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 2014  febbraio 01 Sabato calendario

FENOMENOLOGIA DI CUPERLO LA FOTOTESSERA DI SE STESSO


Gianni Cuperlo, televisivamente parlando, ha il pregio mimetico di assomigliare alla fototessera di se stesso. All’immagine che lo ritrae, dunque, metti, nell’annuario parlamentare, il soma come puro connotato ufficiale, oggettivo. Cuperlo in effigie, sarà bene precisarlo, è più passaporto che patente auto, al limite, tesserino dell’ordine dei giornalisti, mai e poi mai porto d’armi. Fissità, compostezza e un tocco algido, e poi, su tutto, il virtuale suono di rasoio e di pettine. Gianni Cuperlo, insomma, è pura severa sobrietà facciale, non senza un non so che di castigatezza, non per nulla i cercatori di somiglianze si sono sbizzarriti nella pesca del suo possibile sosia: Peter Van Wood, Dan Peterson e perfino Nosferatu tra i più gettonati. Taluni hanno perfino azzardato David Zed, pensando forse alla staticità di Gianni nostro.
Il ragazzo, il ragazzo che fu – giubbottino e zazzera, icone fisse del tempo della sua segreteria presso la Fgci al capolinea del partito-madre, il Pci – sembra ormai eternamente sconfitto dal fumo di Londra, dall’abito post-Facis che il ruolo (quasi) istituzionale gli avrebbe imposto, e certamente non sarà una cravatta di maglia a stemperarne l’antracite, a partire dai giorni in cui veniva indicato come persona di fiducia di Massimo D’Alema, il più noto nemico dello spettro cromatico, dunque del casual, che la sinistra abbia mai conosciuto.
PER UN BIZZARRO sortilegio della monotonia ufficiale, le apparizioni di Cuperlo in televisione sembrano l’eco di una sua iniziale pubblica rivelazione, nient’altro che repliche di un unico discorso; per lo meno da quando l’uomo ha preso a rivestire un ruolo non più di seconda fila nel contesto dei partiti Ds e poi Pd, ossia ciò che un tempo era la sinistra. Anche l’altra mattina, notandolo tra gli ospiti di Agorà su Rai3, lì convocato per difendere la rispettabilità di Giorgio Napolitano messa in discussione dall’orda pentastellata, non si poteva non fare caso alla sua monotematicità somatica, forse perfino politica, certamente non dialettica se è vero che a Cuperlo non mancano gli strumenti culturali, le splendide letture, la consapevolezza che la storia della filosofia politica non inizia con Lucio Dalla, come pensava invece un Veltroni. I non meno monotoni citano sempre un verso di R. M. Rilke che Gianni suggerì al suo principale D’Alema affinché campeggiasse nel cielo di un congresso del dissolto partito di allora, “… il futuro è in noi molto prima che accada”, rispettabile modo per dire ciao ciao a ogni possibile impianto già post-ideologico con i bigliettini Baci Perugina delle maiuscole culturali. Nessuno però qui pensi che per Gianni sia un problema di immagine, di “look” (come dicono le mezze calzette dell’informazione e non soltanto), il punto riguarda semmai la percezione generale del problema, ecco: il volto di Cuperlo, benché suo e soltanto suo, lì in televisione dà semmai la sensazione di un mondo politico che fluttua. In un vecchio film degli anni Settanta, Sweet Moovie, la polena della nave alla deriva dei destini progressivi aveva il volto di Marx, oggi sembra mostrare la faccia di Cuperlo.