanna Armeni. il Foglio.

Dice Letta che in tre anni sarà pronta la banda larga. O, per meglio dire, lunga. Maurizio Crippa. Il Foglio.

Un tacchino è un pavone che non è riuscito. Roland Dorgelès. Le Figaro.

Il peggio che può capitare a un genio è di essere compreso. Ennio Flaiano.

Una stretta sui collaboratori esterni farebbe risparmiare alla mafia almeno un picciotto per cento, salvando gli uomini insostituibili e sciogliendo gli altri in vasche. Un modo spiccio ma efficace per far chiarezza anche nelle istituzioni. Massimo Bucchi. il venerdì.

Fu molto più impegnativo il match con Jean-Paul Belmondo. Andava molto fiero dei suoi bei denti. E li usava. Il giorno dopo, ero tutta un morso. Non capisco come Catherine Deneuve e Ursula Andress abbiano potuto sopravvivere. Orson Welles fece quanto doveva, senza togliersi il completo blu infarinato di cenere di sigaro. Robetta a confronto di Camilo José Cela, premio Nobel per la letteratura 1989. Si limitava a masturbarsi, ma esigeva che, nel frattempo, noi rompessimo i piatti che mettevamo noi anche se, alla fine, glieli caricavamo sul conto. Con Salvador Dalì la faccenda fu decisamente più hard. Era borioso, arrogante. Pretendeva che lo chiamassimo Divino e fesserie del genere. A un certo punto ordinò: «Voglio un’anatra». Gliela trovammo subito. Le dieci ragazzone svedesi che lo accompagnavano fecero schermo attorno a lui. Che con un coltello sgozzava l’anatra mentre la penetrava. Lydia Artigas, La Senora Rius, dalla morale disinvolta.

Ricordo ancora la prima domanda di quella incredibile intervista tra l’artista più anticonformista di New York (Andy Warhol) e il nostro artista italiano più tradizionale: «Signor Sordi, lei che ha fatto più di cento film, come riesce, ogni volta, a cambiar personaggio?». Sordi ridacchiò e rispose tramite me che lo traducevo. «Dì ad Andy che è facilissimo: una volta me metto un cappello da vigile, una volta da poliziotto, una volta da prete. Cambio solo il cappello, il personaggio sono sempre io!». Warhol sorrise. Capì che la scuola recitativa italiana non aveva niente a che vedere con l’Actor’s studio. Enrico Vanzina, Commedia all’italiana. Newton Compton.

Lei stava seduta in un angolo della panca mentre il tram andava avanti a scossoni, e aveva il viso tetro, sprofondato in se stesso, incredibilmente vecchio. Quando le aveva domandato perché tacesse in quel modo, era venuto a sapere che non era soddisfatta di come avevano fatto l’amore. Diceva che lui l’aveva amata come un intellettuale. Nel gergo politico praghese di allora, la parola intellettuale era un’ingiuria. Significava una persona che non capisce la vita e che si è allontanata dal popolo. A tutti i comunisti che in quel periodo erano impiccati da altri comunisti, veniva affibbiata quell’ingiuria. Si diceva che, rispetto a chi stava ben saldo su questa terra, loro volavano per aria. Per questo era giusto, in un certo senso, che l’esecuzione gli togliesse definitivamente la terra da sotto i piedi e che se ne restassero appesi un po’ più in alto. Milan Kundera, Il libro del riso e dell’oblio. Bompiani, 1978.

Sono rimasto orfano a 17 anni. Papà e mamma sono stati uccisi da una stufa: monossido di carbonio. Paolo Sorrentino, regista de La grande bellezza. GQ.

Vorrei essere diverso da quello che sono, ma non ho il tempo per diventarlo. Roberto Gervaso. il Messaggero.