Michele Di Branco, Il Messaggero 1/2/2014, 1 febbraio 2014
CREDITO SPORTIVO, SINISCALCO NEL MIRINO DELLA CORTE DEI CONTI
L’INCHIESTA ROMA Processo in vista presso la Corte dei conti a carico dell’ex ministro dell’Economia Domenico Siniscalco. Secondo quanto ha riferito ieri sera il Tg La7, la magistratura contabile, che aveva aperto un’inchiesta nel 2013, ha chiamato a giudizio l’ex esponente del governo Berlusconi con l’accusa di aver favorito alcuni istituti di credito coinvolti nella gestione del Credito sportivo, che venne commissariato nel 2011, causando allo Stato un danno di 71 milioni. Alcuni mesi fa, Siniscalco era stato raggiunto da un invito a dedurre, vale a dire l’atto formale che prelude per i magistrati contabili all’azione vera e propria. Nel 2004 Siniscalco, insieme ad altri dirigenti del ministero del Tesoro e del Mibac, nel riscrivere lo Statuto del Credito sportivo (l’ente che si occupa di concedere credito agli enti locali, in particolare al Coni, per la realizzazione di impianti sportivi) modificarono la composizione del patrimonio variando anche il sistema di riparto degli utili ed escludendo così lo Stato, che però è il soggetto che nell’organismo, grazie soprattutto al ricavato dei concorsi pronostici, immetteva la maggior parte dei fondi.
LE CIFRE
Il risultato di questa modifica è che lo Stato, a fronte di investimenti di circa 60 milioni di euro, nel periodo 2005-2010 ha incassato appena due milioni e 800 mila euro. Mentre le banche (Nazionale del Lavoro, Dexia Crediop, Monte dei Paschi, San Paolo, Banco di Sicilia, Banco di Sardegna, ma anche Cassa Depositi e Prestiti e Assicurazioni Generali), con soli 9 milioni di investimento, hanno ricavato 82 milioni. La tesi della magistratura contabile è che non sia trattato di un errore. Infatti quando l’Ics venne commissariata da Bankitalia i commissari straordinari scoprirono tra le carte appunti e comunicazioni dai quali, secondo l’accusa, emergeva chiaramente che i responsabili dell’operazione erano consapevoli delle conseguenze dei propri atti. I commissari denunciarono la loro scoperta all’ex premier Monti che interessò la Corte dei Conti per il danno nei confronti delle casse dell’erario. E i magistrati contabili, ricostruendo in collaborazione della Guardia di finanza, i passaggi che avevano portato alla modifica dello Statuto del Credito sportivo, si sono convinti che il danno finanziario nei confronti dello Stato è stato voluto. Non solo: in base alle norme sotto accusa, se l’istituto fosse stato sciolto, il suo capitale di un miliardo e 100 milioni di euro sarebbe stato diviso quasi esclusivamente tra le banche.