Piero Negri, Tutto Libri - La Stampa 1/2/2014, 1 febbraio 2014
GUCCINI: “VI RIAPRO LE OSTERIE FUORI PORTA”
GUCCINI: “VI RIAPRO LE OSTERIE FUORI PORTA” –
Pàvana, sull’Appennino tosco-emiliano, dove Francesco Guccini ha trascorso l’infanzia e dove da qualche tempo è tornato a vivere, per tutta la mattinata è rimasta senza corrente elettrica. «È l’occasione in cui ti rendi conto che senza elettricità non funziona più niente - riflette lui -. Non va la banca, e va be’, ma non puoi neanche comprare il prosciutto, perché ormai tutte le affettatrici sono elettriche. E allora pensi a come è cambiata la vita da queste parti, e anche quanto è migliorata».
La considerazione introduce perfettamente anche il suo libro, il Nuovo dizionario delle cose perdute, che, si capisce, è il sequel del fortunato Dizionario delle cose perdute, uscito nel 2012. Editore (Mondadori), collana, struttura non sono cambiati: anche in questo caso, poco meno di trenta capitoli, da «Le pezze al culo» a «La catena di sant’Antonio», dall’«Idrolitina» alle «Cabine telefoniche» elencano, rievocano, raccontano aspetti della vita di tutti che se ne sono andati. Per sempre.
«O che tornano in forme del tutto nuove - dice lui - come appunto le catene di sant’Antonio, che oggi non viaggiano nelle buste ma sui computer, o sui telefonini. Come già avveniva nel primo libro, anche in questo caso non c’è nostalgia, né rimpianto. Anzi, direi che il torno ironico è ancora più spiccato. In fondo, come il blackout di questa mattina mi aiuta a dire, stiamo tutti molto meglio».
E le pezze al culo, come da capitolo apposito, non le portiamo più: «Appunto. È interessante che allora quella fosse la condizione normale, non un’eccezione condivisa da pochi sfortunati. ma si era alla fine della guerra, e le ristrettezze erano una necessità, per tutti».
Un capitolo affronta un tema, «Le osterie», che chi conosce Guccini, e magari lo apprezza anche come cantautore, non solo sulla pagina scritta, riconosce come suo. Risalgono a 40 anni fa La canzone delle osterie di fuori porta e il memorabile attacco («Sono ancora aperte come un tempo le osterie di fuori porta, ma la gente che ci andava a bere fuori o dentro è tutta morta: qualcuno è andato per età, qualcuno perché già dottore e insegue una maturità, si è sposato, fa carriera ed è una morte un po’ peggiore...»). Già allora, insomma, le osterie non erano più quelle di un tempo.
«È vero - commenta lui - già allora le osterie erano perfette per raccontare il cambiamento del tessuto sociale. E già allora, per quanto mi riguarda, il ricordo era un mio tema. Due anni prima avevo pubblicato un album intero sulla questione, Radici, che faceva in musica proprio quello che cerco di fare con questi libri: andare indietro a vedere come eravamo per capire meglio come siamo».
E il presente di Francesco Guccini com’è? Davvero L’ultima Thule, uscito nel 2012, a 45 anni dal primo album, dice la parola fine alla sua attività di cantautore? La risposta appare netta: «Sì, sento una stanchezza mia, interna, che mi impedisce di scrivere nuove canzoni e ancor più di eseguirle. Ma va anche detto che le condizioni esterne sono mutate, le case discografiche non esistono più, il mondo in cui ho lavorato per tanti anni è irriconoscibile, almeno per me. Però continuo a scrivere, con il giallista Loriano Macchiavelli sono agli ultimi capitoli del secondo romanzo che ha come protagonista Marco Gherardini detto “Poiana”, ispettore della Forestale. Uscirà nei prossimi mesi, non so ancora quando. Insieme, Loriano e io avevamo creato il maresciallo Benedetto Santovito, ma l’abbiamo abbandonato: le sue prime storie sono ambientate nel ’39/’40. Non lo so e non lo voglio sapere, ma chissà, forse adesso è già morto e indaga nei verdi pascoli».