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 2014  gennaio 30 Giovedì calendario

PIRATI INFORMATICI DI TUTTO IL MONDO, UNITEVI. A ME


Sono le due del pomeriggio ma Kim Schmitz, alias Dotcom, imprenditore di internet e bestia nera dell’industria dell’intrattenimento, dorme. Ha strani orari: lavora, mangia e gioca ai videogame tutta la notte, dedicando al sonno gran parte del giorno. Non sono l’unico ad aspettare che si svegli nell’ombreggiata zona pranzo all’aperto della Dotcom Mansion, tenuta da lui acquistata per 18 milioni di euro a mezz’ora d’auto da Auckland, in Nuova Zelanda. C’è anche James Kimmer, consulente politico di Dotcom, che tra i clienti annovera anche l’oligarca russo Mikhail Khodorkovsky. Lui è qui per girare una campagna pubblicitaria per The internet party, il nuovo partito politico fondato da Dotcom che parteciperà alle prossime elezioni generali neozelandesi che si terranno in novembre. Kimmer dovrà però attendere che il boss abbia terminato di promuovere Good Times, l’album che segna il suo esordio nella musica «dance».
Il debutto in politica e il lancio del disco sono avvenuti, il 20 gennaio scorso, il giorno prima del 40° compleanno di Dotcom e il secondo anniversario di quello che è divenuto noto come «il raid», vale a dire il suo arresto effettuato dall’Fbi americana insieme alla polizia neozelandese.
L’operazione, giustificata da accuse di riciclaggio di denaro, crimine organizzato e violazione di copyright, nel 2012 ebbe un enorme impatto mediatico anche perché fu condotta da 76 agenti armati, trasportati nella sua mansion da elicotteri. L’azione era volta a spegnere Megaupload, la società di file sharing che Dotcom aveva fondato nel 2005 e divenuta il punto di incontro di tutti i pirati del copyright del mondo. Il network di siti di Dotcom, da solo, generava il 4 per cento del traffico totale su internet. Megaupload aveva più di 1 miliardo di visitatori in totale (50 milioni al giorno) e più di 150 milioni di utenti registrati.
Megaupload ha fruttato a Kim Dotcom 175 milioni di dollari di profitti illeciti e ha causato oltre mezzo miliardo di danni ai legittimi titolari dei diritti. Per questo, in seguito a un’intensa pressione da parte delle industrie del cinema e della musica, il 19 gennaio 2012 il ministero di Giustizia statunitense gli fece chiudere i battenti. Dotcom, attualmente libero su cauzione, è impegnato nella lotta contro l’estradizione negli Stati Uniti. La prossima udienza è fissata in aprile.
Ma Kim Dotcom sembra non curarsene troppo. Si è reinventato. Non solo buttandosi in politica. Continua a vivere nella sua Mansion, ha fatto rinascere dalle ceneri il suo sistema di condivisione file creando Mega.co.nz, successore di Megaupload. Ha aperto una propria casa discografica, etichetta che ha prodotto il suo primo disco; ha inventato Baboom, un servizio musicale che farà concorrenza a Spotify e iTunes della Apple. Dotcom è un accanito videogamer: è al primo posto nella classifica mondiale del gioco sparatutto Call of Duty e ha anche cinque figli piccoli. Mettendo insieme tutto, c’è di che restare svegli tutta la notte.
Dopo 40 minuti d’attesa, Dotcom fa il suo ingresso nel patio della villa, con i suoi oltre 2 metri di altezza per 130 chili di peso, e si accomoda a capo di un lungo tavolo in legno. È pallido, sotto i capelli biondo sabbia tagliati corti, e due basette sporgono ai lati della sua grande testa, decisamente paffuta. Come sempre, è vestito completamente di nero. Introduco l’argomento delle sue ambizioni politiche, di cui ho discusso con Kimmer, e Dotcom espone la sua visione. «Voglio promuovere posti di lavoro nel settore tecnologico » dice «creando l’ambiente giusto perché le imprese vengano in Nuova Zelanda e vi si stabiliscano. Voglio leggi diverse da quelle in vigore negli Usa dove, se il governo lo richiede, devi installare backdoor (ossia una porta d’accesso ai sistemi informatici, ndr) e non hai alcuna voce in capitolo».
Dotcom è sicuro che il suo nuovo partito possa superare la soglia del 5 per cento alle prossime elezioni. Anche se non corre in prima persona, considera il movimento come l’inizio di un fermento internazionale contro lo stato di sorveglianza e contro i tentativi di controllo su internet. «Siamo tutti figli di Assange» spiega, aggiungendo che «internet è fatto dalle persone per le persone. La gente dovrà aprire gli occhi su quanto sta avvenendo qui. Le intrusioni nella privacy non passeranno inosservate. Qui le elezioni sono previste per novembre: vedrete l’enorme impatto che avrà tutto questo». Dotcom non è una meteora, in Nuova Zelanda: ormai ha assunto una rilevante statura pubblica. Le sue opinioni e il suo partito vengono considerati sul serio. L’uomo sa di non sbagliare: apprezza questa terra non solo per l’aria pulita e la vegetazione, ma perché è abbastanza remota da farlo sentire al sicuro. «La Nuova Zelanda non figura in nessun elenco di obiettivi nucleari» sorride. «È il luogo perfetto dove sopravvivere a una crisi globale». È certo dell’imminenza di un grave conflitto internazionale.
