Leonardo Coen e Emanuele Midolo, la Repubblica 31/01/2014, 31 gennaio 2014
“USTICA, SOLO AEREI NATO IN VOLO LA NOTTE DELLA STRAGE”
CAGLIARI
TRA i grandi misteri d’Italia, quello di Ustica è il più tormentato e affollato di bugie. Cosa davvero successe la notte del 27 giugno 1980 lo sanno in molti, ma tengono le bocche cucite o raccontano fandonie. C’è di mezzo la Nato, tante ragioni di Stato e ci sono le 81 vittime che viaggiavano a bordo di un DC-9 dell’Itavia.
IL MARESCIALLO Mario Sardu, 62 anni, quella notte era il responsabile del 35esimo GRAM di Marsala, sede del centro militare di controllo radar, nome in codice “Moro”. Oggi è pensionato. Ed è arrabbiato con l’Aeronautica per problemi legati a scatti di carriera e ad avanzamenti di grado che non gli sono stati concessi. Ha fatto ricorso al Tar, ma è stato respinto. Stessa sorte col Consiglio di Stato. Ha scritto a Napolitano e al ministro della Difesa. Nessuno gli ha risposto. Per 33 anni non ha mai rilasciato un’intervista. Questa è la prima. Ed è destinata a riaccendere polemiche. Perché il maresciallo spiega come il wargame Synadex, l’esercitazione simulata, non sia mai stata sospesa. Semplicemente perché non andò mai in esecuzione. Ai giudici, invece, i radaristi avevano detto che era stata “attivata”. E conferma l’ipotesi che ad abbattere il DC-9 non sia stato un aereo “nemico”.
«In quel momento, qualche minuto prima della caduta dell’aereo, tutto il traffico era friendly. Il settore (Martina Franca) ci disse non seguiteli più. Volevano che seguissimo le tracce in penetrazione (quella degli aerei non appartenenti alla Nato,
ndr), perché quelle che avevamo identificato erano tutti amici. Quando facevamo l’esercitazione, cosa che accadeva almeno una volta alla settimana, si metteva il nastro Synadex di simulazione di guerra. L’operatore EM Ior era Tozio Sossio. Il simulato partiva alle 9, ma per 20-25 minuti lui non riuscì a mettere la scheda. Poi il settore ci disse “ripassiamo in reale”. Ma nel frattempo l’aereo era già caduto».
Quindi non siete mai stati in simulato? La Synadex doveva attivarsi alle ore 19 Zulu, cioè alle 21 locali. Alle 21 e 13, quando avete dato lo “stop” non eravate ancora partiti, è così?
«Esatto! Non siamo neanche entrati in simulato. Queste cose le hanno prese tutte sottogamba, non le hanno mai considerate...».
Perché non l’ha mai detto prima?
«Non ce l’hanno mai chiesto! Salvatore Loi era all’identificazione e girava la manopola su sim o su reale. Ma su reale non poteva più vedere il DC-9 perché era già caduto».
Alle 20 e 59, per essere precisi. E voi stavate preparando la Synadex...
«Esattamente. Quando ci preparammo a passare in simulato gli aerei erano tutti identificati. Tutti amici. Noi eravamo della Difesa, non del traffico aereo. Dovevamo guardare dalla Libia, dalla Tunisia, dai paesi ostili... purtroppo non seguimmo più la traccia del Dc-9 per seguire il simulato».
Ma il sergente Luciano Carico disse che sul sistema fonetico manuale aveva seguita la traccia del Dc-9 e l’aveva vista scomparire dal monitor.
«Quello che ha detto Carico non importa. Quando ci ha chiamato il giudice Borsellino a Marsala, lui e il tenente Avio Giordano, che non erano mai andati a Roma a deporre, parlavano tra di loro in corridoio e io dissi: “Signori miei, stiamo attenti perché voi alle consolle non c’eravate, c’eravamo io e Loi che abbiamo già deposto a Roma”».
Lei questa cosa la fece presente durante il confronto?
«Certo, e il giudice istruttore Vittorio Bucarelli mi minacciò, disse che alzavo troppo la voce e che i carabinieri erano fuori, pronti a portarmi via...».
Quindi l’aereo, da 26mila piedi, passò a zero. Colpito da un missile, secondo i giudici...
«D’accordo, ma il missile chi l’ha lanciato?».
È quello che le chiediamo, era lei in servizio la sera della strage.
«Secondo lei chi può essere stato, se quella sera gli altri aerei erano tutti amici? Non certo un nemico...».
Gli aerei militari erano marcati con lo strap, l’etichetta di colore rosso, avevano comunque un’autorizzazione di volo...
«Sissignore. Gli aerei non autorizzati invece, come quelli provenienti dalla Libia, venivano marcati zombi ed erano in giallo, perché considerati non alleati. Li tenevamo d’occhio, mentre gli aerei amici non li guardavamo neanche».
C’erano aerei, in quella zona, la sera del 27 giugno 1980?
«Come dissi all’epoca, un caccia, un aereo militare, è piccolo, a differenza di un aereo civile. Se non si accendono i codici, i famosi IFF/SIF, rischi di non vederlo. Più basso vola, meno possibilità ha di esser visto dal radar. I militari dovevano accendere tutti e tre i codici IFF/SIF 1,2,3; mentre gli aerei civili solo il 3. Se sono friendly, volo basso e non accendo i codici, non vengo visto dal radar. E poi, non sono solo i caccia a lanciare i missili, ma anche le navi... quindi non dirò che non c’erano altri velivoli. C’erano eccome, ma erano tutti friendly».
Facciamo un’ipotesi. Se caccia francesi Mirage, in formazione, partivano da Solenzara, in Corsica e volavano bassi, quante probabilità avevate di vederli?
«Se volavano bassi noi non li vedevamo! Avrebbero consumato il doppio del carburante... come fece quel Mig precipitato in Calabria, ma loro, i francesi, sarebbero potuti rientrare alla base: avrebbero avuto abbastanza autonomia. I libici, no. Poi c’erano gli americani. Quelli di Sigonella o quelli stanziati a Cagliari quando andavano verso la Tunisia o il Marocco, per fare attività anti-sommergibile, volavano bassi e non li vedevamo. Al ritorno, però, si alzavano, volavano più in alto per consumare meno carburante, e a quel punto ci apparivano sul radar. Spesso facevamo decollare i nostri F-104 da Trapani Birgi. Al che loro, sentendo che partivano gli intercettatori, accendevano finalmente i codici. Furbi, gli americani, li accendevano solo all’ultimo...».
E le portaerei?
«Quelle americane che navigavano in mezzo al Mediterraneo ovviamente non le potevamo vedere, se da quelle si alzava in volo uno solo o più velivoli non potevamo saperlo, valeva sempre la storia dell’1+. Erano libere di scorrazzare. Ci avvertivano soltanto dell’eventuale presenza di sommergibili russi. La portaerei di Napoli, però, dubito avesse i radar. Noi eravamo nel pallone, ma non avevamo i radar spenti... ».
Che sfortuna, proprio in quei quaranta minuti...
«Gheddafi si salvò nell’86 un giorno che il radar di Marsala era in avaria e il radar di Siracusa in manutenzione, o viceversa, non ricordo bene. Nell’85 aerei israeliani rasero al suolo la caserma dove si diceva fosse Arafat, lo mancarono d’un soffio. Ora, gli israeliani andarono e tornarono indisturbati, proprio in quel momento in cui non potevamo vederli. Qualcosa dovevano sapere. Guarda caso agirono quando entrambi i radar erano in avaria... ».