Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  gennaio 31 Venerdì calendario

I 15 ANNI DI BERGAMASCO

Gli occhi azzurri brillano di una felicità da bambino, il tentativo di minimizzare con qualche battuta non è neanche troppo convinto. Mauro Bergamasco si riprende il Sei Nazioni: titolare nella gara d’esordio al Millennium contro il Galles dopo quasi due edizioni fuori dai giochi. L’ultima volta in campo per lui fu infatti l’epica gara contro l’Inghilterra con la neve all’Olimpico, l’11 febbraio 2012, entrò a fine secondo tempo per sostituire Barbieri. Poi una squalifica di 4 settimane per un match di campionato e le porte chiuse... fino a oggi.
«Fondamentale è sapere perché si chiudono quelle porte — dice il 34enne flanker delle Zebre —. Dare la colpa agli altri serve solo a farti rimanere dove sei. A me interessa focalizzarmi sulle cose che si possono migliorare. Poi bisogna avere la serenità di sapere che a volte gli obiettivi non li raggiungi neanche lavorando al massimo perché ci sono altri che hanno lavorato come te».
Con questa gara diventa l’atleta con più lunga militanza in azzurro, superando, con 15 anni e 75 giorni, Sergio Lanfranchi.
«È un ottimo traguardo, speriamo non sia l’ultimo — sorride —. Sono quei primati che è bello ricordare quando hai smesso di giocare».
Quindici anni: dall’esordio con l’Olanda a oggi cosa cambia?
«L’emozione è sempre la stessa perché il rugby è cambiato molto ma anche io con lui».
Cosa non terrebbe di questi 15 anni di rugby?
«Le rigiocherei tutte, compresa quella contro l’Inghilterra da mediano di mischia. Anche quella è un’esperienza di vita, ci ho messo una settimana per riprendermi».
A cosa non rinuncerebbe invece.
«A giocare di nuovo in Nazionale con mio fratello Mirco».
Un record di longevità in una Nazionale con tanti giovani. Un confronto con i suoi esordi?
«Non è possibile fare confronti, era un altro rugby e altri giocatori. Quando ho esordito io mi sono trovato in una squadra di uomini, gente che non aveva paura di niente. Gente che, anche se non aveva l’esperienza di una competizione come il Sei Nazioni, aveva svolto il lavoro qualitativo che poi ha portato a questa Italia. Oggi è un altro mondo e questi ragazzi arrivano qui con un’esperienza di confronti internazionali importante».
Da senatore cosa si dice, per esempio, a un esordiente come Esposito?
«Quello che disse l’allora c.t. Coste a me: “vai in campo prendi la palla e placca, al resto non ci pensare”».
Il multiforme Bergamasco è anche al terzo libro, «Nel nome del rugby» scritto con la reporter Francesca Boccaletto che conosce dall’infanzia.
«È molto diverso dai due precedenti, più personale. È la storia di una giovinezza all’insegna del rugby, vista da due punti di vista differenti, legati però dallo stesso mondo in cui siamo cresciuti».
A questo punto è pronto per un romanzo.
Ride. «Quello quando smetto». Non tanto presto, a sentire il c.t. Brunel.