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 2014  gennaio 31 Venerdì calendario

SOCHI - 7, NUOVO APPELLO “STOP ALLA LEGGE SUI GAY”


Si vede ancora poco di Sochi: i cinque cerchi luccicanti sul Mar Nero e i volontari nelle loro tute sgargianti di spalle. Qualche ruspa, molte ruspe, poi il leopardo, l’orso e la lepre tutti bianchi, che sono le mascotte. Si parla moltissimo invece delle Olimpiadi che prima di iniziare tra una settimana esatta hanno già detto molte cose: che sono faraoniche (50 miliardi di dollari), calde (temperature da spiaggia primaverile), ingiuste (per le leggi contro la propaganda gay), blindate (da 40 a 100mila a seconda delle fonti le forze di polizia schierate) per la paura del terrorismo che a fine dicembre in due attentati a Volgograd ha ucciso 34 persone. Se ne parla ovunque ma soprattutto negli Stati Uniti di tutto questo, in un continuo rimando di accuse e difese così interscambiabili che è inevitabile ricostruire nella mente il muro caduto 25 anni fa. Non sono solo Giochi Invernali, è il remake di una guerra fredda.
Manca così poco al via alla festa di Putin e della sua rispettabilità che non poteva che esserci una buona notizia: due giovani «ribelli» dal Daghestan sono infatti stati riconosciuti dai servizi segreti (Fsb) come i responsabili degli attacchi nell’ex Stalingrado e sono Asker Samedov e Suleiman Magomedov, poco più che ventenni, entrambi del gruppo dei ribelli islamici di Buinaksk. E daghestani sono i due fiancheggiatori arrestati, Taghir e Magomednabi Batirov, accusati di averli aiutati. Così come è stato beccato il presunto autore delle ripetute email di minacce inviate nei giorni scorsi a vari comitati olimpici nazionali, compreso il Coni: si tratta di «un cittadino russo attualmente all’estero, sulla cui salute mentale abbiamo dei dubbi», ha spiegato un dirigente, assicurando che le minacce non hanno «alcun fondamento». Evviva.
Se così si può dire. Invece Kasparov, che di scacchiere se ne intende, pensa che «i Giochi di Sochi rafforzeranno la dittatura di Putin ». Il quale ha messo al lavoro 40 mila tra agenti e soldati, centinaia di cosacchi, sorveglianza satellitare, decine di droni e persino sistemi di difesa anti aerea Pantsir-S, ultima generazione di missili aria-terra. In campo anche l’Interpol e la Nato. Ma gli Stati Uniti non sono contenti del fatto che Mosca non condivida con loro le informazioni di intelligence sugli obiettivi sensibili di eventuali attacchi. Mosca da parte sua se ne fa una ragione se Barack Obama, Angela Merkel e Francois Hollande non andranno alla cerimonia inaugurale (Enrico Letta, per ora, sì). Ddmitry Chernyshenko, capo del comitato organizzatore russo, dice che Sochi «sarà una brillante vetrina della nuova Russia», poi litiga col presidente del Cio Thomas Bach, che nei giorni scorsi aveva detto che gli atleti possono parlare di politica nelle conferenze stampa. Libertà di opinione si chiama, che si può apertamente esprimere a 18 chilometri da Sochi, nel ridente parco di Khosta nelle “aree di protesta”, una specie di speaker’s corner per aspiranti alla nomea più che di facinorosi, di poveri folli.
Prime bandiere penzolanti dai balconi dei villaggi. Ce ne sarà una arcobaleno? 52 sportivi, tra cui 12 che vanno ai Giochi, hanno firmato un appello a Putin per fargli revocare le leggi anti propaganda gay. Pochi giorni dopo che il sindaco di Sochi Anatoly Pakhomov ha detto che nella sua città gli omosessuali non esistono. La campagna “Principle Six” l’hanno sottoscritta l’oro per lo snowboard americano Seth Wescott, la biathleta Rosanna Crawford e il team australiano del bob a quattro. Tra i grandi del passato, i tennisti Martina Navratilova e Andy Roddick, l’ex calciatore del Leeds Robbie Rogers e il tuffatore quattro volte medaglia d’oro Greg Louganis. L’hanno approvata le delegate di Obama, la pattinatrice Caitlin Cahow e l’ex tennista Billie Jean King, entrambe lesbiche. Il duo pop russo t.A.T.u, lei e lei almeno coreograficamente omosessuali, Yulia (Volkova) e Lena (Katina), dovrebbero cantare il 7 febbraio alla cerimonia. Forse. Non c’è sicurezza che tenga, contro l’amore degli altri.