Giu. Fer., Corriere della Sera 31/01/2014, 31 gennaio 2014
LA CRISI DI GOVERNO A COPENAGHEN E GLI AFFARI DI GOLDMAN SACHS
Non sono tempi facili per le grandi banche di Wall Street. Sotto i riflettori, questa volta, finisce Goldman Sachs, che rischia di far cadere il governo danese.
Ieri la commissione finanziaria del Parlamento danese ha approvato la vendita del 19% nell’utility controllata dallo Stato, Dong Energy, a un gruppo di fondi che fanno capo alla banca di investimento americana. La decisione, presa nonostante una petizione pubblica sottoscritta online da 185 mila persone, ha spinto il partito socialista a ritirare i suoi sei ministri, e ad abbandonare la coalizione a tre che sostiene il governo social-democratico di Helle Thorning-Schmidt, il primo premier donna del Paese, balzata all’onore delle cronache per il «selfie» con il presidente Barack Obama al funerale di Nelson Mandela. Sotto accusa ci sarebbero i poteri di veto assegnati soltanto a Goldman Sachs, che punterebbe a spostare la proprietà di Dong in Lussemburgo, alle Isole Cayman e nel Delaware, noti come paradisi fiscali.
Anche Oltremanica però si preparano guai per Lloyd Blanckfein, ceo di Goldman Sachs. Una settimana fa la Libyan Investment Authority (Lia) ha denunciato l’istituto di Wall Street per «aver abusato» della fiducia dei suoi manager che avrebbero fruttato 350 milioni alla banca ma provocato ingenti perdite a Lia, con investimenti non documentati per un miliardo tra il 2008 e il 2011.