Massimo Sandal, Wired.it 30/1/2014, 30 gennaio 2014
Dopo Stamina, liberiamoci dell’omeopatia In Italia e nel resto del mondo si vendono quotidianamente, e a caro prezzo, rimedi futili, in cui non c’è proprio niente di attivo
Dopo Stamina, liberiamoci dell’omeopatia In Italia e nel resto del mondo si vendono quotidianamente, e a caro prezzo, rimedi futili, in cui non c’è proprio niente di attivo. Parliamo dell’omeopatia Voglio sperare che siamo alla fine della squallida odissea di Stamina. C’è voluta una imbarazzante via crucis di disinformazione televisiva, figuracce internazionali e tribunali che non sanno come funziona la scienza, ma ormai sembra assodato: il metodo di Vannoni non ha alcuna credibilità. In tutta questa storia di pseudoscienza, lucro oliato dalla disperazione e cialtronismo mediatico, ho notato un piccolo e illuminante dettaglio. Nel liquido che Vannoni e Andolina iniettavano ai pazienti ci sono (al meglio) pochissime cellule staminali, il principio attivo del fantomatico metodo. Troppo poche per funzionare. Ma questa, mi sono detto subito, non è una sorpresa del metodo Stamina. Già, perché mentre (forse) ci liberiamo delle inutili fiale di non-si-sa-bene-cosa, in Italia e nel resto del mondo si vendono quotidianamente, e a caro prezzo, rimedi futili, in cui non c’è proprio niente di attivo. Parlo dell’omeopatia. I rimedi omeopatici sono falsa medicina, più di Stamina o della cura Di Bella. Questi avevano almeno una patina di scientificità, un’ipotesi più o meno nebulosa e squinternata di funzionamento. L’omeopatia invece si basa su teorie astratte della fine del ‘700 – parliamo di un’epoca in cui non si conosceva neanche l’esistenza dei germi. Teorie secondo le quali “il simile cura il simile”, cosa già discutibile. Però, secondo gli omeopati, lo fa solo se diluito enormemente. Quanto enormemente? Gran parte dei preparati omeopatici sono talmente diluiti da essere letteralmente vuoti: soluzioni in cui non rimane, matematicamente, neanche una molecola del supposto principio attivo. Non sorprende che non esista nessuna base scientifica per il funzionamento dell’omeopatia. Tutte le teorie come quella della “memoria dell’acqua” sono state smentite categoricamente. Del resto se l’acqua avesse memoria, tutta l’acqua sarebbe omeopatica, visto che vi sarà stato diluito di tutto. Dozzine di studi e test clinici hanno mostrato che i rimedi omeopatici non sono meglio né peggio di quello che, in effetti, sono: acqua fresca. Ma non voglio rispiegare perché l’omeopatia non funziona e non potrà mai funzionare: trovate dei riassunti migliori di quanto io possa fare, qui, qui e qui per cominciare. Il vero problema non è tanto che l’omeopatia sia falsa medicina, ma che sia una cosa normale. Viene insegnata nelle università. È venduta nelle farmacie. Ospitata con la massima serietà sui quotidiani nazionali. In Italia per fortuna l’omeopatia non è rimborsabile dal servizio sanitario (in Francia sì) ma i farmaci omeopatici sono comunque detraibili dal fisco. Qualche anno fa l’Unione Europea arrivò a stanziare due milioni di euro per testare rimedi omeopatici sugli animali da allevamento. A Pitigliano possiamo vantare un intero ospedale omeopatico. Non ammetteremmo questa legittimazione culturale e legislativa per l’astrologia o la danza della pioggia: perché lo permettiamo per l’omeopatia? È bene mettere nero su bianco che l’omeopatia non è un innocente placebo per fricchettoni, ma può essere pericolosa. Certo, una pallina di zucchero su cui hanno spruzzato dell’acqua fresca, di per sè, non ammazza nessuno (i medicinali omeopatici infatti vantano di non avere controindicazioni. Giusto: è l’ennesima prova che non hanno nessun effetto biologico). Ma l’omeopatia induce chi ha bisogno di cure reali a ritardare o ignorare le terapie funzionanti (qui una lista di persone morte o seriamente danneggiate dopo aver preferito l’omeopatia alla realtà; qui un caso emblematico). L’omeopatia infatti viene propagandata come cura per il cancro, per dire. E infatti vi casca una percentuale significativa di malati. No, questa non è propaganda macchinata dalle malvagie case farmaceutiche. Controlalte piuttosto il giro d’affari dell’omeopatia. Le multinazionali del settore non fanno certo beneficenza: hanno fatturati che superano i 500 milioni di euro, in continua crescita. Quanto a guerra dell’informazione, il mondo dell’omeopatia sa bene come essere aggressivo. Qualche anno fa ha provato a querelare un blogger italiano che aveva osato criticare la medicina omeopatica. E ancora prima querelarono Piero Angela, colpevole di aver detto la verità: l’omeopatia non è medicina. Il caso Stamina ci ha insegnato che è possibile ribellarsi alla pseudoscienza, anche se siamo ancora in attesa di un verdetto definitivo, che è possibile lottare perché lo Stato e la società distinguano tra vera e falsa medicina. Ma con quale faccia da un lato rifiutiamo Stamina e dall’altro accettiamo che finti rimedi vengano consigliati dai farmacisti, ogni giorno? Se qualcuno vuole continuare a comprare acqua e zucchero sperando che siano una terapia sicura e naturale, liberissimo di farlo, ci mancherebbe. Ma che l’omeopatia smetta almeno di fregiarsi del titolo di medicinale. Su ogni boccetta omeopatica dovrebbe essere scritto: “non c’è nessuna prova scientifica che questo prodotto sia efficace”. Deve essere chiaro, nelle scuole, negli organi di informazione, nella cultura di questo Paese che l’omeopatia non è scienza ma superstizione. Deve essere altrettanto chiaro che anche la più accettata e normale delle false medicine è un ostacolo alla salute di tutti. Non esistono superstizioni innocue: esiste solo la realtà dei fatti.