Fabrizia Argano, ItaliaOggi 1/2/2014, 1 febbraio 2014
L’IMPEACHMENT È UNA VERA BUFALA
«Totalmente infondato». È questa la prima espressione che viene in mente a Vincenzo Lippolis, professore di Diritto comparato all’Università degli studi internazionali di Roma, componente del comitato sulle riforme del governo Letta e autore con Giulio M. Salerno del saggio «La Repubblica del Presidente», nell’analizzare la denuncia per la messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica presentata dal Movimento 5 Stelle. «Con il reato di attentato alla costituzione che il M5S imputa a Giorgio Napolitano non si può intendere la mera incostituzionalità di un atto - precisa - altrimenti ogni volta che una legge viene dichiarata incostituzionale dalla Consulta, il presidente dovrebbe essere messo in stato di accusa per averla promulgata.
Si attenta alla Costituzione quando viene messo a repentaglio l’intero ordinamento costituzionale, allorché vi è una finalità di sovversione della Costituzione. I singoli punti elencati nella denuncia non appaiono rientrare in questa ipotesi».
Il giurista li affronta, smontandoli, uno a uno.
1. Espropriazione della funzione legislativa del Parlamento e abuso della decretazione d’urgenza. «Secondo l’articolo 77 della Costituzione, è il governo che adotta i decreti sotto la propria responsabilità - rileva Lippolis - Il presidente esercita un controllo per evitare che i decreti contengano norme manifestamente incostituzionali. In ogni caso, non si può far ricadere sul capo della Stato il ricorso frequente alla decretazione d’urgenza». Per quanto riguarda poi il riferimento alla repubblica «presidenziale», fa notare l’esperto, «meno le forze politiche si dimostrano capaci di agire, più il ruolo del presidente della Repubblica emerge. Napolitano farebbe volentieri un passo indietro se i protagonisti in campo fossero in grado di incidere da soli. In ogni caso i suoi interventi sono sempre guidati dai principi di garanzia dell’unità nazionale e dell’equilibrio istituzionale».
2. Riforma della Costituzione e del sistema elettorale. «Il Presidente della Repubblica ha formalmente e informalmente incalzato e sollecitato il Parlamento» a fare una riforma elettorale, come viene scritto nella denuncia del M5S ma questo, spiega il professore, «rientra tra i poteri di moral suasion del capo dello Stato. E il compito di spronare le forze politiche ad operare per un miglior assetto del sistema».
3. Mancato esercizio del potere di rinvio presidenziale. «Il capo dello Stato non è obbligato a esercitare il rinvio presidenziale. Lo può esercitare se giudica la legge incostituzionale o inopportuna. Se poi la legge costituisse di per sé un attentato alla Costituzione può rifiutare la promulgazione», fa notare il giurista.
4. Seconda elezione del Presidente della Repubblica. «Si cade nel ridicolo», commenta, «quando si dice che il Presidente della Repubblica, accettando il nuovo e doppio incarico, ’ha violato la forma e la sostanza del testo costituzionale, connesso ai suoi principi fondamentali’. La Costituzione non impedisce la rielezione del capo dello Stato. Per una serie di congiunture politiche, è la prima volta che accade ma ciò non significa che sia vietato. Questo punto è emblematico della pretestuosità di tutta la denuncia».
5. Improprio esercizio del potere di grazia. «Senza entrare nello specifico dei casi citati dal M5S», spiega Lippolis, «la questione può essere letta da un altro punto di vista. Non concordo con le motivazioni della sentenza della Consulta che restringe la concessione del provvedimento solo a ragioni strettamente umanitarie. La grazia è storicamente uno strumento di politica giudiziaria».
6. Rapporto con la magistratura: Processo Stato-mafia. «Nell’ambito del processo Stato-mafia, Napolitano ha esercitato un suo diritto elevando un conflitto di attribuzione alla Corte costituzionale che gli ha dato ragione. Anche qui si tratta di una procedura prevista dalla Costituzione», conclude.