Nonostante abbia un passato che assomiglia più a una fedina penale che a un curriculum (vedere la scheda nella pagina a destra), in seguito al raid e all’azione legale avviata dal governo statunitense Dotcom si è creato una nuova immagine: quella di martire digitale e di predicatore della libertà su internet. E le due figure, il furfante e l’eroe, restano in competizione a livello pubblico. Molte attività di cui Dotcom si occupa attualmente, dal partito politico al finanziamento di spettacoli pirotecnici, possono essere considerate un tentativo di convincere la gente ad accoglierlo, anziché temerlo. Per cercare di distrarsi dai guai degli ultimi anni, Dotcom si è dedicato alla musica. «Quando hai una famiglia con cinque figli» sostiene «affrontare un’accusa che potrebbe costarti 80 anni di prigione non ti mette proprio di buon umore. Ma è per questo che la musica mi è stata di grande aiuto. Una volta chiuso nel mio studio, tutto il resto semplicemente svanisce». Di fatto, è più produttore che autore del suo album. Dotcom racconta che produrre l’album lo ha aiutato a relazionarsi con i suoi futuri partner nell’ambito del sistema di distribuzione musicale Baboom, che nei suoi sogni vuole fare concorrenza a Spotify e iTunes.
«Volevo conoscere il processo che attraversa un artista: le sensazioni, gli ostacoli da superare. Perché era mia intenzione creare gli strumenti migliori per un musicista. Penso che il mio lavoro abbia migliorato notevolmente Baboom». Il sistema si basa su alcune idee veramente geniali. Come i documenti musicali «Flac»: rivali degli mp3 sono però migliori in quanto la qualità sonora è nettamente superiore. Innovativo è anche il rapporto economico contrattuale che Baboom avrà con gli autori delle canzoni: mentre il sistema iTunes della Apple trattiene il 30 per cento del prezzo di vendita di ogni brano scaricato, e cede il 70 all’autore, Baboom darà il 90 per cento al cantante trattenendo solo il 10. Se Baboom avrà successo, Dotcom avrà la sua vendetta su quegli avversari del settore musicale che gli hanno impedito di raggiungere il successo. Dotcom se la prende con i pezzi grossi di internet: «Sono i Google di questo mondo che traggono vantaggio dalla pirateria e non versano un centesimo agli artisti». Nella sua visione, Dotcom non si ritiene l’unico arricchito grazie alla pirateria. Anche fornitori di servizi Internet, Google, centri dati e centinaia di altri soggetti ne hanno beneficiato. A sentire lui, la sua società non era diversa da tutte le altre: «Con Megaupload avevamo tutti l’impressione di agire in uno spazio perfettamente legale e che, in quanto fornitori di servizi, non ci saremmo trovati ad affrontare azioni di polizia. Temevamo una causa civile da Hollywood al massimo».
Dotcom è convinto che ci sia una cospirazione delle major contro di lui. Si ritiene un visionario che, però, non ha mai voluto inchinarsi e strisciare ai piedi dei «dinosauri », definizione sua, che gestiscono il settore musicale e cinematografico. Anche adesso sembra propenso a operare al limite della legge, nonostante il potenziale impatto sulla sua famiglia e sulla sua libertà.
Un esempio è il sito Mega.co.nz, che permette ancora oggi di scaricare file illegali. Ma Dotcom, grazie a un escamotage, non sarà più responsabile del comportamento illecito dei suoi clienti. Ogni file reso pubblico sui suoi server, infatti, viene criptato automaticamente con un algoritmo ultrasicuro e impenetrabile. La chiave per poter leggere i documenti non è a conoscenza né di Dotcom, né del suo server Mega, ma viene gestita in totale autonomia da chi carica i file. Che deciderà con chi e come condividere questa chiave di accesso. Le ragioni di questa mossa sono chiare: Dotcom non potrà più essere accusato di ospitare consapevolmente file illegali.
Mentre Kim finisce di parlare, sua moglie Mona e i cinque bambini passeggiano sul vialetto in compagnia di un cucciolo e di una baby-sitter. Dotcom li saluta e rientra in casa per girare la campagna pubblicitaria del partito, cui seguirà un servizio fotografico e il montaggio di un video musicale in città, che continuerà fino a tarda notte: tutti passaggi della sua infinita battaglia per cambiare immagine agli occhi del mondo.
Le ultime parole della sua intervista? «Io non sono un pirata: sono un innovatore». Sfortunatamente per lui, almeno per il momento, è entrambe le cose.

(Guardian News & Media Ltd 2014)