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 2014  febbraio 01 Sabato calendario

BEFFA PER INGROIA: SUBITO SOTTO INCHIESTA DA MANAGER PUBBLICO


Una società in liquidazio­ne che invece di liquida­re assume 76 persone. Se­lezionate con cura: la figlia del boss mafioso Bontate insieme a suo marito, un ex consigliere co­munale Udc, il figlio dell’ex capo di gabinetto di Cuffaro, un inda­gato per tangenti, altri parenti (e parenti dei loro autisti e segreta­ri), raccomandati ed ex politici vari.Ad assumerli è l’ex pm Anto­nio Ingroia, nominato dal gover­nato­re Crocetta commissario li­quidatore di «Sicilia e-Servizi», uno dei tanti carrozzoni regiona­li siciliani che inghiottono soldi pubblici (intanto il bilancio del­la Regione Sicilia è una voragine da default). Si doveva liquidare e invece no, non si liquida più, la società da sciogliere è diventata improvvisamente «strategica», come stabilito dalla Finanziaria regionale appena approvata. E così succede che il grande inda­gatore di misteri e trattative, do­po appena qualche mese che non è più pm e alla prima prova da manager pubblico, finisce nel mirino di una Procura. Quel­la della Corte dei conti di Paler­mo, che ha acquisito la docu­mentazione dei 76 contratti a tempo determinato fatti partire sotto la gestio­ne Ingroia di Si­cilia e-Servizi. I magistrati contabili vo­gliono accerta­re le modalità dell’assunzio­ne, in partico­lare la legitti­mit­à della deli­bera regionale che ha dato mandato a Ingroia di «assorbire»i 76 impiegati prove­nienti dalla Sisev, una società pri­vata, lì inquadrati con l’impe­gno di prenderli poi in Regione dopo un periodo di formazione detto «trasferimento di know how » (costato la bellezza di 66 milioni di euro). In sostanza la Si­sev, appena scaduta la conven­zione regionale ( impiego interi­nale a condizioni fiscali vantag­giose) ha mandato a casa quel­l’esercito di persone, che la Re­gione Sicilia si è subito presa affi­dandoli ad una società formal­mente in scioglimento. Il punto che la Corte dei conti vuole chia­rire è come sia possibile l’infor­nata di assunzioni, visto che in Si­cilia­è in vigore il blocco delle as­sunzioni pubbliche. Una serie di anomalie, insomma, su cui i ma­gistrati contabili vogliono veder­ci chiaro.
Ma già che c’era, non poteva farlo Ingroia, chiamato da Cro­cetta proprio per far luce su spre­chi e malversazioni nella gestio­ne di Sicilia e­Servizi?Le giustifi­cazioni dell’ex pm, chiamato dal­l’Onu in Guatemala per guidare l’unità investigativa sul narco­traffico, sembrano scritte da Crozza. «Abbiamo deciso di as­sumerli per evitare uno stop gra­vissimo del sistema informatico della Regione. Quei lavoratori so­no gli unici in grado di utilizzare i software» spiega Ingroia. In so­stanza, dice l’ex pm, tra i 28.796 dipendenti regionali siciliani, cinque volte la Lombardia, non si trovava nessuno che sapesse usare il computer. Fargli un cor­so accelerato, magari a qualcu­no dei 1.836 dirigenti della Regio­ne, uno ogni 9 impiegati? Mac­ché, servivano questi altri 76 di­pendenti altamente informatiz­zati. Non solo, Ingroia, dopo aver scoperto nomi, parentele e curriculum delle persone da lui assunte, ha annunciato una commissione d’inchiesta sulle sue stesse assunzioni. L’ex pm­racconta LiveSicilia - farà un’in­dagine da concludere entro due mesi, per stabilire che tipo di competenze hanno i 76 dipen­denti appena assunti e se dun­que potranno essere confermati dopo i quattro mesi di prova che seguono all’assunzione del com­missario Ingroia. In pratica un’autoinchiesta.
Il leader di Azione civile e com­missario non liquidatore, però, è assolutamente sereno: «Pren­do atto della richiesta di appro­fondimento della Corte dei Con­ti - dice Ingroia - e garantisco la massima disponibilità ai pm che hanno tutto il diritto di ap­profondire una vicenda certa­mente complessa e delicata. Noi abbiamo fatto rispettare le rego­le, garantendo la prosecuzione di un pubblico servizio e senza sperpero di denaro.L’Avvocatu­ra distrettuale dello Stato ci ha detto che le assunzioni sono le­gittime, quei lavoratori sono sta­ti selezionati attraverso un ban­do pubblico che prevedeva il transito alla Regione».L’ex gran­de inquirente che finisce in una indagine? «Non è un paradosso: era già successo in passato, quando mi denunciarono Del­l’Utri e Berlusconi ». Ma a Crocet­ta è andata bene: «Avrei potuto anche dimettermi, non l’ho fat­to assumendomi la responsabili­tà di rimettere a posto la socie­tà ».Altro flop in vista,dopo Rivo­luzione civile e Guatemala?