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 2014  gennaio 30 Giovedì calendario

GIGI TUTTOFARE


Jonathan Wilson, penna di riferimento per ogni racconto d’ascesa e caduta dei portieri, scrisse che certe traiettorie non le puoi fermare, neppure se sei il migliore di tutti: perché è la vita che ti dribbla, prima ancora del tuo avversario. È la solitudine dei numeri uno, che quando impasta rovesci pubblici e privati può fare male. Chiedere ad Antonio Conte, allenatore della Juventus. Sabato 25 gennaio, sala stampa dello stadio Olimpico al termine della gara con la Lazio, testuale: «Mister, come ha visto l’espulsione di Gianluigi Buffon?». Risposta: «Cerchiamo di guardare al calcio, non ad altre cose».
Separare pallone e «altre cose» è impresa ardua in casa Juventus, dove nel giro di un paio di settimane Andrea Pirlo e, appunto, Gigi Buffon hanno cominciato ad abbinare il gossip sulle rispettive vite matrimoniali a qualche scivolone di troppo sul prato verde. Ma se il centrocampista da sempre sfama con il minimo sindacale le cronache rosa, la vicenda del portierone assume ben altri contorni.
Sarà perché, di fronte alle voci di crisi con la moglie Alena Seredova (modella e volto televisivo, misure 92-60-89, sposata nel 2011 a Praga dove rinunciò a mutarsi il cognome in Buffonova, insieme sono genitori di Thomas, 7 anni, e David Lee, 4), le reazioni nervosamente ermetiche dei due hanno ottenuto l’effetto di alimentare il pettegolezzo invece di sedarlo. All’estremo difensore di Juve e nazionale viene attribuito un flirt, forse consumato e forse no, con la giornalista di SkySport Ilaria D’Amico, sogno erotico del maschio medio tutto divano e posticipi. Il diretto interessato non conferma né smentisce, mentre la consorte fa sapere via Facebook di non avere bisogno, per ora, di un divorzista.
Si vedrà. È certo è che la disavventura sentimentale rappresenta solo l’ultima di una serie di uscite a vuoto, colpi di guasconeria capaci di scorrere in parallelo a una carriera calcistica impressionante. Da un lato c’è il professionista Buffon: miglior portiere del mondo 10 volte su 15 dal 1999 a oggi, con 692 presenze in serie A e 138 in nazionale, cinque scudetti, il Mondiale 2006 che gli vale la medaglia di ufficiale al merito della Repubblica, più una dozzina di premi. Dall’altro c’è l’uomo Gigi, che come ogni apuano che si rispetti (è nato a Carrara 36 anni fa) ama mettersi a nudo, nel bene e nel male.

Alcune scelte fanno plaudire alla sua maturità: dona pozzi d’acqua a un villaggio del Camerun, sceglie il servizio civile in una comunità di recupero invece d’imboscarsi nel battaglione atleti, scrive un libro per raccontare di essere stato a lungo vittima della depressione. Altre, invece, tracciano il ritratto di un bambinone. Come quando nel 1997 s’iscrive a giurisprudenza, lui che non ha nemmeno fatto la maturità, presentando un diploma farlocco da ragioniere: la denuncia per falso in atto pubblico, chiusa patteggiando una multa, è a oggi l’unica grana giudiziaria vissuta da Buffon.
Che, al contrario di quanto narri la vulgata popolare, non è stato mai indagato per il calcioscommesse nonostante il suo nome e alcune frequentazioni disinvolte siano spuntati sia in un’indagine del 2006 sia nella madre di tutte le inchieste, quella condotta dalla Procura di Cremona dal 2011. Solo illazioni, anche se sull’immagine del numero uno pesa quella frase pronunciata l’anno dopo: «Chi conosce il calcio sa cosa succede. Si gioca per vincere, ma a volte due feriti sono meglio di un morto». Il pm cremonese Roberto di Martino minaccia di convocarlo, mezza Italia insorge.
Invece di tornarsene buono buono tra i pali, lui esce di nuovo a gomiti alti: «Percepisco un clima da piazzale Loreto». Gigi è un assiduo delle citazioni destrorse. È il 1999 quando l’appena 20enne portiere del Parma, per spronare i compagni in un match contro la Lazio, indossa una t-shirt con su scritto «Boia chi molla». La tifoseria avversaria, meravigliata da cotanto cameratismo, applaude. La Federcalcio un po’ meno: multa salata e richiesta di scuse. Gigi abbozza: «Era solo un incitamento». Un anno dopo sceglie come numero di maglia l’88, cifra cara ai neonazisti. Anche in quel caso seguono scuse e autoassoluzione: «Non sapevo che 88 stesse per Heil Hitler, l’ho scelto per far capire che ho quattro palle». Nel 2006, infine, festeggia il Mondiale vinto srotolando uno striscione con la scritta «Fieri di essere italiani» abbinata a una celtica.

Tre indizi fanno una prova? Secondo chi lo conosce bene, no: Gigi non s’è mai interessato di politica. Almeno fino a quando, un anno fa, spuntò il suo endorsement a sorpresa per Scelta civica: «Lei è una persona tutta d’un pezzo, affidabile, seria, preparata e raziocinante: ha il mio appoggio totale e incondizionato» scrisse in una lettera aperta a Mario Monti. In Figc non gradirono un’uscita come quella da parte di un giocatore ancora in attività, ma la cosa finì lì. Anche perché i successi sul campo dell’ex premier non eguagliarono di certo quelli del suo testimonial.
Con gli affari extracalcistici Buffon se la cava assai meglio: lungi dallo sperperare i denari accumulati in imprese folli come altri colleghi, ha investito con lungimiranza. Appartamenti, residence, un ristorante a Pistoia, uno stabilimento balneare a Romanina, la Carrarese calcio in Lega Pro. E soprattutto la Zucchi, società tessile quotata di cui rilevò il 19,4 per cento nel 2011, dimenticando di avvisare la Consob che lo multò per 60 mila euro. In dicembre, dopo un aumento di capitale, il portiere è salito al 52,2 per cento. Piazza Affari ha gradito, se è vero che in meno di un mese il titolo Zucchi ha messo a segno un rialzo del 107 per cento. Nel momento in cui Panorama va in stampa, Gigi è in plusvalenza teorica di quasi 11 milioni. E questa sì che è una parabola che piacerebbe a Jonathan Wilson.